martedì 12 luglio 2016

Quod erat demonstrandum


 
 
 
 
 
di Giovanni Scalese
martedì 12 luglio 2016

Non credo che vadano spese molte parole per commentare la dichiarazione rilasciata ieri da Padre Lombardi (l’ultima nella sua veste di Direttore della Sala stampa vaticana...) a proposito dell’intervento del Card. Sarah alla conferenza “Sacra Liturgia UK”, di cui ci eravamo occupati nel post della settimana scorsa. Come volevasi dimostrare. In quel post, accennando agli sforzi, senza effetto, di Benedetto XVI e del Card. Cañizares per una “riforma della riforma”, avevamo concluso dicendo che la montagna aveva partorito il topolino. In questo caso la gravidanza non è durata neppure una settimana: si è fatto ricorso alla pillola del giorno dopo per interromperla immediatamente. E, per scoraggiare, non dico gli entusiasmi (quelli erano svaniti ormai da tempo), ma anche solo le residue speranze di un qualche ritocco alla riforma liturgica, Padre Lombardi si è affrettato a precisare che «è meglio evitare di usare l’espressione “riforma della riforma”, riferendosi alla liturgia, dato che talvolta è stata fonte di equivoci». Capito? Anche la Chiesa aperta al cambiamento e alle sorprese dello Spirito, dove sono non solo possibili, ma necessari mutamenti della prassi pastorale e sviluppi della dottrina, anche questa Chiesa ha i suoi punti fermi, i suoi principi non negoziabili, i suoi dogmi che non possono essere messi in discussione. Uno di questi è la riforma liturgica: non solo non si può metterla in discussione (e infatti nessuno, tanto meno il povero Card. Sarah, lo aveva fatto), ma non si può neppure ipotizzarne una qualsiasi revisione. Si può riformare tutto, ma non la riforma stessa. Questo fa capire fino a che punto la Chiesa sia divenuta ormai preda dell’ideologia: la riforma liturgica non vale in quanto tentativo — piú o meno riuscito e quindi perfettibile — di restaurare un antico affresco (per usare la bella immagine del Card. Ratzinger nella premessa all’Introduzione allo spirito della liturgia), ma solo come “bandiera” di una rivoluzione che non può e non deve essere messa in discussione. C’è qualcuno che non è d’accordo? “Avete avuto il motu proprio Summorum Pontificum — questo il senso della dichiarazione di Padre Lombardi — che altro andate cercando?”.






Lasciamo perdere queste tristi questioni e interessiamoci invece di qualcosa di positivo proveniente dalla Congregazione del culto divino. Come forse saprete, il 3 giugno scorso è stato emanato un decreto con cui, per volere di Papa Francesco, la celebrazione della memoria liturgica di Santa Maria Maddalena (22 luglio) è stata elevata al grado di “festa”. I testi della Messa e della Liturgia delle ore rimangono gli stessi, con l’aggiunta di un nuovo prefazio, allegato al decreto:
Vere dignum et iustum est,
æquum et salutáre,
nos te, Pater omnípotens,
cuius non minor est misericórdia quam potéstas,
in ómnibus prædicáre per Christum Dóminum nostrum.
Qui in horto maniféstus appáruit Maríæ Magdalénæ,
quippe quæ eum diléxerat vivéntem,
in cruce víderat moriéntem,
quæsíerat in sepúlcro iacéntem,
ac prima adoráverat a mórtuis resurgéntem,
et eam apostolátus offício coram apóstolis honorávit
ut bonum novæ vitæ núntium
ad mundi fines perveníret.
Unde et nos, Dómine, cum Angelis et Sanctis univérsis
tibi confitémur, in exsultatióne dicéntes.
Il decreto è accompagnato da un articolo dell’Arcivescovo Arthur Roche, Segretario del Dicastero, in cui si espongono le ragioni che hanno portato al mutamento di grado della celebrazione. Le motivazioni sono fondamentalmente tre: il ruolo che la donna è chiamata a svolgere nella Chiesa, l’impegno per una nuova evangelizzazione, la grandezza del mistero della misericordia divina. Si accenna alla tradizionale identificazione (oggi superata) di Maria di Magdala con la peccatrice perdonata (Lc 8:36-50) e con Maria di Betania, sorella di Marta e Lazzaro. Vengono quindi citate alcune belle espressioni di importanti scrittori ecclesiastici: “dilectrix Christi et a Christo plurimum dilecta” (Rabano Mauro), “electa dilectrix et dilecta electrix Dei” (Anselmo di Canterbury), “testis divinae misericordiae” (Gregorio Magno), “apostolorum apostola” (Rabano Mauro e Tommaso d’Aquino). Quest’ultima espressione è stata utilizzata anche come titolo del nuovo prefazio e spiega il motivo per cui la celebrazione di questa santa sia stata equiparata a quella degli apostoli (i greci attribuiscono alla Maddalena il glorioso titolo di ἰσαπόστολος, “uguale gli apostoli”).


Lo stesso Arcivescovo Segretario firma inoltre la presentazione del nuovo prefazio. Viene ripresa e approfondita, da un punto di vista storico, la questione dell’identificazione di Maria Maddalena con la peccatrice perdonata e con Maria di Betania, che caratterizzava l’antica liturgia. Con la riforma liturgica l’identificazione delle tre donne è stata, come detto, abbandonata e i testi liturgici (letture, orazioni e antifone) sono stati conseguentemente riveduti. Si passa quindi a illustrare il nuovo testo, evidenziandone le caratteristiche e indicandone le fonti (Rabano Mauro).


Anche se il decreto demanda alle conferenze episcopali la traduzione del prefazio, in modo che, dopo la necessaria approvazione della Santa Sede, possa essere inserito nelle ristampe del Messale, mi permetto di anticiparne una mia personale traduzione, in modo che si possa apprezzare la bellezza del nuovo testo. Un solo appunto: l’aggiunta del quarto piucchepperfetto (adoraverat), assente nella fonte, che si fa meccanicamente concordare coi tre verbi precedenti, senza accorgersi che, quando Gesú apparve alla Maddalena, questa non lo aveva ancora adorato.
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
glorificarti in tutte le cose, o Padre,
misericordioso non meno che onnipotente,
per Cristo nostro Signore.
Nel giardino egli si manifestò visibilmente a Maria Maddalena,
a colei che lo aveva amato da vivo,
lo aveva visto morire in croce,
lo aveva cercato deposto nel sepolcro,
e per prima lo adorò risorto dai morti.
Di fronte agli apostoli egli le accordò l’onore e l’onere dell’apostolato,
perché la buona notizia della vita nuova
giungesse ai confini del mondo.
E noi,
uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo con gioia
l’inno della tua lode.


 Pubblicato da Querculanus  
 
 
 

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