mercoledì 14 dicembre 2016

Catechismo, il problema è la fede degli adulti


Padre Maurizio Botta
Padre Maurizio Botta
 
 

di Benedetta Frigerio (14-12-2016)
 
Fare catechismo ai bambini? “Sembra che oggi i preti abbiano molto altro di meglio da fare”. È così che padre Maurizio Botta, sacerdote della parrocchia di Santa Maria in Valicella a Roma, ha cominciato a novembre la presentazione del suo libro di catechismo Le domande grandi dei bambini (ed. Itaca, 127 pagine, 10 euro) a una platea di prelati e catechisti presso l’eremo dei Santi Pietro e Paolo di Bienno. Ma proprio perché il libro è una provocazione innanzitutto alla fede degli adulti, visibilmente colpiti dall’intervento di padre Botta, e siccome dalle domande dei presenti è emerso il bisogno di punti di richiamo innanzitutto a loro, il lavoro proseguirà. Presso l’Eremo di Bienno, i catechisti e i sacerdoti si troveranno a guardare insieme i filmati ideati da Botta e Lonardo visibili sul canale youtube Catechisti Roma. In attesa del secondo volume di preparazione alla Cresima (in uscita l’estate prossima) e di un incontro conclusivo con il sacerdote romano.
 
 
Provocando i presenti, Botta ha continuato ricordando che il problema reale del catechismo, per cui la maggioranza dei bambini dopo la cresima abbandona la Chiesa, è l’immaturità di fede degli adulti. Motivo per cui il libro è rivolto innanzitutto a loro. Il sacerdote romano ha spiegato questa immaturità ricordando che “se ti azzardi a chiamare il catechismo dottrina ti mangiano”, ponendo “un aut aut che ha poco di cristiano”. Come se parlare di dottrina fosse antitetico al vivere la carità o, al contrario, come se parlare di amore significasse essere anti dottrinali. Visto che il problema principale della difficoltà a tramandare la fede è appunto dei grandi, Botta e don Andrea Lonardo (coautore del libro) hanno deciso di scrivere rivolgendosi a loro, spiegando ad esempio quali sono le vere domande dei bambini e perché fornire loro certezze sia il contrario di un’imposizione.
 
“Le domande dei bambini contenute nel libro – ha proseguito Botta – sono grandissime ma noi le spegniamo”. Come? Innanzitutto “trattandoli come dei trogloditi”. E poi preoccupandoci di fare i “carabinieri anziché curarci nostra fede”. Basti pensare alle molte vote che i bambini si chiedono: “Ma la catechista sta seguendo la Messa o la vuole far seguire a me? Ma la catechista prega o vuole far pregare me?”. Vale a dire: ma alla catechista interessa? Perché questo in fondo è il punto. Non a caso alla domanda rivolta a padre Botta su come faccia a essere così convincente con i bambini, la risposta è sul fatto che quello che conta è “il mio rapporto con Cristo: prima di entrare a catechismo Lo prego e Gli dico: Io non sono capace ma tu sì, usami e fammeli amare come li ami tu. Aiutami, vieni. Questi bambini sono battezzati, quindi sono Corpo di Cristo: chi li ama se non Lui? E se tu lo vuoi e glielo chiedi ti rende partecipe di questo amore che ha. Dunque, occorre mettere al centro Lui e non la mia prestazione”.
 
È così che con passione il sacerdote insegna il Padre Nostro o il segno della Croce con la stessa serietà con cui risponde alla domanda sulla differenza fra l’uomo e la scimmia, “senza dimenticare quello che sentono a scuola. Ai bambini piace essere trattati seriamente”. Infatti, “quando sono davvero tranquilli? Quando vedono due adulti appassionati della loro conversazione, che non stanno lì a fare i giochetti e le faccine imbecilli, ma anzi non lo calcolano proprio. Così i bambini si metteranno a fare i loro giochi, oppure ascolteranno la conversazione. Loro godono a vedere l’adulto serio e appassionato delle cose”. È per questo che secondo Botta non c’è nulla di più importante per un sacerdote di celebrare la Messa e di confessare comunicando ai bambini la solennità del sacramento, così come “abbiamo il dono e il dovere di comunicare la dottrina”. Non che sia tutto semplice. Anzi “capisco la fatica dei catechisti: io ho pianto dopo gli incontri di catechesi. E tutti i mercoledì prima di catechismo mi si stringe lo stomaco”. Perciò il volume di Botta e Lonardo è scritto con “lacrime e sangue (non a tavolino, ma da chi fa catechismo da più di venti anni, da chi con i bambini ci sta sempre)”. Inoltre, per spiegare come siano i ragazzi “a chiederci di conoscere la verità” e di come un silenzio politicamente corretto serva solo a tarpargli le ali, nel libro ci si rivolge anche ai genitori chiarendo come mai “non ha senso nell’educazione dei nostri figli partire solo dalle loro domande”.
 
Mentre per comprendere quanto bene si possa fare offrendo loro delle risposte basta leggere, ad esempio, il capitolo in cui si racconta ai piccoli la preferenza di Dio per il popolo di Israele, il più vulnerabile e meno potente dell’epoca: quello che emerge è che la grandezza umana non dipende dalle capacità e dagli sforzi personali, ma dall’adesione a un amore. E si sa bene quanto anche un solo concetto simile possa cambiare tutta la vita di un bambino che lo assimili. Per non parlare della descrizione di ciò che diventa la sofferenza nel Battesimo, spesso mal concepito come un’imposizione. “Noi adulti – si legge – spesso vi facciamo torto. Pensiamo, sbagliando, che solo perché siete più piccoli, piccoli siano anche i vostri dolori… Non è così”. Eppure “Dio è un padre che vede tutto. Un padre che conosce ogni nostra sofferenza. È vero che a volte non ci toglie subito queste sofferenze, ma la Parola di Dio ci insegna che per Lui tutte le nostre lacrime sono preziose. Dio le raccoglie, le conta: non cadono per terra perdute, diventano fango. Questo è possibile in modo fortissimo per la nostra unione con Gesù”.
 
 
 
 
(fonte: lanuovabq.it)
 
 
 
 

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