domenica 3 maggio 2015

Il segreto meraviglioso del Santo Rosario






di San Luigi Maria Grignion de Monfort

Il Credo o Simbolo degli Apostoli, recitato sul Crocifisso della corona, essendo il compendio delle verità cristiane, è preghiera molto meritoria perché la fede è base, fondamento e principio di tutte le virtù cristiane, di tutte le verità eterne e di tutte le preghiere gradite a Dio.
Chi s'accosta a Dio deve credere (Eb 11,6): chi si accosta a Dio con la preghiera deve incominciare con un atto di fede; più avrà fede e più la sua preghiera sarà efficace e meritoria per lui e gloriosa per Dio.
Le fede è l'unica chiave che ci apre la comprensione dei misteri di Gesù e di Maria espressi dal santo Rosario; perciò all'inizio occorre recitare il Credo con grande attenzione e devozione, poiché più viva e forte è la nostra fede e più il Rosario sarà valido. E questa fede deve essere ardita ed animata dalla carità: in altre parole, per ben recitare il Rosario bisogna essere in grazia di Dio o per lo meno decisi di riacquistarla; deve essere una fede robusta e costante e cioè: nel Rosario non dobbiamo ricercare il nostro gusto sensibile, la nostra spirituale consolazione, disposti ad abbandonarlo quando fossimo molestati da tante. distrazioni involontarie o da uno strano disgusto nell'anima o da opprimente noia o torpore prolungato nel corpo. Nella recita del Rosario non c'è alcuna necessità, di gusti o di consolazioni, di slanci o sospiri, di lacrime; neppure si richiede una continua applicazione dell'immaginazione: bastano la fede pura e la retta intenzione. E' sufficiente la sola fede!

Il Pater o orazione domenicale trae tutta la sua eccellenza dall'autore che non è un qualunque uomo non è un angelo, ma è il Re degli Angeli e degli uomini, Cristo Gesù. “Era necessario - dice san Cipriano - che chi veniva come Salvatore a darci la vita della grazia, ci insegnasse anche come celeste Maestro il modo di pregare”. La sapienza del divino Maestro appare luminosa nell'ordine, nella forza e nella chiarezza di questa divina preghiera, che è breve, ma ricca di insegnamenti, è accessibile ai semplici mentre è colma di mistero per i dotti.

Il Pater contiene tutti i nostri doveri verso Dio, gli atti di tutte le virtù e la richiesta per ogni nostro bisogno spirituale e materiale. “E' 'il compendio dei Vangeli”, dice Tertulliano. “Supera tutti i desideri dei santi” - dice Tommaso da Kempis - contiene in breve tutte le soavi aspirazioni dei Salmi e dei cantici; chiede tutto ciò che è necessario a noi, loda Dio in modo eccellente ed eleva l'anima dalla terra al cielo e l'unisce strettamente a Dio.
San Giovanni Crisostomo dice che chi non prega come ha pregato ed insegnato il Maestro, non è suo discepolo. Dio Padre gradisce di essere invocato più che con preghiere formulate dalla sapienza umana, con quella insegnataci da suo Figlio.
Dobbiamo recitare l'orazione domenicale con la certezza che l'eterno Padre la esaudirà perché è la preghiera del Figlio che sempre Egli esaudisce e del quale noi siamo membra. Potrebbe, infatti, un Padre buono rifiutare una richiesta bene concepita e appoggiata sui meriti e sulla presentazione di un così degno Figlio? Sant'Agostino assicura che il Pater recitato bene cancella le colpe veniali. Il giusto cade sette volte al giorno, ma con le sette domande contenute nell'Orazione domenicale egli può rialzarsi dalle sue cadute e fortificarsi contro i suoi nemici.

Questa preghiera è anche breve e facile affinché, fragili e soggetti come siamo a tanti guai, ci sia possibile recitarla più spesso e con più devozione e quindi ricevere più presto l'aiuto desiderato.
Felice chi recita la preghiera insegnata dal Signore; meditando attentamente ogni parola, vi troverà tutto ciò di cui ha bisogno e tutto quanto può desiderare. Con quest'ammirabile preghiera prima di tutto ci cattiviamo il cuore di Dio invocandolo col dolce nome di Padre.
Padre nostro: il più tenero dei padri, onnipotente nella creazione, ammirabile nel conservarla, sommamente amabile nella sua Provvidenza e infinitamente buono nell'opera della Redenzione. Dio è nostro Padre! ma allora noi siamo tutti fratelli, il cielo è nostra patria e nostra eredità. Non basta, forse, questo per ispirarci l'amore di Dio, l'amore per il prossimo, il distacco da tutte le cose della terra?

