mercoledì 22 marzo 2017

La forza del simbolo liturgico e il suo rifiuto





fonte: traditioliturgica.blogspot.it (19/03/2017)

Un signore mi ha raccontato il fatto seguente: 

«Vent'anni fa ero assiduo frequentatore di una comunità religiosa nella quale si officiava nella liturgia latina tradizionale. Un giorno i religiosi stavano preparando la chiesa per una messa pontificale da celebrarsi il giorno seguente. C'era tutto: il trono del vescovo, le sedi dei diaconi e dei presbiteri, i libri e i paramenti liturgici. Ero amico del sacrestano che mi faceva vedere come si disponeva la chiesa per l'occasione. Mi caddero gli occhi sulle chiroteche (i guanti) che il vescovo avrebbe indossato per la liturgia. Per curiosità le presi in mano e ne indossai una. Vedendo la mia mano guantata, ebbi una imprevista e immediata reazione: sentii dentro di me che l'aver indossato quel guanto liturgico, gesto che non voleva essere irrispettoso seppur dettato da una innocente curiosità, mi faceva male dentro perché mi rappresentava per quello che non ero affatto. Immediatamente lo levai, come se l'oggetto mi scottasse, e lo misi dove stava originalmente».

Il racconto può sembrare banale ma non lo è affatto e vedremo subito il perché.
Il simbolo liturgico indica uno "status" un modo di essere, una funzione ben precisa. Un abito liturgico non può, perciò, essere indossato per altri scopi che per quelli per il quale è stato confezionato, non può essere indossato da altre persone se non dai cosiddetti sacri ministri perché esteriorizza uno "status" interiore; è l'esteriorizzazione di una realtà spirituale. L'esterno deve corrispondere all'interno!
Laddove tutto ciò non sussiste, il simbolo liturgico confligge con il contesto (che siano persone o luoghi) nel quale viene posto, diviene formalità che svuota di efficacia e senso l'azione liturgica, oltre a privarsi di senso in se stesso!
Ecco perché il soggetto di questa storia sente che quel suo ingenuo gesto gli ha "fatto male dentro".
E, d'altronde, basta avere un minimo di sensibilità per accorgersi di tutto ciò! Una volta, proprio per questo, il presbiterio non era "liberamente calpestabile" come lo è oggi e ci sono Chiese dove, penso agli etiopi, non solo non è concesso entrare nel presbiterio ma nella stessa chiesa si entra senza scarpe...

Al contrario, attorno a noi esiste la tendenza generalizzata a diminuire i simboli, a cancellarli se non ad invertirli (nei casi deprecabili delle "messe nere"): i vescovi (nel mondo cattolico) tendono a non assumere più tutti i paramenti che un tempo indicavano la pienezza del sacerdozio, i sacerdoti riducono sempre più i loro e, in pubblico, appaiono sempre più come dei semplici laici.

Temo che qui non ci sia solo un semplice "timore" ad apparire o la condanna per trionfalismo dell'apparato liturgico esterno, ma un'inconscia paura verso il simbolo il quale evoca una sacralità che, in un animo impreparato, è fonte di imbarazzo, se non di fastidio. Questo potrebbe spiegare da quali animi è nata la spoliazione delle chiese e il pauperismo delle sciattissime liturgie cattoliche odierne. I vecchi di un tempo, se avessero visto questa moda clericale, l'avrebbero giudicata così: "Sembra il demonio che ha paura dell'acqua santa e ne fugge via"... 

Il simbolo, infatti, parla ancora e parla assai bene; parla a chi lo riconosce e parla, soprattutto, a chi lo rifiuta perché entra in contrasto con la sua interiorità impreparata! In fondo, l'iconoclastia nelle chiese occidentali non è che un'involontaria ma chiarissima confessione: indica chiaramente che, se non ci sono le condizioni interiori richieste, il simbolo (dunque il mondo sacrale) entra in collisione con chi non lo può sostenere. Da qui l'antipatia e l'avversione per esso che si concretizza anche in una vera e propria persecuzione verso chi lo conserva.

E qui nasce la grande domanda: una Chiesa che non è più in grado di stabilire le condizioni con cui un uomo (o un sacerdote) possa efficacemente sintonizzarsi con il simbolo e con Quanto questo rimanda (poiché la liturgia ha essenziale bisogno di simboli per rimandare al Cielo!), non ha forse fallito il suo autentico e fondante mandato?









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