martedì 2 febbraio 2016

Cala drasticamente la popolazione italiana. L'unico inverno rigido è quello demografico

 

 

di Mariano Maugeri

Culle vuote e cimiteri pieni. La curva demografica del 2015 ci lascia una bruttissima eredità. Le nascite, per la prima volta dopo il 1918 (annus horribilis per un’intera generazione rimasta sui campi di battaglia della prima guerra mondiale; chi sopravvisse dovette poi fare i conti con la micidiale epidemia d’influenza, la spagnola, che fece più morti della peste del XV secolo), sono scese sotto la soglia psicologica delle 500mila unità. Un fatto ancor più grave se si considera che rispetto al 2014 «le morti registrano un aumento di oltre 60 mila unità», osserva il decano dei demografi dell’università Bicocca, Giancarlo Blangiardo, mentre gli immigrati, che da almeno un ventennio colmavano il nostro gap demografico, si sono anch’essi arresi all’evidenza che il nostro non è un Paese per famiglie. Così come non è un paese per giovani (130 mila il saldo netto degli italiani in uscita del 2014, quasi tutti con laurea o master), che ormai migrano ovunque nel mondo, né per i vecchi, che vanno godersi la loro pensione esentasse alle Canarie o in Portogallo.
 
Un suicidio demografico in piena regola, che non genera nessuna mobilitazione nell’opinione pubblica né tantomeno riunioni allarmate del Consiglio dei ministri. «Ci vorrebbero statisti come Alcide De Gasperi» sorride Blangiardo, un demografo che aveva previsto questo inverno (o inferno) demografico. Da qui ai prossimi quaranta o cinquant’anni si assisterà alla supremazia schiacciante dei settantenni sui ventenni. Con conseguenze catastrofiche per il welfare, soprattutto la sanità e le pensioni, il cemento che ha tenuto insieme la società del benessere così come l’abbiamo conosciuta.
 
Oltre cinque anni fa, un gruppo di studiosi aveva redatto il Rapporto nazionale sulla famiglia, poi archiviato in un cassetto. Obiettivo: indagare il crollo della natalità. Nel 2012, il governo guidato da Mario Monti legge e approva il documento. Finisce lì. E lo studio ritorna nel cassetto. Qualche anno dopo pure gli immigrati si stufano di compensare la bassa natalità degli italiani, «forse perché si resero conto – osserva Blangiardo – che pure loro scontavano la mancanza di servizi e asili nido». Un’anomalia, la natalità zero, che l’Italia condivide con la Germania, anch’essa con una forte anoressia riproduttiva. La Francia («voleva più baionette delle nazioni nemiche» chiosa il demografo della Bicocca), ma anche la Gran Bretagna, sono invece in sostanziale equilibrio tra nati e morti. Le colpe arrivano da lontano. Dall’ordine mussoliniano di donare oro (e i figli) alla patria, alla retorica cattolica sulla famiglia nucleare, la comunità riproduttiva fondata su madre, padre e figli. Non perché fosse sbagliato difenderla, ma per il motivo opposto, cioè perché si è tutelata solo a parole, senza fornirgli gli strumenti essenziali per la sua sopravvivenza. Con una responsabilità storica di una o più generazioni di politici cattolici, presenti trasversalmente in ogni schieramento. Ricorda Blangiardo: «Una volta esistevano gli assegni familiari. Funzionavano. Ma qualcuno decise di cancellarli, malgrado la cassa fosse in attivo e le famiglie ricevessero un aiuto in denari sonanti». Troppo semplice.
Oggi gli italiani sono 55 milioni (più cinque milioni di immigrati). E nel giro di mezzo secolo potrebbero precipitare a 40, praticamente il punto di non ritorno. Una società di ottuagenari genera ripercussioni pesanti sulla struttura dei consumi. Riflette Blangiardo: «Un settantenne o un ottantenne, tranne le lodevoli eccezioni, al massimo fa manutenzione. E invece di comprarsi un paio di scarpe va a risuolarsi quelle vecchie». Popolazione in calo, più vecchia e meno ricca. Questo è lo scenario. Anticipato da quel picco di 60mila morti in più nel 2015. Il demografo milanese ha lavorato come un detective per risalire alle cause di un innalzamento così brusco e inaspettato della mortalità. Che attribuisce a un effetto cumulativo di più cause: «L’epidemia di influenza nei primi tre mesi del 2015, quando si è registrato il picco della mortalità, è stata affrontata da molti anziani senza la protezione del vaccino per la sua presunta nocività; poi lo slittamento delle cure sanitarie, pratica che accomuna molti anziani in una situazione di parziale indigenza: una ricerca del Banco farmaceutico ha rilevato che 2,5 milioni di anziani hanno rinviato le cure mediche a data da destinarsi». Le proiezioni sono da brividi: nell’Europa a 28 ci sono 500 milioni di abitanti che mettono al mondo 5,2 milioni di figli con una aspettativa media di vita di 80 anni. A condizioni invariate, l’Unione europea perderà 100 milioni di abitanti. Un crollo verticale. Conclude il demografo della Bicocca: «Inutile lamentarsi poi per l’arrivo dei migranti senza titolo di studio: i laureati dei Paesi più poveri scansano scientificamente l’Italia e puntano diritti sul Nord Europa». Il vuoto, in natura, si riempie sempre. Valeria Solesin, la dottoranda di Demografia alla Sorbona, uccisa al teatro Bataclan il 13 novembre, lo sussurrava a tutte le donne italiane che incontrava: «Non prendete cani o gatti: mettete al mondo figli come le francesi».
 
 
 
 
 
 
 

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