Amiamo, dunque, un tale padre e ripetiamogli mille volte: Padre nostro che sei nei cieli: tu che riempi la terra e il cielo con l'immensità della tua essenza e dappertutto sei presente; tu che sei nei Santi con la tua gloria, nei dannati con la tua giustizia, nei giusti con la tua grazia, nei peccatori con la tua pazienza sopportatrice, fa' che ci ricordiamo sempre della nostra celeste origine, che viviamo come veri tuoi figli e che tendiamo sempre verso Te solo con tutto l'ardore dei nostri desideri.
Sia santificato il tuo nome! Il nome del Signore è santo e terribile - dice il re-profeta - ed il cielo risuona delle lodi incessanti dei serafini alla santità del Signore Dio degli eserciti - esclama Isaia. Con queste parole chiediamo che tutta la terra conosca e adori gli attributi di Dio tanto grande e santo; che Egli sia conosciuto, amato, adorato dai pagani, dai turchi, dagli ebrei, dai barbari e da tutti gli infedeli; che tutti gli uomini lo servano e lo glorifichino con fede viva. con ferma speranza, con ardente carità, rinunciando ad ogni errore: in una parola, che tutti gli uomini siano santi perché Santo
è Egli medesimo.

Venga il tuo regno. Regna, cioè, o Signore, nelle nostre anime con la tua grazia in questa vita affinché meritiamo di regnare con Te dopo la morte, nel tuo regno che è la suprema felicità che noi crediamo, speriamo ed attendiamo, felicità che la bontà del Padre ci ha promesso, che i meriti del Figlio ci hanno acquistato e che i lumi dello Spirito Santo ci rivelano.
La tua volontà sia fatta sulla terra come in cielo. Nulla certamente sfugge alle disposizioni della divina Provvidenza che ha tutto previsto e tutto disposto ancor prima che qualcosa accada. Nessun ostacolo può deviarla dal fine che si è prefisso; e perciò, quando chiediamo a Dio che si compia la sua volontà non temiamo - dice Tertulliano - che qualcuno possa efficacemente opporsi all'attuazione dei suoi disegni, ma acconsentiamo umilmente a tutto quanto gli è piaciuto di ordinare a nostro riguardo e ci dichiariamo disposti a compiere sempre e in ogni cosa la sua santissima volontà, a noi nota nei comandamenti, con la stessa prontezza, amore e costanza con cui gli Angeli e i Santi obbediscono in cielo.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Il Signore Gesù ci insegna a chiedere a Dio il necessario alla vita del corpo e dell'anima; con queste parole confessiamo umilmente la nostra miseria e rendiamo omaggio alla Provvidenza dichiarando che aspettiamo dalla sua bontà tutti i beni temporali. Con la parola “pane” chiediamo a Dio lo stretto necessario per la vita; il superfluo ne è escluso. Questo pane lo chiediamo per oggi, cioè limitiamo al giorno presente ogni nostra sollecitudine fiduciosi nella Provvidenza per l'indomani. Ancora: chiedendo il pane di ogni giorno ammettiamo che i nostri bisogni rinascono continuamente e proclamiamo il nostro incessante bisogno della protezione e del soccorso di Dio.

Perdona a noi le offese come noi le perdoniamo a chi ci ha offesi. I nostri peccati - dicono sant'Agostino e Tertulliano - sono debiti contratti con Dio, debiti dei quali la sua giustizia esige il saldo sino all'ultimo centesimo. E noi tutti abbiamo di questi tristi debiti! Però, nonostante le numerose nostre colpe, accostiamoci a lui con fiducia e diciamogli con sincero pentimento: Padre nostro che sei nei cieli, perdona i peccati del nostro cuore e della nostra bocca, i peccati di azione e di omissione che ci rendono assai colpevoli agli occhi della tua giustizia; sì, perdonali perché anche noi, figli di un Padre clemente e misericordioso, perdoniamo per obbedienza e per carità a coloro che ci hanno offeso.
E non permettere che per la nostra infedeltà alle tue grazie noi soccombiamo alle tentazioni del mondo e della carne, ma liberaci dal male che è il peccato, dal male della pena temporale e della pena eterna da noi meritata.
Amen! Espressione molto consolante - dice san Girolamo -; è come il sigillo posto da Dio alla conclusione delle nostre domande per assicurarci che ci ha esauditi; sì, l'avete ottenuto. E' il senso della parola Amen.

