martedì 17 marzo 2015

Che senso dare alla Liturgia Eucaristica o santa Messa?


Messa nell'abbazia tradizionale del Barroux. 


da Traditio Liturgica (15 marzo 2015)

Si noti il crocefisso d'ispirazione romanica.
Spesso, scorrendo il web, capita di osservare non poche imprecisioni sul modo in cui viene valutata la liturgia cristiana e questo pure in chi dichiara d'avere una sensibilità tradizionale. La liturgia eucaristica, comunemente definita con il termine latino di "messa", risente più di tutto di queste imprecisioni, in parte ereditate dalla storia.

I siti tradizionalisti cattolici partono dall'idea tutt'altro che scontata che, nel periodo postridentino, si raggiunse l'apogeo dell'ortodossia e che quel periodo, dunque, dev'essere assolutamente recuperato così come stava anche al giorno d'oggi.

Nel campo cattolico opposto, troviamo i cosiddetti "novatores", ossia i promotori delle innovazioni (liturgiche ma anche ecclesiastiche in senso ampio) i quali odiano visceralmente il periodo tridentino e tutte le sue manifestazioni. Il vice-rettore di un seminario friulano, anni fa, non aveva problemi ad esternare questa sua antipatia insegnando ai suoi sottoposti che il santo controriformistico Pio V è, in realtà, un santo per modo di dire.

Il campo cattolico è così diviso che se uno studioso tenta di portare altre idee o verrà qualificato come "protestante" dai conservatori e tridentini o verrà qualificato come "tridentino" dai progressisti.

In realtà, questa è una malattia degli animi che, lungi dall'attenuarsi, si sta esacerbando sempre più con il rischio, oramai non più così lontano, di spaccare il Cattolicesimo in due differenti confessioni. I tentativi di Benedetto XVI di porre pace tra le due fazioni è, infatti, chiaramente fallito.

La realtà, come al solito, è molto più complessa e rifugge dagli schematismi dicotomici con cui le menti grossolane vorrebbero sintetizzarla.

Farò un breve excursus sulla Messa e su come essa è valutata, per qualche suo aspetto che risulta essere alquanto interessante. Dato lo stile del blog mi limiterò a procedere per brevi flash. Gli approfondimenti li lascio ad altre sedi.

La liturgia eucaristica è stata oggetto lungo i secoli di molti commentari, di catechesi e di trattati teologici. In tutte queste opere si possono ritrovare dei tratti comuni ma anche accentuazioni particolari, proprie a questo o quell'autore.

La Madonna dalle sette spade (o dai sette dolori); 
un non senso dal punto di vista bizantino che però
è penetrato nell'ortodossia slava.

Quello che determina un nuovo ambiente e di cui è assolutamente importante tenere conto è un nuovo fatto che marcherà in modo profondo tutti i secoli a venire nell'Occidente cristiano: la devozione alle sofferenze di Cristo. Questo tipo di devozione compare per la prima volta in Bernardo di Chiaravalle ma diviene popolare solo a partire da Francesco d'Assisi. Esso coinvolgerà la mentalità e la cultura. In ambito prettamente artistico, la rappresentazione della crocefissione assumerà sempre più gli aspetti di un profondo dramma. In epoca romanica, al contrario, Cristo in croce è rappresentato come il Cristo Re (regnavit a ligno Deus), che, avendo già sconfitto la morte, riposa palcidamente sul legno sul quale è stato appeso.
Quest'ultima è una prospettiva che riscontriamo sia iconograficamente sia letterariamente nel mondo bizantino: i canti del sabato santo con cui si piange la morte e la deposizione di Cristo (Engòmia) non s'intrattengono affatto sui patimenti e sulle piaghe del Cristo morto e, anzi!, sono diverse volte illuminati dalla luce della prossima resurrezione.

Questa nuova sensibilità che definiremo propriamente "doloristica" (1) fa da spartiacque e influenza inevitabilmente anche il modo in cui ci si accosta alla Messa.

