venerdì 23 giugno 2017

Caso padre Livio: l'Ordine dei Giornalisti processa la Bibbia






di Ermes Dovico (23/06/2017)

«È stato interessante ascoltare l’intervento introduttivo di Monica Cirinnà. Questa qui, mi sembra un po’ la donna del capitolo diciassettesimo dell’Apocalisse, la Babilonia insomma, che adesso brinda con prosecco alla vittoria (ride). Signora, arriverà anche il funerale, stia tranquilla. Glielo auguro il più lontano possibile, ma arriverà anche quello».

È il 3 febbraio 2016, il giorno prima al Senato è iniziato l’esame del disegno di legge sulle unioni civili e padre Livio Fanzaga, nel suo tradizionale commento alla stampa, ricorda alla relatrice Monica Cirinnà una verità ovvia: presto o tardi morirà. Il direttore di Radio Maria sa pure che la Cirinnà si dichiara cattolica e la similitudine biblica con la Babilonia di Apocalisse 17 serve a ricordarle che quel ddl contraddice gravemente l’ordine divino della Creazione e un giorno, come tutti, dovrà rendere conto a Dio della sua condotta in terra.

Essendo la salvezza delle anime la missione della Chiesa, fondata a tale scopo da Cristo, si comprende perché la tradizione cattolica includa l’ammonimento dei peccatori tra le opere di misericordia spirituale, sulla base di un consolidato insegnamento biblico che attraversa tanto l’Antico (Ez 33, 7-9) quanto il Nuovo Testamento, di cui citiamo su tutti la lettera di Giacomo. “Chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Gc 5, 20; vedi anche Mt 18, 15-17; Gal 6, 1).

Verità magari politicamente scorrette per i tempi che corrono, ma salvifiche, di cui tutti possiamo avere bisogno nell’errore. Sta di fatto che l’ammonimento cristiano di padre Livio, pronunciato con la sua spontanea ironia, non ottiene l’effetto sperato. Il giorno dopo, la senatrice del Pd presenta un esposto all’Ordine dei giornalisti della Lombardia, che a strettissimo giro – il 10 febbraio – comunica a padre Livio, iscritto all’albo dei pubblicisti, l’apertura di un procedimento disciplinare per verificare “se vi sia stata violazione delle norme deontologiche che presiedono la professione e in particolare dell’articolo 2, comma 1, della stessa legge [la legge professionale 69/1963, ndr], per aver tenuto un comportamento lesivo della professione nell’inosservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui; dell’articolo 9 del codice deontologico […] laddove nell’esercitare il diritto-dovere di cronaca il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali”.

Come ha ricostruito per primo Libero e come si può vedere direttamente dai documenti sul sito dell’Ordine, il consiglio di disciplina territoriale ha condannato padre Livio a sei mesi di sospensione l’8 giugno 2016, nonostante nella sua memoria difensiva il sacerdote avesse allegato due interviste all’Adnkronos e all’Huffington Post, in cui spiegava benissimo il perché delle sue parole e il riferimento a Babilonia. “Chi legge i miei scritti - è riportato nell’intervista all’agenzia - sa che io chiamo Babilonia il mondo senza Dio, descritto dal romanzo di Benson «Il padrone del mondo». Intendevo dire che la proposta di legge della senatrice contribuisce a costruire questo tipo di mondo, dove l’uomo si mette al posto di Dio”.

Incredibilmente, ai primi giudici dell’Ordine la corretta esegesi di padre Livio non va bene. Nella delibera di giugno, allegano così l’intero capitolo 17 dell’Apocalisse e scrivono che a loro avviso “le spiegazioni fornite dal Fanzaga sono prive di qualsiasi fondamento”. Prive di fondamento? Poco più sotto compare la loro personale interpretazione, secondo cui “non può negarsi che le frasi pronunciate dal Fanzaga costituiscano un grave attacco alla persona della Cirinnà, che viene definita come una prostituta”. Sbalorditivo. In Apocalisse 17 compare sì più volte il termine prostituta, ma il significato allegorico del testo è evidente e, come in vari altri passi della Bibbia, il termine “prostituzione” indica l’idolatria, che in sostanza è il rifiuto di Dio.

A quel punto, il sacerdote fa ricorso e si affida a un avvocato, ma il consiglio di disciplina nazionale ribadisce la condanna il 15 dicembre 2016. Sanzione, la seconda più grave nell’ambito dell’Odg, che il direttore di Radio Maria ha già scontato, come ci ha confermato al telefono, cambiando il taglio della sua trasmissione mattutina.

I sei mesi di sospensione sono passati, ma rimane la gravità di un procedimento che ha del tragicomico, perché attacca la libertà d’espressione (che viene sempre più limitata quando in qualche modo si dissente rispetto alla propaganda dell’associazionismo Lgbt) e, in particolare, la libertà di un cattolico di professare pubblicamente la propria fede. Per pararsi dall’accusa di attentare alla libertà di espressione, nella prima delibera si fa una distinzione da azzeccagarbugli tra il sacerdote e il giornalista, affermando che “non è qui in gioco la figura morale del sacerdote”, ma il suo comportamento da giornalista. Il che è una contraddizione bella e buona: se non era in gioco la sua figura da sacerdote, com’è possibile che dei giudici-giornalisti arrivino a scrivere nero su bianco che la sua esegesi, fondata sull’insegnamento della Chiesa, è “priva di qualsiasi fondamento”?

