giovedì 10 marzo 2016

M° Aurelio Porfiri: musica Santa

 
 
 
Si parla molto della stretta unione che esiste fra il canto e la liturgia, o per meglio dire fra la liturgia e il suo canto. Non tutti i tipi di musica si possono adattare. Per tentare una teologia della musica liturgica bisogna capire questa simbiosi fra liturgia e suo canto. Da una liturgia brutta, sciatta, mal celebrata discende di solito un canto consequenziale. Ma l’unione non è soltanto di tipo pratico ma è una unione che è radicata all’origine di entrambe.
 
Benedetto XVI, in un discorso all’Abbazia di Heiligenkreuz del 9 settembre 2007 affermava: In ogni forma di impegno per la liturgia criterio determinante deve essere sempre lo sguardo verso Dio. Noi stiamo davanti a Dio – Egli ci parla e noi parliamo a Lui. Là dove, nelle riflessioni sulla liturgia, ci si chiede soltanto come renderla attraente, interessante e bella, la partita è già persa. O essa è opus Dei con Dio come specifico soggetto o non è. In questo contesto io vi chiedo: realizzate la sacra liturgia avendo lo sguardo a Dio nella comunione dei santi, della Chiesa vivente di tutti i luoghi e di tutti i tempi, affinché diventi espressione della bellezza e della sublimità del Dio amico degli uomini!”.  Non dobbiamo “inventare” noi la nostra liturgia, con una idea sbagliata di creatività che coincide con il seguire le mode culturali ed estetiche del momento. Facendo questo ci stiamo adattando allo spirito del mondo.
 
La Sacrosanctum Concilium ci parla un linguaggio diverso da quello del mondo: la musica liturgica è “parte necessaria e integrante della liturgia solenne; compito ministeriale della musica sacra nel culto divino; tanto più santa quanto più strettamente unita all’azione liturgica; lodato da Scrittura, Padri e Pontefici”. Ricordiamo che “necessaria e integrante” non sono parole buttate lì per caso, la musica e il culto sono una cosa sola.
Quindi fa molto pensare quando si incontrano musicisti che non hanno formazione liturgica, ma ancora di più quando si incontrano liturgisti che non hanno formazione musicale. Si manca la comprensione di questa integralità e necessità, si manca la comprensione di questo compito ministeriale della musica nel culto divino. Non si raccoglie quell’alchimia del “tanto più…tanto più” riferita alla sua unione con l’azione liturgica.
 
Ma i criteri per questa unione, non sono comunque da lasciare al caso: infatti dai Pontefici e dallo stesso Concilio vengono forniti criteri, a partire da Pio X nel famoso Motu Proprio. L’apologeta cattolico Dave Armstrong dice che la nostra fede si basa su un banchetto a tre piedi: Scrittura, Magistero e Tradizione. Anche la musica liturgica, come la liturgia, potrebbe essere iscritta in questa definizione che ne diviene anche criterio. Il Magistero senza la Tradizione è traballante.
 
 
 
 
 
 
 
 
ilnaufrago.com
 
 
 
 
 
 

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