Bisogna precisare che, precedentemente, i commentatori ecclesiastici sia occidentali che orientali riferiscono alla Messa il concetto di sacrificio e di morte salvifica, come si farà poi, ma senza quell'accentuazione e quell'esclusività che caratterizza, ad esempio, il periodo barocco.

Isidoro di Siviglia (VI sec.), parlando della liturgia eucaristica, dice chiaramente che in essa ci si riferisce al sacrificio sulla croce di Cristo ma aggiunge che essa è la partecipazione alla cena del Signore del Giovedì santo. Gli autori bizantini – ad esempio san Massimo il Confessore (VII sec.) – pongono sullo stesso piano sia il sacrificio di Cristo redentore che gli eventi successivi e inalienabili da esso: la resurrezione e l'effusione dello Spirito santo. Soprattutto la prospettiva orientale (che, lo ribadiamo, appartiene a tutti gli effetti alla Chiesa e non è una prospettiva esotica o marginale) vede nella Messa la sintesi di tutta la storia della salvezza. Questa visione olistica è tipica della mentalità bizantina, mentre l'Occidente ha sempre dimostrato d'avere una mentalità più frammentaria.

Infatti, la stessa istituzione della festa della Trinità, non ha senso in Oriente dove, per quanto si siano tenute le discussioni teologiche trinitarie, la liturgia rappresenta sempre e costantemente una celebrazione trinitaria. In Occidente, al contrario, si sente il bisogno di ricordarlo e questo indica effettivamente un modo differente di procedere nel considerare la fede cristiana.

È forse questa mentalità più frammentaria e meno olistica che alla fine ha determinato la polarizzazione su alcuni elementi della fede a scapito di altri. Lo notiamo nel cammino storico della liturgia occidentale.

La liturgia latina del XV secolo conosce le interpretazioni allegoriche. Spesso anche ogni elemento architettonico della chiesa assume una valenza doloristica: ad es. l'altare ha tre gradini perché ogni gradino di esso ricorda le cadute di Cristo lungo la via dolorosa del Calvario.
La fioritura allegorica giunse ad avere una grande espansione immaginifica (se non proprio fantasiosa) fino al momento in cui, nel XVI secolo, Martin Lutero, finì per buttar via il cosiddetto "bambino con l'acqua sporca": la liturgia luterana non è più il sacrificio di Cristo ma la semplice sua cena e il tempio dev'essere spogliato da ogni elemento che d'ora in poi sarà visto contrario al puro vangelo.

Ciò che con Isidoro doveva rimanere indissociabile viene dissociato.
In ambito cattolico, per reazione, si rifiutò il significato di Cena e si rimarcò in modo pesante il significato di sacrificio: la messa è il rinnovarsi dello stesso sacrificio con cui Cristo è morto in croce per il bene di tutta la Chiesa. In quest'ultima visione gli altri elementi della storia salvifica (la Resurrezione e la Pentecoste) vanno immediatamente in secondo piano e paiono sfuggire alla pia attenzione del fedele, tutto preso a partecipare meglio che può al sacrificio eucaristico.

A questo fedele è dunque richiesto di unire al sacrificio eucaristico i propri sacrifici. Qui non è solo una visione pia e modesta che s'impone ma una visione sempre più penitente e umbratile, la tipica visione che fa da sfondo alla maggioranza dei quadri barocchi in cui vivide tinte si stagliano da sfondi tenebrosi.

Sì, bisogna confessare onestamente che siamo davanti ad un eccesso e ad una polarizzazione che potrebbe, in alcuni casi, avere qualcosa di nevrotico. Qualche post fa, infatti, ho commentato un quadro che rappresenta la prima comunione di alcune comunicande ottocentesche che infonde una certa impressione per il suo enorme impatto psicologico, segno di una religiosità vissuta con grande emotività.