Ogni parola dell'orazione domenicale onora le perfezioni di Dio. Onoriamo la sua fecondità chiamandolo Padre: Padre che generi da tutta l'eternità un Figlio che è Dio come te, eterno, consustanziale, che è una stessa essenza, una stessa potenza, una stessa bontà, una stessa sapienza con te: Padre e Figlio che amandovi producete lo Spirito Santo che è Dio come voi, tre adorabili Persone che siete un solo Dio.
Padre nostro! cioè Padre degli uomini per mezzo della creazione, della conservazione, della redenzione, Padre misericordioso dei peccatori, Padre amico dei giusti, Padre magnifico dei beati.
Che sei. Con queste parole ammiriamo l'infinità, la grandezza e la pienezza dell'essenza di Dio che con tutta verità si chiama Colui che è, cioè colui che esiste essenzialmente, necessariamente ed eternamente; che è l'Essere degli esseri, la causa di tutti gli esseri, che contiene in modo eminente in se stesso le perfezioni di tutti gli altri esseri; che è in tutti con la sua essenza, con la sua presenza, con la sua potenza senza esservi racchiuso. Onoriamo la sua sublimità, la sua gloria e la sua maestà con le parole: che sei nei cieli, cioè come assiso sul trono intento a esercitare la tua giustizia su tutti gli uomini.
Desiderando che il suo nome sia santificato, adoriamo la sua santità; ne riconosciamo la sovranità e la giustizia delle sue leggi auspicando che il suo regno arrivi e desiderando che gli uomini gli obbediscano qui in terra come gli angeli gli obbediscono in cielo. Pregandolo di darci il pane di ogni giorno, crediamo alla sua Provvidenza; chiedendogli la remissione dei nostri peccati, invochiamo la sua clemenza; scongiurandolo di non lasciarci soccombere alla tentazione, ricorriamo alla sua potenza e sperando che ci libererà dal male ci affidiamo alla sua bontà.
Il Figlio di Dio ha sempre glorificato il Padre con le opere; è venuto nel mondo per farlo glorificare dagli uomini; ha insegnato loro il modo di onorarlo con questa preghiera che si compiacque Egli stesso di dettare. Dobbiamo perciò recitarla spesso, con attenzione e nel medesimo spirito con cui Egli la compose.

Recitando devotamente questa divina preghiera noi compiamo tanti atti delle più nobili virtù cristiane quante sono le parole che pronunciamo.
Alle parole: Padre nostro che sei nei cieli, facciamo atti di fede, di adorazione, di umiltà. Desiderando che il suo nome sia santificato e glorificato, manifestiamo zelo ardente per la sua gloria. Chiedendogli il possesso del suo regno, facciamo un atto di speranza. Desiderando che il suo volere si compia sulla terra come in cielo, riveliamo uno spirito di perfetta obbedienza. Chiedendogli il pane di ogni giorno, pratichiamo la povertà di spirito ed il distacco dai beni della terra. Pregandolo di perdonare i nostri peccati, facciamo un atto di contrizione. Perdonando a coloro che ci hanno offeso, esercitiamo la misericordia nella più alta perfezione. Implorando l'aiuto nelle tentazioni, facciamo atti di umiltà, di prudenza e di fortezza. Aspettando che ci liberi dal male, pratichiamo la pazienza. Finalmente domandando tutte queste cose non soltanto per noi ma anche per il prossimo e per tutti i membri della Chiesa ci comportiamo da veri figli di Dio, lo imitiamo nella sua carità che abbraccia tutti gli uomini ed adempiamo al comanda-mento di amare il prossimo.

