martedì 15 agosto 2017

Don Elia. Con l’autorità della Signora



don Elia (12 agosto 2017)



… et in Ierusalem potestas mea (Sir 24, 15).

La tradizione liturgica d’Oriente e d’Occidente utilizza nelle feste mariane i passi dell’Antico Testamento in cui parla la Sapienza di Dio personificata. La lettura cristiana di quei testi ispirati li riferisce in prima istanza al Verbo, la Persona divina in cui sussiste la Sapienza creatrice del Padre. Anche l’interpretazione mariana, tuttavia, deve essere molto antica, dato che è comune ai due grandi “polmoni” della Chiesa; potrebbe risalire persino all’epoca apostolica o subapostolica. Non c’è per questo contraddizione, dato che la Sacra Scrittura può essere compresa a partire da varie prospettive; tra Madre e Figlio, oltretutto, c’è una tale unione e affinità che quanto appartiene all’uno per natura è proprio anche dell’altra per partecipazione. Nonostante l’ultima riforma della liturgia romana abbia completamente espunto quei testi sapienziali dalle feste della Madonna, dunque, è più che lecito – se non doveroso – cercare di conservare e comprendere una primitiva intuizione che potrebbe provenire dal più intimo di Gesù e Maria, l’apostolo che, rappresentando tutti noi, La ricevette come madre sul Calvario.


La difficoltà maggiore che sembra opporsi all’applicazione mariana è l’idea che la Vergine abbia in qualche modo cooperato alla Creazione, secondo quel che la Sapienza dice in prima persona nel capitolo ottavo del libro dei Proverbi. Certamente non si intende affermare la preesistenza della Sua anima, in accordo con un errore origeniano condannato dal II Concilio di Costantinopoli nel 553. Tuttavia l’acume contemplativo di san Giovanni, grazie alla profonda familiarità con la Madonna, potrebbe aver ricevuto una luce particolare dello Spirito Santo circa il mistero della Sua persona. Senza alcun dubbio, Ella ha cominciato ad esistere al momento della Sua concezione immacolata, ma da tutta l’eternità era ben presente nel progetto di Dio, il quale L’aveva eletta e predestinata a un compito del tutto speciale nel piano di salvezza. Su questo tutti concordano; ma come concepire un Suo eventuale ruolo nell’opera creatrice? Jean-Jacques Olier, uno dei massimi autori della Scuola francese di spiritualità, in una vetta della mistica giunge a immaginarla come una gran signora che predispone la dimora dello sposo.


Quanto affermato dalla Sapienza personificata – ribadisco – si applica anzitutto e propriamente al Lógos creatore; eppure non si può credere che Colui che ha così strettamente associato la Madre alla Redenzione non L’abbia in qualche modo coinvolta nel realizzarne la premessa. Mi piace pensare che, nell’Eccomi dell’Annunciazione, Ella abbia non solo acconsentito all’Incarnazione e a tutto ciò che ne sarebbe scaturito, ma anche espresso la propria accoglienza, a nome di tutto l’essere creato, dell’iniziativa creatrice che il Padre aveva realizzato per mezzo del Figlio. Nella Sua prescienza Dio sapeva che, un giorno, una creatura eletta vi avrebbe corrisposto nel modo più puro e perfetto possibile, come neppure i Progenitori erano in grado di fare, ancor prima del peccato originale. Nell’eterno presente del mondo divino, quell’adesione attiva all’opera di creazione, seppure storicamente successiva, dev’essere valsa come quella collaborazione sponsale che la Chiesa, nella sua liturgia, ha visto profetizzata nei libri sapienziali.


Nel libro del Siracide la Sapienza, che si incarna nella Legge, percorre il cielo e la terra in cerca di un luogo in cui fissarsi e trovare riposo, stabilendosi infine in Gerusalemme, centro del suo potere e della sua irradiazione (cf. Sir 24). Anche in questo caso la tradizione cristiana, soprattutto nel Medioevo, dopo aver colto il pieno adempimento di questo testo sacro nel Verbo incarnato, lo applica poi anche a Colei che L’ha messo al mondo. Nel nuovo Israele la Figlia di Sion occupa un posto di assoluto rilievo e detiene un’autorità specifica, seppure a livello spirituale, piuttosto che giurisdizionale. Con una trasposizione analogica di quanto Pio XI, nell’enciclica Casti connubii, insegna a proposito della famiglia, si può affermare che anche nella Chiesa, famiglia di Dio, c’è un primato di governo (quello esercitato dal padre) e un primato d’amore (quello esercitato dalla madre). Al Capo del collegio apostolico, san Pietro, compete il primo, ma il secondo spetta alla Madre di Gesù. Già il Nuovo Testamento la vede nel cuore della Chiesa nascente (cf. At 1, 14), mentre antichissime tradizioni gerosolimitane, poi riprese da Leone XIII nell’enciclica Adiutricem populi, raccontano come gli Apostoli facessero continuo riferimento a Lei, andando e venendo dalle loro missioni, per riceverne consiglio, incoraggiamento, sostegno, forza e consolazione.


È allora del tutto naturale che i Papi, soprattutto negli ultimi due burrascosi secoli, Le abbiano riservato speciale devozione e filiale obbedienza. Meraviglia però che, fra tanti atti di consacrazione del mondo, delle diocesi, delle parrocchie e di singoli fedeli, sia finora mancata una consacrazione della Santa Sede. Dal punto di vista del ruolo, ovviamente, un atto del genere potrebbe essere compiuto unicamente dal Sommo Pontefice; tuttavia chi riconosce l’autorità spirituale della Madre della Chiesa può presumere, con l’audacia del figlio, di effettuarlo ricorrendo ad essa. Consacrare la Sede petrina al Cuore immacolato di Maria, in questo centenario di Fatima, significa dichiarare pubblicamente che anch’essa, sul piano spirituale, Le appartiene e Le è sottomessa, come pure la Chiesa intera. Se questo è vero – come è vero – si reclama in pari tempo, nel modo più intenso possibile, il Suo intervento materno: Ella non può lasciare che la barca di Pietro sia travolta dalla tempesta ed è l’unica che possa ancora ottenere dal Figlio, perché la situazione si capovolga in meglio, un atto di clemenza che le gravissime infedeltà di tanti cristiani non meritano più.


Ai teologi e ai dotti un’idea simile sembrerà pazzesca; noi preferiamo ritrovarci fra quei piccoli che il Signore custodisce e la Regina porta in grembo, istruendoli e nutrendoli. Dato che la Madonna non può consacrare qualcosa a Se stessa, lo può fare per mezzo dei Suoi figli, così come Dio, non potendosi glorificare da Sé, riceve gloria da chi Lo serve con fede e amore. Se Ella vorrà condurci sulla tomba di colui che fu scelto come roccia della Chiesa e ci concederà di consacrarle la sua Sede, ci lasceremo usare come Suoi strumenti. Tutto è possibile a chi crede e si abbandona nelle mani di Maria, purché si sforzi di esserle obbediente in tutto, come per trent’anni fece il Figlio di Dio. Con la Sua grazia, che dalle mani della Mediatrice si riversa senza sosta su di lui, chi Le è consacrato e si impegna ad attuare concretamente la propria consacrazione in una vita santa può cooperare in modo sorprendente al bene del Corpo mistico, nuova Creazione. Probabilmente non vedremo effetti immediati, ma anche noi, a Dio piacendo, potremmomettere in moto un processo. Nelle dinamiche soprannaturali gli sviluppi positivi cominciamo in modo nascosto, apparentemente insignificante, ma basta un granello di senape.



Pubblicato da Elia 







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