venerdì 4 agosto 2017

Don Elia. Quando tutto andava bene…





don Elia (5 agosto 2017)

Se non ci rendiamo conto una buona volta della realtà, non saremo neanche in grado di arrestare la parabola discendente. E se tale è la situazione, è dunque fallita la testimonianza che noi Sacerdoti e Religiosi dobbiamo rendere al nostro Cristo? La domanda è di quelle che fanno paura; ma sarebbe colpevole pusillanimità il non affrontarla in pieno con spirito di indagine serena, obiettiva e coraggiosa, se il caso lo richieda. Tanti fattori hanno certo contribuito a creare la presente situazione [Lutero, gli errori filosofici, le persecuzioni, i cambiamenti politici, economici e sociali]; ma anche ammesso tutto questo, se siamo arrivati ai punti accennati, come non riconoscere che anche in casa nostra ci deve essere qualche cosa che non funziona a dovere? Si sarebbe, comunque, arrivati ad una situazione così lacrimevole se da parte dei Sacerdoti e dei Religiosi si fosse resa al Cristo la testimonianza della loro santità?

Non è un testo scritto ai nostri giorni e nemmeno negli anni dell’immediato postconcilio. Il suo autore è un prete, canonizzato il 18 aprile 1999, che il venerabile Pio XII definì nel telegramma di condoglianze campione di evangelica carità. San Giovanni Calabria (1873-1954), senza che egli lo sapesse, alla vigilia della propria morte aveva offerto la vita per il Pontefice agonizzante, il quale, nel momento in cui il Santo moriva, ricuperò improvvisamente la salute, tanto da vivere poi ancora per quattro anni. La prima edizione del suo libro più noto, Ora decisiva. Apostolica vivendi forma, fu data alle stampe nel 1946, ma sembrano pagine scritte oggi. Non vi si deplorano le immense rovine materiali lasciate dall’ultima guerra mondiale, ma quelle morali e spirituali provocate dalla tiepidezza di clero e religiosi. Fin dalle prime righe ci si deve inevitabilmente rendere conto che i mali della Chiesa e della società non sono cominciati con il Concilio Vaticano II.


Il Santo cita una lettera al clero di monsignor Bernareggi, allora Vescovo di Bergamo: «Si ha l’impressione che tutto il mondo interiore della coscienza stia crollando. La tendenza ad una vita materiale è stata di sempre. […] Ma ora lo spirito pagano, diremo anzi mondano, per far uso del termine usato da Cristo, sembra prendere il sopravvento. Solo si crede a ciò che si vede e si tocca; solo si cerca ciò che soddisfa la natura. Il senso religioso si è quindi oscurato, e talvolta, almeno praticamente, persino spento. E peggio ancora si dovrebbe dire del senso morale, che in molti è del tutto scomparso. Non vi è più il senso del male, del lecito e dell’illecito, della virtù e del peccato. Tutto è uguale. Solamente l’interesse e il pericolo sono norme di azione». Il cardinale Elia Dalla Costa, nel 1943, scriveva al clero fiorentino: «Agli errori e alle colpe del gregge non sono forse estranei i pastori: ai peccati del popolo non siamo estranei noi Sacerdoti».


In un articolo dell’Osservatore Romano del 19 febbraio 1943, firmato con lo pseudonimo Sacerdos (non sono il primo!), si osserva acutamente: «Non è troppo comodo ed anche troppo egoista moltiplicare le geremiadi sui mali dei tempi attuali, sulla mancanza di fede, sulla corruzione del costume, sull’assenza del senso del peccato ch’è uno degli aspetti più minacciosi dell’attuale momento etico degli individui, sui vari sbandamenti morali, sul laicismo degli Stati, e si potrebbe continuare; non è troppo comodo e specialmente inutile il pianto su questa Gerusalemme crollante ed incurante del castigo di Dio se non riconosciamo che anche noi abbiamo avuto la nostra parte di responsabilità ed abbiamo collaborato, per lo meno negativamente, con la negligenza nei nostri doveri sociali, alla triste ora attuale?».


