“Se mi si vuol far dire che personalmente non ho trovato ragioni adeguate per accettare la proposta del cardinale Kasper, va bene, fate pure i vostri grafici distinguendo “chi sta con il Papa”, “chi non sta con il Papa”… Però la mia preoccupazione è di natura completamente diversa. Ho l’impressione che si stia “pensando” poco. A tutti i livelli.”.

Così ha risposto il cardinale Angelo Scola alla domanda di Aldo Cazzullo a proposito della comunione ai divorziati risposati, manifestando il fatto che in generale si parla tanto, ma si pensa poco alla situazione reale della famiglia. Quindi, chiede il giornalista del Corriere, meglio spostare lo scontro sulla questione dell’accelerazione dei processi di nullità matrimoniale, rispetto a quello sull’eucaristia?

“Un conto è snellire la verifica di nullità, cosa che il Santo Padre ha già fatto con il motu proprio, un conto è riammettere alla comunione sacramentale i divorziati risposati, perché la verifica della nullità non ha mai un esito scontato. Se si appura che il matrimonio c’era, c’è”, risponde Scola. “Il rapporto tra Cristo e la Chiesa, entro il quale i due sposi esprimono davanti alla comunità cristiana il loro consenso, non è un modello esteriore da imitare. È il fondamento del matrimonio che nasce. Io, sposo, non potrei mai fondare il “per sempre”, l’indissolubilità, sulle sabbie mobili della mia volontà. E come posso fidarmi in maniera definitiva che mia moglie mi sarà fedele sempre? Cosa succede nel consenso reciproco espresso all’interno dell’atto eucaristico? Che io voglio il dovere del “per sempre” e decido non sulla base della mia fragile volontà, ma radicandomi nel rapporto nuziale tra Cristo e la Chiesa. È questo che, attraverso il sacramento, fonda il matrimonio». 

In altre parole, come suggerisce Cazzullo al suo interlocutore, l’eucaristia non è un accessorio, ma un fondamento del matrimonio.

Durante l’intervista l’arcivescovo di Milano si è soffermato anche su di una questione piuttosto spinosa e che riguarda proprio la riforma del processo per il riconoscimento di nullità recentemente varata dal Papa mediante Motu proprio.

“La dimensione soggettiva della fede”, precisa Scola, “non è verificabile: io non mi posso permettere di giudicare quanta fede hai o non hai tu. Però la fede non è un fatto individualistico, è inserita organicamente nella comunione. Gesù ha detto: “Quando due o tre di voi si riuniranno in nome mio io sono in mezzo a loro”. L’Eucaristia è il vertice espressivo di questa natura comunionale della fede. Pertanto, rispettando fino in fondo la coscienza di ogni singolo, si può valutare se egli intende o meno fare ciò che la Chiesa fa quando unisce due in matrimonio. L’urgenza prioritaria, per me, è che il Sinodo possa suggerire al Santo Padre un intervento magisteriale che unifichi semplificandola la dottrina sul matrimonio. Un intervento teso a mostrare il rapporto tra l’esperienza di fede e la natura sacramentale del matrimonio.”

Sulle unioni omosessuali la posizione del cardinale Scola  è questa: «Ho già detto che nel riconoscimento pieno della dignità personale di quanti provano attrazione per lo stesso sesso anche noi cristiani siamo stati un po’ lenti. Ma la famiglia è qualcosa di unico, con una fisionomia molto specifica, legata al rapporto fedele e aperto alla vita tra un uomo e una donna. Non reputo conveniente una legislazione che, nei principi o anche solo nei fatti, possa produrre confusione a questo livello. Tra l’altro non sono molto convinto che lo Stato debba occuparsi direttamente di queste cose e sono anche un po’ seccato di fronte a questo Parlamento europeo, perché non ha il diritto di premere sui singoli Stati in favore di una normativa in campo etico. Ho piuttosto l’impressione che, essendo povero di poteri reali, si occupi di queste cose a sproposito, senza tener conto delle differenze tra gli Stati. L’Italia non è certo la Svezia o l’Olanda».









Pubblicato il in sinodo2015.
http://sinodo2015.lanuovabq.it/card-scola-il-fondamento-del-matrimonio-e-il-rapporto-tra-cristo-e-la-chiesa/