Detestiamo, poi, tutti i peccati e obbediamo a tutti i comandamenti di Dio, quando, nel recitare questa preghiera il cuore e la lingua sono concordi, e le nostre intenzioni rispondono al senso delle parole che andiamo ripetendo. Quando riflettiamo che Dio è in cielo, cioè infinitamente al di sopra di noi per la grandezza della sua maestà, proviamo sentimenti di profondo rispetto per la divina presenza e, presi da giusto timore, respingiamo l'orgoglio e ci abbassiamo fino al nulla.
Quando pronunciamo il nome del Padre, ci ricordiamo d'aver ricevuto da Dio la nostra esistenza per mezzo dei genitori e l'istruzione per mezzo dei maestri i quali tutti - genitori e maestri - quaggiù fanno le veci di Dio e di Lui sono immagini viventi; allora sentiamo anche l'obbligo di onorarli, o per meglio dire, di onorare Dio nelle loro persone e ci guardiamo bene dal disprezzarli e dal contristarli.
Ancora: quando desideriamo che il nome santo di Dio sia glorificato, siamo ben lontani dal profanarlo; quando consideriamo il Regno di Dio come nostra eredità, rinunciamo ad ogni attacco ai beni di questo mondo; quando chiediamo sinceramente per il prossimo gli stessi beni che desideriamo per noi stessi, rinunciamo all'odio, alle discordie e all'invidia. E quando domandiamo a Dio il pane quotidiano, detestiamo la golosità, la voluttà che si nutrono di abbondanza; quando imploriamo con sincerità il perdono di Dio così come noi perdoniamo a chi ci ha offesi, reprimiamo la nostra collera. le nostre vendette, rendiamo bene per male ed amiamo i nostri nemici; quando supplichiamo Dio di non lasciarci cadere nel peccato al momento della tentazione, diamo prova di fuggire la pigrizia, di cercare i mezzi per combattere i vizi e per salvarci. Infine, quando preghiamo Dio di liberarci dal male, temiamo la sua giustizia e siamo beati perché il timore di Dio è il principio della sapienza: il timore di Dio fa evitare il peccato.

Il saluto angelico è tanto sublime e nobile che il beato Alano della Rupe giudicò che nessuna creatura può capirlo: “Solo Gesù Cristo - asseriva - nato dalla Vergine Maria, è in grado di spiegarlo”.
Esso trae la sua eccellenza principalmente dalla Vergine santa alla quale fu rivolto, dallo scopo dell'Incarnazione del Verbo in vista della quale fu portato dal Cielo e dall'arcangelo Gabriele che primo lo pronunciò.
Il saluto angelico riassume nel modo più conciso tutta la teologia cristiana sulla Vergine santa. Ci sono una lode ed un'invocazione. La lode racchiude tutto ciò che costituisce la vera grandezza di Maria e l'invocazione tutto ciò che le dobbiamo chiedere e possiamo attendere dalla sua bontà a nostro riguardo.
La SS. Trinità ne rivelò la prima parte; santa Elisabetta, illuminata dallo Spirito Santo, vi aggiunse la seconda, e la Chiesa, nel primo Concilio di Efeso (a. 431) ne suggerì la conclusione dopo aver condannato l'errore di Nestorio e definito che la Vergine è vera Madre di Dio. Il Concilio stabilì che la Madonna venisse invocata sotto quel glorioso titolo con le parole: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte”.
La Vergine Maria è l'avventurata persona alla quale fu rivolto questo divino saluto per concludere l'affare più importante e più grande del mondo: l'Incarnazione del Verbo eterno, la pace fra Dio e gli uomini e la redenzione del genere umano. Ambasciatore di questo annuncio fu l'angelo Gabriele, uno dei più alti principi della corte celeste.
Il saluto angelico contiene la fede e la speranza dei patriarchi, dei profeti e degli apostoli. E' la costanza e la forza dei martiri, la scienza dei dottori, la perseveranza dei confessori e la vita dei religiosi (Beato Alano). E' il cantico nuovo della legge di grazia, la gioia degli angeli e degli uomini, il terrore e la confusione dei demoni.

Grazie al saluto angelico, Dio si fece uomo, una vergine divenne Madre di Dio, le anime dei giusti furono liberate dal limbo, le rovine del cielo vennero riparate ed i troni vuoti riempiti; il peccato fu perdonato, la grazia ci fu data, i malati sono guariti, i morti risuscitati, gli esiliati richiamati, la Trinità Santa fu placata e gli uomini ottennero la vita eterna. Insomma, il saluto angelico è l'arcobaleno, il segno della clemenza e della grazia da Dio concesse al mondo (B. Alano).
Quantunque nulla vi sia di più grande della Maestà di Dio, nulla di più abietto dell'uomo se considerato come peccatore, questa Suprema Maestà non disdegna i nostri omaggi e si tiene onorata quando noi cantiamo le sue lodi. E il saluto dell'Angelo è uno dei cantici più belli con cui noi possiamo glorificare l'Altissimo: “Ti canterò un canto nuovo”.
Questo canto nuovo che Davide predisse sarebbe stato cantato alla venuta del Messia, è appunto il saluto angelico.