In primo grado il consiglio di disciplina è arrivato perfino ad affermare che padre Livio “si augura, seppure in un futuro non troppo vicino, la morte” della Cirinnà. Ora, qui siamo alla falsificazione dell’italiano, sostenuta anche da alcuni quotidiani di area laicista che si sono stracciati le vesti: ricordare a una persona che morirà, in ragione dell’ammonimento cristiano di cui sopra, e “augurarle” un funerale il più tardi possibile (si rileggano le parole), è cosa ben diversa dall’augurare la morte, nel senso che lascia intendere la delibera di giugno 2016. La quale, infatti, chiosa: “Dunque la critica espressa dal Fanzaga supera ampiamente i limiti della continenza espressiva e della pertinenza consentiti dalle norme di deontologia professionale”.

La condanna in primo grado di padre Livio si basa perciò su: 1) un’interpretazione erronea della Bibbia da parte del consiglio di disciplina, che non corrisponde a quella della Chiesa, unica interprete autentica delle Scritture per volontà di Dio; 2) una distorsione dell’italiano.

Una giustizia sommaria per delle parole legittime, mentre diversi giornalisti di casa nostra continuano tranquillamente a offendere la Chiesa e i fedeli.

A nulla è poi valsa in secondo grado la documentazione di esegesi biblica allegata dal direttore di Radio Maria, laddove si spiega che “alla luce di una comprensione non scolastica dei testi biblici e della tradizione cristiana, così come di una ricerca coscienziosa, la Babilonia dell’Apocalisse non è semplicemente una prostituta e non è neppure una donna”.

La Nuova BQ ha chiesto a padre Livio un parere sull’intera vicenda. Padre Livio, intanto può dirci come mai la notizia della sospensione è emersa solo ora?
Libero sta facendo una battaglia per difendere la libertà di stampa, dopo la sanzione a Filippo Facci, e ha visto che anch’io ero stato sanzionato.

In primo grado si è limitato a presentare una memoria difensiva, mentre in secondo grado è andato personalmente al consiglio di disciplina a Roma. Com’è andata la discussione?
A Roma la riunione è durata circa un’ora, un’ora e mezza, ma purtroppo alla fin fine la discussione è stata di carattere ideologico. La cosa assurda è che io ho dovuto dimostrare, testi biblici alla mano, che la parola “prostituta” nel capitolo 17 dell’Apocalisse vuol dire “idolatra”.

Certo, come in altri passi della Bibbia.
Esatto. E poi io ho fatto presente di aver scritto vari libri in cui spiego che in quel capitolo il termine prostituta significa idolatra. Quindi, io ho dato dell’idolatra alla Cirinnà. Però l’Ordine mi ha condannato lo stesso, anche perché il procuratore della Repubblica della Corte d’appello di Milano aveva dato come consiglio di ribadire la condanna. E il consiglio di disciplina ha detto che magari alcuni ascoltatori di Radio Maria non conoscevano questa interpretazione e che hanno potuto interpretare le mie parole come un’offesa alla Cirinnà. A mio parere, quello che risulta abbastanza pericoloso in questa vicenda è che mi sono trovato a discutere con delle persone laiche su testi sacri. Cioè, queste cose non sono assolutamente di competenza dei tribunali.

Ed è singolare che l’Ordine dei giornalisti si faccia interprete della Bibbia.
Eh, sì, esatto. Infatti, anche alcuni di loro a Roma hanno detto che si trattava di una materia teologica, ma purtroppo alla fine ha prevalso la linea della condanna.

In concreto che cosa ha significato per te e il tuo lavoro la condanna dell’Ordine?
Per sei mesi non ho svolto attività giornalistiche, infatti ho dovuto cambiare radicalmente quello che prima era il mio commento alla stampa. Ho cambiato il nome della trasmissione, chiamandola “Lettura cristiana della cronaca e della storia”, e le ho dato un’impostazione più teologica, incentrandola sulla teologia della storia. Ho lasciato fuori la politica italiana e mi sono occupato di temi internazionali, della pace, della Chiesa ed è venuto fuori un programma che il nostro pubblico ha apprezzato ancora di più. E così, quando è scaduta la sanzione, ho continuato con questo programma che dà più spazio al messaggio di Medjugorje e alla battaglia escatologica. La sanzione riguardava l’attività giornalistica e la mia unica attività giornalistica era il commento alla stampa, che in quei sei mesi non ho più fatto. E le funzioni di direttore responsabile sono state svolte dalla caporedattrice, mentre io ho continuato a fare il direttore spirituale.













fonte: La nuova Bussola Quotidiana 










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