domenica 7 settembre 2014

IL “CASO D’ESCOTO” E DINTORNI. CHI VUOLE SPAZZAR VIA L’OPERA DI GIOVANNI PAOLO II E DI BENEDETTO XVI


Miguel d'Escoto Brockmann


Antonio Socci

Nell’epoca Bergoglio, il Vaticano ha praticamente riabilitato la Teologia della liberazione che, nata negli anni Sessanta, molti disastri ha combinato, soprattutto in America latina, per aver alimentato la subalternità della Chiesa al pensiero marxista.
Nei mesi scorsi ci sono stati eventi clamorosi, come  lo “sbarco” trionfale in Vaticano di Gustavo Gutierrez, “padre” della Tdl. Un anno fa “L’Osservatore romano” pubblicò ampi stralci di un suo libro che celebrava le sue invettive contro il neoliberismo.
Questa estate è arrivato un altro gesto altamente simbolico, passato quasi inosservato, che riguarda Miguel d’Escoto Brockmann.

PROFONDO ROSSO

D’Escoto era il figlio dell’ambasciatore del Nicaragua negli Stati Uniti. Ordinato prete nel 1961 si coinvolse nella Tdl e nell’ottobre 1977 si pronunciò pubblicamente a favore del Fronte Sandinista, un gruppo rivoluzionario d’ispirazione marxista che nel 1979 prese il potere in Nicaragua.
D’Escoto fu ministro degli Esteri nel governo sandinista dal 1979 al 1990. Nello stesso governo-regime il gesuita Fernando Cardenal fu ministro dell’educazione e suo fratello Ernesto fu ministro della cultura.
Giovanni Paolo II bocciò duramente il coinvolgimento dei tre religiosi nel governo sandinista.
Già subito dopo la sua elezione papa Wojtyla aveva tuonato contro la Tdl. Nel suo viaggio in Messico del 1979 affermò: “la concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della Chiesa”.
Nel 1983 Giovanni Paolo II andò in visita pastorale proprio in Nicaragua dove già all’aeroporto rimproverò pubblicamente padre Ernesto Cardenal per il suo coinvolgimento nel governo.
Il fatto fece scalpore e il regime sandinista organizzò una contestazione pubblica del papa durante la celebrazione della messa.
Ma papa Wojtyla non era tipo da farsi intimidire e, dall’altare, urlò più dei contestatori sollevando il alto il crocifisso, come l’unico vero Re dell’universo.
Nonostante il richiamo pubblico i tre religiosi risposero picche e D’Escoto nel 1984 fu sospeso a divinis con gli altri.
Il governo sandinista cadde nel 1990, ma D’Escoto continuò a far politica. Nel 2008 addirittura lo ritroviamo a presiedere la sessione annuale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite
Eletto Bergoglio, D’Escoto fiuta l’aria e scrive al nuovo papa chiedendo il ritiro della sospensione “a divinis” per poter tornare a celebrare la messa.
Richiesta subito accolta.
Il 1° agosto di quest’anno Bergoglio firma la revoca. Perché “sono mutate le epoche, i contesti e soprattutto è cambiato lui”, spiegavano in Curia il 4 agosto 2014. D’Escoto – a loro dire – “ha capito di aver sbagliato e il Pontefice ha compreso la sincerità del ravvedimento”.
Infatti l’indomani, 5 agosto, “La Prensa” di Managua riporta alcune bombastiche dichiarazioni rese in quelle ore dallo stesso D’Escoto alla tv governativa Canal 4.
Titolo dell’articolo: “D’Escoto: Fidel Castro è eletto da Dio”. Il religioso ed ex ministro, appena riammesso alla celebrazione eucaristica da Bergoglio, ha affermato: “Il Vaticano può mettere a tacere tutto il mondo, (ma) allora Dio farà in modo che le pietre parlino e che trasmettano il Suo messaggio. Tuttavia (Dio) non ha fatto questo, ha scelto il più grande latinoamericano di quasi tutti i tempi: Fidel Castro”.
D’Escoto che – dice “La Prensa” – è “attuale consigliere per gli affari di frontiera e per le relazioni internazionali del Governo, del presidente del Nicaragua, il sandinista Daniel Ortega” (ma non aveva abbandonato la politica?), ha anche aggiunto: “E’ attraverso Fidel Castro che lo Spirito Santo ci trasmette il messaggio, questo messaggio di Gesù sulla necessità di lottare per stabilire con forza e in maniera irreversibile il Regno di Dio in terra, che è la Sua alternativa al potere”.
Dopo questa esaltazione teologica del tiranno di Cuba, che opprime da decenni un intero popolo con la dittatura comunista, D’Escoto si è rallegrato per il provvedimento di revoca della sospensione da parte di papa Francesco.