Da queste lucide premesse don Calabria deduce un vigoroso appello. Di fronte a tanto sfacelo, dopo la lezione di due guerre mondiali una peggiore dell’altra, dopo le immani distruzioni belliche, i tremendi risultati delle ideologie, le orrende carneficine di sacerdoti e religiosi avvenute in Russia, Messico, Spagna, Germania e Polonia, le rapidissime trasformazioni che in altri tempi avrebbero richiesto secoli, in vista di altri cambiamenti ancor più radicali… non dovrà forse anche il clero ascoltare il richiamo di Dio a scuotersi per rinnovarsi profondamente? «Oggi se noi Sacerdoti e Religiosi non sentiamo il prepotente bisogno di metterci alla testa dei tempi per rinnovarli e salvarli nella verità del Vangelo e nella santità del nostro esempio, noi siamo indegni del Cristo che predichiamo». La caratteristica delle anime cristiane veramente grandi è di non subire gli eventi, bensì di dominarli… ma con una vita santa. Ripudiando ogni tipo di mediocrità, secondo il Santo bisogna inoltrarsi sulla via percorsa da Colui che ci ha amati fino all’estremo (cf. Gv 13, 1) e formare «una generazione di uomini dello spiritoal cento per cento, i quali, non a chiacchiere, ma a fatti dimostrino che la realtà che tutto sovrasta non è la illusoria materia, ma lo spirito».


Sorgente di ogni autentico rinnovamento, in tutta la storia della Chiesa, è sempre stata la santità, mediante un ritorno alla radicalità del Signore e degli Apostoli. Purtroppo la risposta fu di tutt’altro genere. Dapprima ci si affannò a puntellare l’edificio pericolante con un rigorismo legalistico che provocò in molti un rigetto violento della religione cattolica; poi, durante l’ultimo Concilio e negli anni successivi, si scelse la via opposta dell’adattamento al mondo nell’illusione di conquistarlo (non senza, almeno in alcuni, una deliberata volontà di mondanizzare la Chiesa). La malattia non scoppiò allora, perché era già avanzata; il problema è che, passando da un estremo all’altro, si adottarono terapie sbagliate, che in pochi decenni ci hanno ridotto in fase terminale. Il rimedio additato da don Calabria, specie per i ministri di Dio, è una tenera intimità con lo Spirito Santo, che non si ottiene se non per mezzo di Colei che ne è la Sposa.


Nell’ora decisiva della Pentecoste la Madre di Gesù era presente nel Cenacolo in una posizione assolutamente unica. Come già l’Incarnazione era avvenuta per mezzo di Lei, così il Paraclito si effuse sulla Chiesa nascente per mezzo di Lei, attirato dalle Sue ardentissime preghiere. È del tutto naturale, allora, la necessità di coltivare, come gli Apostoli, una religiosa intimità di vita con la divina Madre, che rappresenta quanto di più caro, santo e potente abbiamo dopo il Sacrificio eucaristico; solo così potremo diventare gli apostoli degli ultimi tempi preconizzati dal Montfort, nostro patrono. San Giovanni Calabria, forse, non immaginava neppure ciò di cui oggi noi siamo spettatori, nella società e nella Chiesa; ma il rimedio è sempre valido – anzi, quanto mai valido. La Mediatrice di tutte le grazie ha avuto una parte precipua nell’educazione dei Santi di ogni tempo e nella fondazione degli Ordini religiosi; «per ritornare alle fonti e rimettere in vigore il modo di vivere apostolico», quindi, è necessario «l’apporto di Maria alla formazione e alla direzione dei riformatori […]. Come non vedere la parte preponderante che la Provvidenza ha assegnato a Maria in questi nostri ultimi tempi per salvare il popolo cristiano dall’ateismo e dall’empietà?».


Proprio per proclamare questa parte straordinaria che la Madonna detiene nei piani salvifici di Dio e per darle, in qualità di figli Suoi, un’opportunità di esercitarla, ci ritroveremo in San Pietro in Vaticano nel giorno della festa del Cuore Immacolato di Maria, il 22 agosto. Un anno fa, nel cuore della cristianità, ci siamo consacrati a Lei per metterci totalmente a Sua disposizione; questa volta, con l’aiuto di Dio, intendiamo consacrare al Cuore Immacolato, con l’autorità che Le è propria e di cui rende partecipi i Suoi figli, il Vaticano stesso, Sede del Vicario di Cristo, per affrettare l’intervento di Lui. Appuntamento alle 7 del mattino ai varchi; nell’imminenza dell’evento fornirò ulteriori indicazioni. Nel frattempo, chi desidera partecipare si prepari in preghiera e penitenza.





Pubblicato da Elia 








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