mercoledì 27 maggio 2015

Grande guerra? Vittoria della Rivoluzione anticristiana






Marco Invernizzi

Cento anni fa l’Italia entrava nella Prima guerra mondiale. Non è certo uno di quegli anniversari di cui andare fieri. Il 24 maggio 1915, dopo avere aspettato dieci mesi prima di decidere quale dei due fronti in guerra avrebbe offerto di più, il governo italiano sceglieva l’Intesa e dichiarava guerra all’impero austriaco prima, e soltanto successivamente alla Germania, con i quali era alleata dal 1882. Con questo gesto il Bel Paese acquisì un’immagine di inaffidabilità dalla quale è difficile liberarsi, ancora cento anni dopo. Oltretutto, quando decise di uscire dalla neutralità, il governo italiano e i poteri forti che spinsero per la guerra conoscevano già come questo conflitto era diventato, in dieci soli mesi, una guerra di trincea, che sacrificava milioni di giovani in una guerra che non assomigliava in nulla alle precedenti, che sarebbe durata a lungo e avrebbe coinvolto non soltanto i soldati ma tutta la popolazione.

Non era soltanto l’inutile strage, come la definì mirabilmente e per sempre papa Benedetto XV il primo agosto 1917, ma fu una strage che ebbe conseguenze devastanti anche per chi sopravvisse, contribuendo a cambiare il mondo in senso rivoluzionario, favorendo l’introduzione delle ideologie di massa, l’odio nella competizione politica, lo sradicamento dai principi che avevano tenuto insieme i Paesi europei per secoli. La stessa conquista della Russia da parte del partito bolscevico fu una diretta conseguenza della guerra, che così diede inizio alla lunga guerra civile europea fra i due totalitarismi contrapposti, quello nazionalista e quello comunista.

Ma il problema della Grande guerra, come viene ancora oggi chiamata in Italia, non finì con la sua fine, ma continua nei successivi cento anni e rimane ancora oggi. Che cosa celebriamo il 24 maggio di ogni anno? La guerra patriottica che portò a compimento il Risorgimento? Il tradimento delle precedenti alleanze? Il trionfo del nazionalismo?
Oppure, più ragionevolmente, una guerra spaventosa e nefasta, senza alcuna giustificazione, inutile e dannosa anche per i motivi che ispirarono tutti i contendenti, la prima vera e propria guerra rivoluzionaria della storia, mondiale e totale.

Allora bisogna avere il coraggio di spiegarlo, a cominciare dalla scuola e dalle istituzioni, e preoccuparsi di cercare la vera identità su cui potere costruire il sentire comune della nazione. Non dovrebbe essere difficile se soltanto fossimo capaci di alzare gli occhi in qualsiasi città della nostra terra, guardando uno dei tanti campanili che coprono il territorio e non mancano neppure nel paese più piccolo. Vedremo le cattedrali romaniche e gotiche, le chiese barocche, ma anche quelle moderne, costruite con gusto e senza la volontà di essere trasgressivi a tutti i costi, una malattia che ha colpito anche l’architettura religiosa recente. Ma vedremo anche delle case normali, a misura d’uomo, con la sola eccezione dei casermoni in stile sovietico che sono stati costruiti nelle periferie delle grandi città, quando il socialismo andava di moda. Dentro ognuna di quelle case c’è ancora una famiglia, maltrattata come dice Papa Francesco, ma che vive e combatte per la propria esistenza. E fino a prova contraria fondata sull’unione di un uomo e di una donna che hanno il coraggio di mettere al mondo dei figli.

Bisogna farlo bene e presto, perché la dittatura del relativismo penetra e corrode il corpo sociale. In gioco non c’è il passato, che non può cambiare, ma il futuro dell’Italia, dove i pochi figli che nascono hanno il diritto che venga loro proposta una lettura più autentica della storia della loro patria.









Nessun commento:

Posta un commento