domenica 8 giugno 2014

A Berlino il primo centro multireligioso del mondo





Continue, disinvolte e raggelanti dichiarazioni pro ecumenismo dei cattolici adulti, forse la stessa Aula Nervi o Assisi sono divenuti "spazi religiosi", "non luoghi" affollati da monadi oranti che pregano tutte insieme, ma ognuna per conto suo. Basta che sorridano. Luoghi per persone indifferenti - anzi, tolleranti - le une verso le altre, attenuino fino a far sparire la propria storia cristiana, fino a divenire, esse stesse, moneta circolante, bestiame indifeso pasciuto dagli interessati burocrati e dai loro epigoni e mentori. Gli "spazi religiosi" sono il modo migliore per arrivare a questo. 



di Massimo Micaletti  (dal Corriere della Sera)

È stato scritto che un aeroporto è il "non luogo" per definizione: persone dalle provenienze e dalle culture più disparate che transitano in un'area per recarsi altrove. Le loro identità, le loro fedi non toccano quel luogo: esso è a loro indifferente, ed esse sono indifferenti al luogo, non lo cambiano. Ed ecco infatti che negli aeroporti nascono gli "spazi religiosi" o le "aree spirituali": stanze arredate con banchi, luce accennata, per il raccoglimento ma senza simboli religiosi. Perché uno spazio religioso non può essere di tutti, allora che sia di nessuno.
La stessa cosa accade ora a Berlino, città ombelico del Ventesimo Secolo e che si troverà ad avere il suo "spazio religioso", alla stregua di un "non luogo" qualunque.

Questo fenomeno non è solo un attacco frontale alla Fede di Cristo, che viene annullata: equiparare infatti il Vangelo alle credenze di altre culture significa cancellarne la reale natura di Parola di Dio. Non è solo questo, dicevo. Non è neanche "solo" il trionfo del sentimento religioso sulla religione, sulla Vera Religione: l'idea che per rivolgersi a Dio bastino un luogo conciliante, una forma più o meno avanzata di raccoglimento ed un nome da dare all'entità che si prega. Non è neanche soltanto questo il punto.
Il punto è che i "centri multireligiosi" sono le cariche al plastico contro i pilastri della storia europea. Nell'annientare l'identità cristiana del nostro Continente, il fine è esattamente quello di trasformarlo in un "non luogo", un'area ove persone indifferenti - anzi, tolleranti - le une verso le altre, attenuino fino a far sparire la propria storia cristiana, fino a divenire, esse stesse, moneta circolante, bestiame indifeso pasciuto dagli interessati burocrati e dai loro epigoni e mentori. Gli "spazi religiosi" sono il modo migliore per arrivare a questo.

Quando quella stessa brodaglia culturale percolata dall'Illuminismo ottenne la cancellazione delle "radici cristiane" dalla fondazione dell'Unione Europea, alcuni dissero che era un affronto al vero ed alla storia: era invece piuttosto un programma, una dichiarazione di intenti. Se l'Europa aveva radici cristiane, ebbene l'Unione Europea - la Terza Europa - quelle radici non le avrebbe avute. Coerentemente con questo progetto, ecco dunque gli strumenti di distruzione di quella potenza così pericolosa, il Cristianesimo, che incessantemente ricorda a ciascuno il proprio immenso valore di figlio di Dio, ed i propri limiti di creatura mortale. Per questa potenza, ogni posto è un luogo, ovunque è possibile tracciare un segno di Croce: è difficile da debellare, così va attaccata non solo conculcandone i fedeli, ma anche e soprattutto distorcendone e diluendone la vista, perdendola negli "spazi religiosi", dove tutti possono essere tutto e non sono dunque nulla. A riprova, i "centri multireligiosi" sono "case dell'umanità": una Chiesa, invece, è la Casa di Dio".

Il sogno di un'Europa come un immenso "non luogo" popolato da monadi consumanti trova dunque in questi fenomeni un potente mezzo di realizzazione, alimentato anche dalle continue, disinvolte e raggelanti dichiarazioni pro ecumenismo di esponenti di maggiore o minore rilievo della Chiesa cattolica, tanto che talvolta viene da pensare che la stessa Aula Nervi o Assisi siano divenuti "spazi religiosi", "non luoghi" affollati da monadi oranti che pregano tutte insieme, ma ognuna per conto suo. Basta che sorridano.










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