venerdì 23 ottobre 2015

Prima dell'epilogo sinodale, la parola a Ratzinger: «Ecco i padri che tolgono i peccati del mondo»

 
 
 
 
 
da «Una compagnia sempre riformanda», discorso tenuto dal cardinale Joseph Ratzinger al Meeting di Rimini del 1990
 
«Là dove il perdono, il vero perdono pieno di efficacia, non viene riconosciuto o non vi si crede, la morale deve venir tratteggiata in modo tale che le condizioni del peccare per il singolo uomo non possano mai propriamente verificarsi. A grandi linee si può dire che l’odierna discussione morale tende a liberare gli uomini dalla colpa, facendo sì che non subentrino mai le condizioni della sua possibilità. Viene in mente la mordace frase di Pascal: “Ecce patres, qui tollunt peccata mundi”! Ecco i padri, che tolgono i peccati del mondo. Secondo questi “moralisti”, non c’è semplicemente più alcuna colpa. Naturalmente, tuttavia, questa maniera di liberare il mondo dalla colpa è troppo a buon mercato. Dentro di loro, gli uomini così liberati sanno assai bene che tutto questo non è vero, che il peccato c’è, che essi stessi sono peccatori e che deve pur esserci una maniera effettiva di superare il peccato.
 
Anche Gesù stesso non chiama infatti coloro che si sono già liberati da sé e che perciò, come essi ritengono, non hanno bisogno di lui, ma chiama invece coloro che si sanno peccatori e che perciò hanno bisogno di lui. La morale conserva la sua serietà solamente se c’è il perdono, un perdono reale, efficace; altrimenti essa ricade nel puro e vuoto condizionale. Ma il vero perdono c’è solo se c’è il “prezzo d’acquisto”, l’“equivalente nello scambio”, se la colpa è stata espiata, se esiste l’espiazione. La circolarità che esiste tra “morale-perdono-espiazione” non può essere spezzata; se manca un elemento cade anche tutto il resto.
 
E proprio per la circolarità tra “morale-perdono-espiazione”, pur nella difficoltà di comunicare, ricorda che alla Chiesa non basta rimettere tutto alla giustizia terrena, perché il proprio della Chiesa è l’ordine della grazia, che va al di là della legge, e significa “fare penitenza, riconoscere ciò che si è sbagliato, aprirsi al perdono, lasciarsi trasformare”».
 
 
 
 
 
da «meeting rimini», tramite IL TIMONE, 23 ottobre 2015
 
 
 
 
 

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