C'è un cantico antico e c'è un cantico nuovo.
Il cantico antico è quello che gli Israeliti cantavano in riconoscenza per la creazione, per la conservazione, per la liberazione dalla schiavitù, per il passaggio del Mar Rosso, per la manna e per tutti gli altri favori del cielo.
Il cantico nuovo è quello che i cristiani cantano in ringraziamento per l'Incarnazione e per la Redenzione. Ora questi prodigi si compirono per mezzo del Saluto angelico; perciò noi ripetiamo questo medesimo saluto per ringraziare la SS. Trinità dei tanti e inestimabili suoi benefici. Lodiamo Dio Padre perché amò talmente il mondo da dargli il suo unico Figlio per salvarlo. Benediciamo Dio Figlio perché discese dal cielo sulla terra, si fece uomo e ci redense. Glorifichiamo Dio Spirito Santo perché formò nel seno della Vergine SS. quel corpo purissimo che fu la vittima dei nostri peccati. E' con tali sentimenti di riconoscenza che dobbiamo recitare il saluto angelico, facendo, cioè, atti di fede, di speranza, di amore, di ringraziamento per il beneficio della nostra salvezza.

E' vero che questo nuovo cantico si rivolge direttamente alla Madre di Dio e contiene elogi per lei, tuttavia esso è molto glorioso per la SS. Trinità, perché tutto l'onore che rendiamo alla Vergine ritorna a, Dio, causa di tutte le perfezioni e virtù di Lei. Dio Padre è glorificato perché onoriamo la più perfetta delle sue creature; Dio Figlio è glorificato perché lodiamo la purissima sua Madre; Dio Spirito Santo è glorificato perché ammiriamo le grazie di cui ha colmato la sua Sposa. Come un giorno la Santa Vergine, col suo bel cantico, il Magnificat, rimandò a Dio le lodi e le benedizioni datele dalla cugina Elisabetta per la sua eminente dignità di Madre del Signore, così oggi, ella rimanda prontamente al Signore gli elogi e le benedizioni che noi le diamo con il saluto angelico.
[48] Se il saluto angelico dà gloria alla SS. Trinità, esso è anche la lode più perfetta che noi possiamo rivolgere a Maria. Santa Matilde desiderava conoscere il modo migliore per testimoniare la tenerezza della sua devozione alla Madre di Dio. Un giorno, rapita in estasi vide la Vergine santissima che portava sul petto a caratteri d'oro le parole del saluto angelico. E le disse: “Sappi, figlia mia, che nessuno può onorarmi con un saluto più gradito di quello che l'adorabile Trinità mi rivolse per mezzo dell'Angelo e col quale mi elevò alla dignità di Madre di Dio. Con la parola Ave, che è il nome di Eva, appresi come Dio con la sua onnipotenza mi avesse preservata da ogni macchia di peccato e dalle miserie alle quali andò soggetta la prima donna. Il nome Maria, che significa Signora della luce, fa capire che Dio mi riempì di sapienza e di luce perché illuminassi, come astro lucente, il cielo e la terra. Le parole piena di grazia mi ricordano che lo Spirito Santo mi ricolmò talmente di grazie da poter renderne partecipi in abbondanza quanti le domandano per mia intercessione. Dicendomi: Il Signore è con te, si rinnova nel mio cuore l'ineffabile gioia che provai quando il Verbo eterno si incarnò nel mio seno. Quando odo le parole: tu sei benedetta fra tutte le donne, lodo la misericordia di Dio che mi elevò a così alto grado di felicità. Infine, alle parole: e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù, tutto il cielo si rallegra con me di vedere mio figlio Gesù adorato e glorificato per aver salvato A mondo”.