La modestia e il rispetto del sacro, in questo contesto, sembrano non tollerare la serena fiducia nel fatto che Cristo ha vinto la morte e che con la sua resurrezione ha illuminato già da ora la nostra storia umana. Qui, al contrario, pare imporsi un certo pessimismo antropologico di tipo agostiniano.

Come ogni eccesso, anche questo o prima o poi doveva generare il suo opposto: la riforma liturgica cattolica dopo il Concilio Vaticano II ha voluto sottolineare che la Messa è una festa domenicale, non un momento di musoneria o di penitenza. La conseguenza è stata quella di rifiutare anche il più elementare senso di sacro, che fino ad allora era visto con paura e soggezione.

Queste brevi analisi ci suggeriscono che un semplice recupero delle cose "come stavano" non è garante di un successo e di un equilibrio nel dominio della liturgia occidentale. Si tratta di fare un processo di recupero a livello profondo, con una mentalità olistica, una pietà equilibrata e un profondo senso di sacro al quale non si associ il terrorismo spirituale di chi predica la sottomissione sotto pena di scomuniche e peccato mortale (2). È un cammino lungo che, semmai verrà intrapreso, potrà aver successo molto tempo dopo la nostra stessa morte. Speriamo che i nostri discendenti ne possano trarre giovamento!

_______________________


(1) La devozione alle sofferenze di Cristo determina anche un fenomeno parallelo a quello con cui si considera la Messa prima di tutto e soprattutto come rinnovamento del Sacrificio di Cristo: il fenomeno degli stigmatizzati. È interessante notare che prima di san Francesco, dunque prima della svolta culturale sopra accennata, in Occidente non è mai esistito alcun santo stigmatizzato né mai è esistito in Oriente. Questo fa fortemente pensare che questo genere di devozione abbia un risvolto psicologistico di non poco conto sul quale è bene riflettere.
La devozione ai dolori ben presto ha coinvolto pure la Madre di Dio nella famosa iconografia della Vergine con il cuore trapassato da sette spade. Quest'iconografia si spiega bene in ambito latino, in cui si ha esasperato l'attenzione al dolore, ma non si spiega affatto in ambito bizantino e ortodosso in cui questa esasperazione non è mai esistita e non ha senso. Ciononostante nel mondo slavo sono entrate le "Icone della Vergine dai sette dolori" su evidente influenza pietistica occidentale.



(2) Devo purtroppo constatare che certe chiese ortodosse slave, essendo state influenzate dal pietismo occidentale gesuita in epoca barocca, tendono ancor oggi ad avere un atteggiamento impositivo e moralmente ricattatorio. Si tratta, pastoralmente parlando, di un atteggiamento quanto mai fallimentare, soprattutto, nel nostro mondo occidentale. Mi è stato raccontato il fatto di un signore che fu severamente rampognato per essersi comunicato perché, ad un certo momento a causa di un riflesso condizionato da lui non voluto ha iniziato a tossire. Fu sgridato severamente: non doveva comunicarsi in quanto malato poiché se avesse sputato un frammento di eucarestia avrebbe fatto un pesante peccato mortale. A parte il fatto che questo problema non era certamente voluto, quindi non ci sarebbe stata alcuna "colpa" morale, a questo punto gli ortodossi non dovrebbero neppure comunicare i bambini piccoli che spesso, nel momento di assumere l'eucarestia dal cucchiaio, fanno i capricci e possono iniziare a sputarla. Si tratta, come abbiamo osservato, di un'esagerazione pietistica con annesso terrorismo spirituale. Ora, queste mentalità rigide incapaci di osservare i casi umani non appartengono assolutamente al mondo bizantino, nonostante certe chiese ortodosse se ne sentano eredi, ma al pietismo barocco occidentale che ha influenzato, dove poteva, anche l'Oriente permanendo ancor oggi. Nei casi estremi si tratta né più né meno che di atteggiamenti settari.




Nessun commento:

Posta un commento