ANNIENTARE I BUONI

Il guanto di velluto usato da Bergoglio verso il potente e famoso “compagno” D’Escoto contrasta col pugno di ferro che ha usato per colpire un bravo e umile religioso dalla vita santa, padre Stefano Manelli, figlio spirituale di padre Pio e fondatore dei Francescani dell’Immacolata.
Anche padre Manelli aveva scritto al papa, ma la sua lettera non è stata nemmeno presa in considerazione.
La sua famiglia religiosa, ortodossa, disciplinata e piena di vocazioni è stata annientata per volere di Bergoglio, in quanto applicava il motu proprio di Benedetto XVI sulla liturgia. Ed era troppo ortodossa.
Padre Manelli non ha mai disobbedito alla Chiesa, mai ha deviato dalla retta dottrina, mai si è buttato in politica come D’Escoto e mai ha esaltato dei tiranni comunisti. Così è stato duramente punito.
E non a caso a firmare il provvedimento punitivo è stato il cardinale Braz de Aviz, prefetto della Congregazione vaticana di competenza.
Questo cardinale brasiliano, guarda caso, viene proprio – lui stesso – dalla Teologia della liberazione e nelle interviste che ha rilasciato, a proposito della Tdl, ha dichiarato essa è non solo “utile”, ma addirittura “necessaria”.
Ha aggiunto: “rimango convinto che in quella vicenda è passato comunque qualcosa di grande per tutta la Chiesa”.
Sì, un grande disastro. Ma certi “compagni” in rosso porpora oggi stanno ai vertici in Vaticano e puniscono coloro che sono stati sempre fedeli alla Chiesa.
Il cardinale Braz de Aviz in quell’intervista ha allegramente snobbato le memorabili condanne della Tdl firmate da Joseph Ratzinger (e Giovanni Paolo II) con la “Libertatis Nuntius” (1984) e la “Libertatis Conscientia” (1986).
Ormai si sentono i trionfatori: Wojtyla è morto e  ritengono che Ratzinger abbia perso.

I DUE GRANDI

Proprio Benedetto XVI, di recente, ricordando Giovanni Paolo II, ha scritto:
“La prima grande sfida che affrontammo fu la Teologia della liberazione che si stava diffondendo in America latina. Sia in Europa che in America del Nord era opinione comune che si trattasse di un sostegno ai poveri e dunque di una causa che si doveva approvare senz’altro. Ma era un errore. La fede cristiana veniva usata come motore per questo movimento rivoluzionario, trasformandola così in una forza di tipo politico (…). A una simile falsificazione della fede cristiana bisognava opporsi anche proprio per  amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro”.  

Nel 2013 uno dei fondatori della Tdl, Clodoveo Boff (fratello dell’altro Boff), uno dei pochi che ha veramente capito la lezione (non così D’Escoto), ha dato ragione a Ratzinger per quello che (a nome di papa Wojtyla) fece trent’anni fa:

“Egli ha difeso il progetto essenziale della teologia della liberazione: l’impegno per i poveri a causa della fede. Allo stesso tempo, ha criticato l’influenza marxista. La Chiesa” osservava Clodoveo Boff “non può avviare negoziati per quanto riguarda l’essenza della fede: non è come la società civile dove la gente può dire quello che vuole. Siamo legati ad una fede e se qualcuno professa una fede diversa si autoesclude dalla Chiesa. Fin dall’inizio ha avuto chiara l’importanza di mettere Cristo come il fondamento di tutta la teologia (…). Nel discorso egemonico della teologia della liberazione ho avvertito che la fede in Cristo appariva solo in background. Il ‘cristianesimo anonimo’ di Karl Rahner era una grande scusa per trascurare Cristo, la preghiera, i sacramenti e la missione, concentrandosi sulla trasformazione delle strutture sociali”.

Oggi, nell’epoca Bergoglio, si torna indietro proprio a Rahner, a quella filosofia che già tanti danni ha fatto fra i gesuiti e nella Chiesa. E in questo vuoto abissale i cattolici tornano ad essere sballottati qua e là “da ogni vento di dottrina”.
Subalterni ad ogni ideologia e inquinati da qualunque eresia. Una grande tenebra avvolge Roma.



Da “Libero”, 7 settembre 2014

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