Fra le mirabili cose rivelate dalla Vergine Santa al beato Alano della Rupe - e noi sappiamo che questo grande devoto di Maria confermò sotto giuramento le rivelazioni avute - tre sono di maggior rilievo: la prima, che è segno probabile e prossimo di riprovazione eterna la negligenza, la tiepidezza e l'avversione per il saluto angelico che ha restaurato il mondo; la seconda, che i devoti di tale saluto divino dispongono di un grandissimo pegno di predestinazione; la terza che quanti hanno ricevuto da Dio la grazia di amare la Vergine Santa e di servirla con affetto, devono essere estremamente solleciti a continuare ad amarla e servirla finché suo Figlio per mezzo di Lei non li abbia fatti cittadini del cielo, nel grado di gloria proporzionato ai loro meriti.

Gli eretici, figli tutti del demonio che portano segni evidenti della loro riprovazione, hanno in orrore l'Ave Maria. Imparano, magari, il Pater, ma l'Ave Maria no: preferirebbero portare sopra di sé un serpe piuttosto che la corona o un rosario. Anche fra i cattolici coloro che purtroppo recano il marchio della riprovazione non si curano della corona e del Rosario, ne trascurano la recita oppure lo dicono con tiepidezza e in fretta.

Quand'anche non prestassi fede alcuna alle rivelazioni fatte al beato Alano, basterebbe la mia personale esperienza per convincermi di questa terribile e pur consolante verità. lo non so, e nemmeno vedo chiaramente come avvenga, che una devozione di così poco valore in apparenza, possa essere segno infallibile di eterna salvezza e il non averla sia segno di riprovazione. Tuttavia, nulla di più vero: vediamo, invero, i seguaci delle nuove dottrine condannate nel nostri tempi dalla Chiesa, trascurare assai, nonostante l'apparente loro grande pietà, la devozione al Rosario e adoperarsi con i più speciosi pretesti a levarla dalla mente e dal cuore delle persone che li avvicinano. Certo, essi si guardano bene dal condannare apertamente, come usano i Calvinisti, la corona, il Rosario, lo scapolare, ma il loro modo di procedere per riuscire nell'intento è tanto più dannoso quanto è più scaltro. Ne parleremo in seguito.

La mia Ave Maria, il mio Rosario o la mia corona è la mia preghiera preferita, è la mia pietra di paragone sicura per distinguere quelli che sono condotti dallo spirito di Dio da quelli che sono nell'illusione dello spirito maligno. Ho conosciuto anime che sembrava volassero come aquile fino alle nubi con la loro sublime contemplazione, ed erano, invece, disgraziatamente ingannate dal demonio; ed ho potuto scoprire la loro illusione soltanto con l'Ave Maria ed il Rosario che essi rigettavano come non meritevoli della loro stima.

L'Ave Maria è una rugiada celeste e divina che cadendo nell'anima di un predestinato, le comunica una fecondità meravigliosa per produrre ogni sorta di virtù. E più l'anima è irrigata da questa preghiera, più diviene illuminata nello spirito, infiammata nel cuore e fortificata contro ogni suo nemico.
L'Ave Maria è una freccia penetrante ed infocata: se un predicatore la fa precedere alla parola di Dio che annuncia, acquista la forza di trafiggere, commuovere e convertire i cuori più induriti, anche se egli non sia dotato di molti talenti naturali per la predicazione. Fu questa la saetta segreta che la Vergine santa - come ho già detto - suggerì a san Domenico e al beato Alano come la più efficace per convertire gli eretici e i peccatori. Da qui è nata l'abitudine di chi predica - l'afferma sant'Antonio - di recitare un'Ave Maria all'inizio del discorso.

Questo divino saluto attira su di noi una copiosa benedizione di Gesù e di Maria: è infallibilmente certo, infatti, che Gesù e Maria ricompensano in modo magnifico chi li glorifica; essi ricambiano al centuplo le benedizioni ricevute. “Io amo coloro che mi amano... per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro forzieri”. E' quanto ci dicono apertamente Gesù e Maria: “Amiamo quelli che ci amano, li arricchiamo e colmiamo i loro scrigni”. “Chi Semina con larghezza, con larghezza raccoglierà”
Orbene, recitare devotamente il Saluto angelico non è forse amare, benedire e glorificare Gesù e Maria?

