venerdì 26 agosto 2016

Amoris Laetitia. "Ma il papa non ha scritto queste cinque semplici parole" Ecco quali

 



da Settimo Cielo

di Sandro Magister 

"Il papa nella 'Amoris laetitia' ha scritto oltre 56 mila 600 parole, ma non ha scritto queste cinque semplici parole: 'È possibile dare la comunione ai divorziati risposati'. Se lui non le ha scritte, ritengo che nessuno le debba inserire, e nessuno deve fare ciò che lui non ha detto".
 
Questo dice il gesuita Domenico Marafioti in una limpida presentazione dell'esortazione postsinodale "Amoris laetitia" pubblicata sul numero di Ferragosto di "Ascolta", periodico dell'associazione ex alunni e amici della Badia di Cava.
 
Padre Marafioti è persona di grande autorevolezza. È preside presso la Facoltà teologica dell'Italia Meridionale di Napoli e insegna teologia dei sacramenti, in particolare del matrimonio, dell'ordine e della penitenza.
 
Appartiene alla Compagnia di Gesù, come papa Francesco. E infatti scrive di voler dare dell'esortazione "una lettura ignaziana e cattolica". Ignaziana nel senso "che bisogna cercare sempre di interpretare bene quello che l’altro dice (Esercizi, n. 22)". E cattolica nel senso che bisogna "leggere questo testo secondo la normale fede cattolica".
 
Ma lasciamo a lui la parola, nella parte dell'articolo che egli dedica all'ottavo capitolo di "Amoris laetitia", quello su cui "molti discutono".
 
 
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"LUI NON HA DATO QUESTA AUTORIZZAZIONE"

 
 
di Domenico Marafioti S.J.
 
Il punto più difficile da interpretare è il n. 305 di "Amoris laetitia" che dice: “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato si possa vivere in grazia di Dio, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa”. Non ci fermiamo a considerare in che senso uno può essere in grazia di Dio stando in una situazione oggettiva di peccato. Certamente è giusto che tutti, in qualsiasi situazione, ricevano “l’aiuto della Chiesa”. A questo punto il documento rinvia alla nota n. 351: "In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti". E intende la confessione e la comunione, e precisa che l’eucaristia "non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”.
 
Come interpretare il testo e questa spiegazione in nota? Ci sono due alternative, una “secondo l’insegnamento della Chiesa”, come il papa stesso dice al n. 300; e un'altra che finirebbe per introdurre il divorzio nella Chiesa cattolica.
 
La prima è questa. Il papa dice “in certi casi”. Infatti ci sono due casi in cui è possibile dare la comunione ai divorziati risposati: quando vi è la certezza morale che il primo matrimonio era nullo, ma non ci sono le prove per dimostrarlo in sede giudiziaria (e pertanto non si può ottenere l’annullamento canonico); e poi quando i due divorziati risposati accettano di astenersi dagli atti propri dei coniugi, e quindi non vivono più come marito e moglie. In questi due casi si può dare la comunione, con l’attenzione a evitare il pericolo di scandalo.
 
Ma si noti che il papa usa il condizionale “potrebbe essere”: vuol dire che neppure lui è completamente certo che sia la cosa più opportuna. Questa osservazione vale soprattutto per la seconda alternativa. Infatti qualcuno potrebbe interpretare queste parole come se il papa autorizzasse a dare la comunione anche ai divorziati risposati, il cui primo matrimonio era vero e giusto, e nella seconda unione vivono come marito e moglie. Ma lui non ha dato questa autorizzazione.
Bisogna infatti dire con semplicità che il papa nella "Amoris laetitia" ha scritto oltre 56.600 parole, ma non ha scritto queste cinque semplici parole: “È possibile dare la comunione ai divorziati risposati”. Perché non le ha scritte? Qualche motivo c’è. Se lui non le ha scritte, ritengo che nessuno le debba inserire, e nessuno deve fare ciò che lui non ha detto.
 
Papa Francesco infatti non vuole andare contro il magistero dei papi precedenti. Ecco tre loro affermazioni precise, in particolare di San Giovanni Paolo II che in "Familiaris consortio", n. 84, dice: “La Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati”. In "Reconciliatio et paenitentia", n. 34, ancora Giovanni Paolo II dice che la Chiesa invita i suoi figli che si trovano in queste dolorose condizioni, e cioè sono divorziati risposati, “ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell’eucaristia”. E Benedetto XVI, in "Sacramentum caritatis", n. 29, ribadisce: “Il sinodo dei vescovi [sull’eucaristia, del 2005] ha confermato la prassi della Chiesa di non ammettere ai sacramenti i divorziati risposati”.
 
Il contesto precisa il valore di queste chiare affermazioni. Leggendo i documenti della Chiesa non si può mettere in conflitto un sinodo con l’altro, e un papa con l’altro. Per l’ermeneutica della continuità, non si può attribuire a papa Francesco l’intenzione di cambiare questo insegnamento del magistero. Chi fa diversamente non fa un buon servizio al papa e alla Chiesa.
Per il resto siamo tutti d’accordo che l’eucaristia è un “rimedio” per i malati, ma ci sono certi malati che sono allergici a certi farmaci, per esempio agli antibiotici: se li prendono, non guariscono, ma peggiorano. Ed è vero che è un “alimento per i deboli”, ma ora sappiamo che vi sono le intolleranze alimentari, per esempio al glutine, e la cosa più buona, come il pane, si rivela dannoso per chi lo mangia.
 
Sono solo esempi e altri se ne potrebbero portare, per dire la stessa cosa: l’eucaristia che è per la vita può diventare motivo di morte. Così diceva già san Tommaso d’Aquino: “Sumunt boni sumunt mali, sorte tamen inaequali, vitae vel interitus”; mangiano i buoni, mangiano i cattivi, con sorte differente, di vita o di morte.
 
L’eucaristia è necessaria per la vita cristiana e per il cammino spirituale. Se però è ricevuta senza le disposizioni dovute, si rivela controproducente, come dicono chiaramente i testi di Matteo 22,1 1-14, e 1 Corinti 11, 27-30. Siamo in un momento delicato in cui bisogna accogliere l’invito di papa Francesco a favorire l’integrazione dei divorziati risposati nella comunità ecclesiale, ma non bisogna compromettere la verità della prassi sacramentale della Chiesa. La prudenza e il discernimento aiuteranno a trovare la via giusta.
 
 
 
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In un'altro passaggio del suo articolo, padre Marafioti fa un curioso raffronto tra "Amoris laetitia" e la precedente esortazione di papa Francesco "Evangelii gaudium", riguardo all'indissolubilità del matrimonio:
Scrive:
"In 'Amoris laetitia' c’è un progresso rispetto a 'Evangelii gaudium': in questo primo testo (n. 66) il papa non aveva parlato di indissolubilità; adesso per ben otto volte presenta il matrimonio come 'esclusivo e indissolubile' (nn. 52.53.86.123.124.134.218)".





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