giovedì 28 gennaio 2016

Family Day – Il dovere morale di scendere in piazza




Pubblichiamo un contributo giunto in Redazione in merito al Family Day di sabato 30 gennaio a Roma, nell’ottica di dare un panorama variegato delle motivazioni che stanno spingendo molta gente a scendere in piazza.
Il dibattito nato attorno al ddl Cirinnà sta infatti mobilitando l’Italia e sta facendo crescere in molti la convinzione che la vera famiglia è una sola, e va difesa e sostenuta!

Alessio Biagioni
 
La Chiesa da sempre ha difeso i diritti dei più deboli. Come voce che grida nel deserto morale, a proposito di schiavi neri trasportati dall’Africa alle Indie occidentali, la Congregazione del Santo Uffizio il 20 marzo 1686 proclamava: “I possessori di neri e altri nativi che non hanno fatto male a nessuno e sono stati catturati con la forza o l’inganno sono tenuti a lasciarli liberi? La risposta è: sì” (Si legga R. Stark, A gloria di Dio, Lindau 2011, cap. 4). Quale posizione più azzardata e impopolare mentre stava rifiorendo con la modernità la fruttuosa economia schiavista dei pagani!
Ma nessun interesse economico, sociale, politico fa paura a chi opera per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Neppure l’evidenza della potenza militare, del potere economico può far scendere a compromessi chi non sostiene il proprio interesse, ma la Verità. L’atteggiamento sarà lo stesso di fronte al terrore giacobino, al nazionalsocialismo, al comunismo. La Chiesa è sempre stata “inadeguata” ma alla fine sono i tempi ad adeguarsi alla Chiesa.
 
Oggi assistiamo a un duplice attacco, uno contro la famiglia, uno contro i bambini. Non possiamo come cattolici far finta di niente. È nostro dovere morale di laici santificare il mondo e contrapporci alle ideologie, specialmente quando vengono colpiti i più deboli.
Cos’è la famiglia? È prima di tutto una vocazione. Guardiamo la Santa Famiglia. Il Figlio di Dio compie la volontà del Padre e si incarna (“Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà“, Eb 10, 4-10 ), Maria pronuncia il “fiat“, Giuseppe accetta di prendere con sè Maria e di essere il custode del Redentore. Un cristiano è chiamato a fare la volontà di Dio. Ognuno di noi è chiamato a svolgere un compito. Sposarsi con quella determinata persona è una vocazione. La domanda quindi è: “Signore, darò gloria a Te sposando quella determinata persona?“.
 
family day_famiglia_comitato-difendiamo-i-nostri-figli_congresso
 
Passiamo a considerare i bambini. Padre e madre collaborano alla creazione generando un figlio, ma la generazione è un dono di Dio, non è né un contratto, né un diritto. Non esiste un diritto al figlio. Un figlio è un dono che è comunque una chiamata. Anche il bambino avrà una sua vocazione. Nell’episodio del Ritrovamento di Gesù al tempio il Bambino dice alla Madre: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?“. Gesù si è incarnato per fare la volontà del Padre. Ma Dio si serve ogni volta dei genitori per dar vita a una nuova creatura che avrà la sua specifica missione. Dobbiamo perciò rifiutare ogni visione “interessata” del figlio: sia quando viene respinto, con contraccezione e aborto, sia quando viene preteso a ogni costo.
 
La famiglia poi è ambiente fecondo. Questo non vuol dire fertile, i coniugi possono essere biologicamente sterili, ma pur sempre fecondi perchè un uomo è sempre potenzialmente padre e una donna è sempre potenzialmente madre. Un bambino per crescere ha sempre bisogno di un padre e di una madre. Il motivo ce lo spiega la scienza: per costruire la sua identità deve osservare e venire a contatto con una figura femminile e maschile (M. Gandolfini, Mamma e papà servono ancora?, Cantagalli 2014). Detto questo, nella prospettiva della vocazione e del dono, ci sono padri e madri oggettivamente sterili, ma comunque fecondi che possono venire in aiuto a bambini che hanno bisogno di un padre e di una madre perchè in stato di abbandono. Questo è il caso dell’adozione, che, come insegna il diritto, è un istituto previsto per aiutare i bambini e non per “fornire” prole a chi non ne ha.
 
La famiglia quindi nasce dalla vocazione di un uomo e una donna. Qualsiasi altra unione, come ha detto recentemente alla Rota Romana papa Francesco, non è famiglia. Non è famiglia se non c’è impegno di volontà procreativa, ma solo una mera simpatia sentimentale o sessuale. Non è famiglia se non è un’unione fra uomo e donna.
 
Oggi abbiamo un nuovo attacco ideologico. L’ideologia come al solito parte da problemi reali cogliendo l’occasione per una trasformazione rivoluzionaria, ossia per allontanare Dio dal cuore dell’uomo e dalla società. Nell’Ottocento c’erano sicuramente dei problemi sociali per gli operai, ma l’espropriazione dei mezzi di produzione da parte del proletariato, come ha dimostrato bene la storia, non era certo la soluzione. Dopo il Sessantotto vi sono certamente problemi di identità, delle ferite ulteriori portate dalle illusioni della fantasia al potere, della rivoluzione sessuale. Questa rivoluzione è stata infatti in interiore homine e non ha riguardato solo le élite, ma la massa. I rapporti umani ancora più complicati di prima e gli impulsi negativi dai media e dalla stessa legislazione statale, le famiglie disgregate, la crisi dell’educazione ci rende tutti, dico tutti!, feriti. Tra queste ferite ci sono quelle derivate dall’incapacità di prendere impegni, dal narcisismo, quelle legate all’orientamento e all’identità sessuale.
 
Oggi l’ideologia, come un tempo ha provocato la lotta di classe, vuole creare falsi diritti per costruire una nuova società senza Dio, dove la famiglia è costituita dal solo desiderio, dove i bambini, nuovi schiavi, sono solo oggetto di diritti. Le unioni civili sono insomma la soluzione ideologica al problema delle ferite di tutti, come un tempo l’espropriazione delle aziende era la soluzione ideologica al problema del proletariato.
 
Oggi come allora noi cattolici dobbiamo contrapporci all’ideologia senza compromessi. Non avendo alcun appoggio dal potere politico e mediatico è necessario sabato 30 gennaio scendere in piazza per il Family Day senza alcuna paura dei potenti, senza paura di essere non compresi o impopolari. Senza paura nemmeno di offendere il prossimo, ma ricordando a chiunque ci chieda ragione che è una creatura voluta e amata da Dio mandata in questo mondo per compiere una missione. Per essere felice perciò non deve andare alla ricerca di lotte di classe di nuovi diritti, ma solo domandarsi “Cosa devo fare per dare gloria a Te, o Signore?“.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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