In ogni Ave Maria rivolgiamo una benedizione a Gesù e una a Maria: “Tu sei benedetta fra tutte le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù!” Inoltre con ogni Ave Maria rendiamo a Maria lo stesso onore che Dio le rese salutandola per bocca dell'Arcangelo. Ora, chi potrebbe pensare che Gesù e Maria, i quali tante volte fanno del bene a chi li maledice, rispondano con maledizioni a quelli e quelle che li benedicono ed onorano con l'Ave Maria? Sarebbe, forse, la Regina del cielo - si chiedono san Bernardo e san Bonaventura - meno riconoscente, meno giusta delle persone autorevoli ed educate di questo mondo? Tutt'altro: ella le supera anzi in questa virtù come in tutte le altre perfezioni; perciò non consentirà mai che noi l'onoriamo con rispetto e che ella non ci renda in centuplo. “Maria - soggiunge san Bonaventura - ci saluta con la grazia se noi la salutiamo con l'Ave Maria” (Psalterium, Lect. 4).

Ed allora, chi mai potrà farsi un'idea delle grazie e benedizioni che il saluto e lo sguardo benigno di Maria attirano su di noi?
Nel momento stesso in cui intese il saluto rivoltole dalla Madre di Dio, santa Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo ed il bambino che portava in seno trasalì di gioia. Se ci rendiamo degni del saluto e delle benedizioni scambievoli della Vergine Santa, noi pure, senza dubbio saremo riempiti di grazia e un torrente di consolazioni spirituali si riverserà nell'anima nostra.
Un giorno Nostro Signore apparve a santa Geltrude. Vedendolo contare monete d'oro, la santa osò chiedergli che stesse conteggiando: “Conto - rispose Gesù - le tue Ave Maria; è questa la moneta con cui si acquista il mio paradiso”.

Il pio e dotto Suarez, della Compagnia di Gesù, stimava talmente il saluto angelico che soleva dire: “Darci volentieri tutta la mia scienza per il valore di un'Ave Maria ben detta”.
Il beato Alano così si rivolge alla Vergine: “Colui che ti ama, o divina Maria, ascolti e si rallegri: il cielo è nell'esultanza, la terra nell'ammirazione ogni volta che io dico: Ave Maria; ho in orrore il mondo, l'amore di Dio regna nel mio cuore quando io dico: Ave Maria; i miei timori svaniscono, le mie passioni si spengono quando dico: Ave Maria; cresco nella devozione, trovo la compunzione quando dico: Ave Maria; si conferma la mia speranza, la mia consolazione aumenta quando dico: Ave Maria; si allieta il mio spirito, scompare la mia tristezza quando dico: Ave Maria. E' tanto grande la dolcezza di questo amabile saluto, che parola d'uomo non riesce ad esprimerla, e dopo averne detto meraviglie, essa rimane così nascosta e impenetrabile che sfugge ad ogni indagine. E' breve nelle parole ma grande nei misteri! E', più dolce del miele, più preziosa dell'oro. Bisogna averla di continuo nel cuore per meditarla, in bocca per dirla e ripeterla devotamente”.
Lo stesso beato Alano della Rupe riferisce, nel capitolo 690 del suo Salterio, che una religiosa devotissima del Rosario apparve dopo morte a una consorella e le disse: “Se potessi tornare in vita per dire una sola Ave Maria, anche senza molto fervore, soffrirei volentieri di nuovo tutti i violenti dolori sofferti prima di morire, pur di avere il merito di questa preghiera!”. Si noti ch'ella aveva sofferto atrocemente per anni e anni.
Michele de Lisle, vescovo di Saluzzo, discepolo e collega del beato Alano della Rupe nel ripristinare la pratica del santo Rosario, afferma che il Saluto angelico, devotamente recitato in onore della Vergine Santa, è il rimedio di ogni male che ci potrebbe affliggere.

Breve spiegazione dell'Ave Maria

Ti trovi nell'infelice condizione di chi è in peccato? Invoca la divina Maria; dille: Ave, che vuol dire: io ti saluto con profondissimo rispetto, o tu che sei senza peccato e senza miserie! Ella ti libererà dalla disgrazia dei tuoi peccati.
Sei nelle tenebre dell'ignoranza o dell'errore? Rivolgiti a Maria e dille: Ave Maria, che vuol dire: illuminata dai raggi del sole di giustizia. Ella ti farà partecipe dei suoi lumi.
Sei smarrito? fuori della via del cielo? Ricorri a Maria che vuol dire: Stella del mare, stella polare, guida della nostra navigazione in questo mondo ed Ella ti condurrà al porto dell'eterna salvezza.
Sei nell'afflizione? Supplica Maria. Maria vuol dire: mare amaro, colmo di amarezza quand'era in questo mondo e che attualmente, in cielo, è diventato mare di pura dolcezza. Ella convertirà la tua tristezza in gioia e le tue afflizioni in consolazioni.

Hai forse perduto la grazia? Onora l'abbondanza delle grazie di cui Dio riempì la Vergine Santa e di' a Maria: Piena di grazia! e dei doni tutti dello Spirito Santo. Ed Ella te ne farà parte.
Ti senti solo, come abbandonato da Dio? Rivolgiti a Maria e dille: Il Signore è con Te più degnamente e più intimamente che nei giusti e nei santi, poiché tu sei quasi una cosa sola con Lui. Egli, infatti, è tuo Figlio, la sua carne è carne tua. E poiché gli sei Madre, tu hai una perfetta rassomiglianza col Signore ed un reciproco amore. Dille ancora: La SS. Trinità è tutta con te, essendone Tu il tempio prezioso. Ella ti rimetterà sotto la protezione e la custodia del Signore.
Sei forse diventato l'oggetto delle divine maledizioni? Di' a Maria: Benedetta sei tu più di tutte le donne e da tutte le nazioni a causa della tua purezza e fecondità: grazie a Te la maledizione divina fu cambiata in benedizione. Ed Ella ti benedirà.

Hai, forse, fame del pane di grazia, del pane della vita? Avvicinati a Lei che portò il pane vivo disceso dal Cielo; e dille: Benedetto il frutto del tuo seno, Gesù, che tu concepisti restando Vergine, portasti senza fatica e desti alla luce senza alcun dolore. Benedetto Gesù che riscattò il mondo schiavo, guarì il mondo ammalato, risuscitò l'uomo morto, ricondusse in patria l'uomo esiliato, giustificò l'uomo colpevole, salvò l'uomo perduto. Senza dubbio l'anima tua sarà saziata del pane della grazia in questa vita e della gloria eterna nell'altra. Amen.

Concludi la tua preghiera con la Chiesa dicendo: Santa Maria, santa nel corpo e nell'anima, santa per la tua singolare ed eterna dedizione al servizio di Dio, santa perché Madre di Dio che ti dotò di una santità eminente quale conviene a tale infinita dignità.
Madre di Dio, che sei anche Madre nostra e nostra Avvocata e Mediatrice, Tesoriera e Dispensatrice delle grazie di Dio, procuraci prontamente il perdono dei nostri peccati e la riconciliazione con la Divina Maestà.
Prega per noi, peccatori, tu che hai tanta compassione per i miseri, tu che non disprezzi né respingi i peccatori, senza dei quali tu non saresti la Madre del Salvatore! Prega per noi, ora, durante questa breve, caduca e misera vita; adesso, perché di sicuro abbiamo solo il momento presente; adesso, perché giorno e notte siamo attorniati e assaliti da nemici potenti e crudeli.
E nell'ora della nostra morte, così terribile e pericolosa, quando le nostre forze saranno esaurite, quando il nostro spirito e il corpo saranno affranti dal dolore e dal timore; nell'ora della nostra morte, quando Satana raddoppierà gli sforzi a fine di rovinarci per sempre; l'ora in cui si deciderà la nostra sorte per tutta l'eternità, felice o infelice. Oh, vieni allora in aiuto ai tuoi poveri figli, Madre pietosa, avvocata e rifugio dei peccatori. Allontana da noi, in quell'ora, i demoni, nostri accusatori e nostri nemici, il cui aspetto terribile ci incuterà spavento; vieni ad illuminarci nelle tenebre della morte. Guidaci al tribunale del nostro Giudice che è anche tuo Figlio, e intercedi per noi affinché ci perdoni e ci accolga fra i suoi eletti nel soggiorno della gloria eterna. Amen. Così sia.

Chi non ammirerà l'eccellenza del Rosario composto di queste due parti: l'Orazione domenicale ed il Saluto angelico? Esiste, forse, preghiera più gradita a Dio e alla Vergine santa? più facile, più soave, più salutare per gli uomini? Teniamo continuamente nel cuore e sulle labbra quelle preghiere per onorare la SS. Trinità, Cristo Gesù nostro Salvatore e la santissima sua Madre.
Al termine di ogni posta sarà bene aggiungere il Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.


San Luigi Maria Grignion da Montfort 


Nessun commento:

Posta un commento