sabato 24 maggio 2014

Quando le culle sono vuote. L’inverno demografico origine della crisi culturale ed economica dell’Europa






di Renzo Puccetti

“Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!”

Questo brano del capitolo 7 del Vangelo di Matteo ci aiuta a ricordare che la via del bene, del vero, del bello non è ampia, spaziosa e comoda. Sempre, ma in alcune circostanze come questa di cui stiamo parlando in modo specialissimo, sembra che  a portata di mano ci siano per i problemi e le difficoltà delle soluzioni semplici, comode, apparentemente razionali, promettenti grandi benefici. Sono soluzioni che indirettamente fanno apparire eccessivamente rigidi, un po’ ottusi quanti ci hanno preceduto. Ci viene chiesto semplicemente il coraggio di diventare adulti, di decidere in piena autonomia senza il peso opprimente della voce dei padri. È proprio in circostanze come queste che la verità, la verità morale, può essere raggiunta rimanendo aggrappati alla roccia del credere, non dimenticando la voce dei santi in cui splendeva la luce della fede, non cedendo completamente il timone alla ragione per non precipitare nel razionalismo, ma continuando a volare verso la contemplazione della verità con due ali, quella della fede e quella della ragione, così come è spiegato nell’incipit dell’Enciclica Fides et ratio.

Viene qui alla mente Il Signore degli anelli, in particolare le parole di Gandalf mentre a Frodo dona la luce di Earendil: “possa essere per te una luce in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne”. Abbiamo bisogno che ci venga donata una luce, quando la nostra ragione vacilla, quando non abbiamo punti di riferimento, quella luce è la fede.

Nel 1957 in USA e subito dopo in Inghilterra compare un prodotto ormonale estroprogestinico, il suo nome è Enovid. Realizza una rivoluzione, biologica, psicologica, sociale e, come farà vedere il Dr. Gotti Tedeschi, economica. È veramente una rivoluzione. Nel corso dell’umanità è sempre accaduto che la donna si trovasse costantemente in uno stato di fertilità tranne in alcuni momenti, la gravidanza, l’allattamento. Con la pillola, con un gesto semplicissimo, la donna si trova in un costante stato di infertilità tranne che in alcuni periodi decisi da lei stessa. Alcuni osservatori hanno descritto questo ribaltamento con l’espressione “mentalità contraccettiva”, o lievi variazioni.

Nel 1960 padre de Lestapis parla di stato mentale contraccettivo e di civiltà contraccettiva.
Nel 1963 monsignor Kelly adotta per primo il termine mentalità contraccettiva. Patricia Koval parla nel 1967 di cultura contraccettiva e nel 1972 Elizabeth Anscombe cita la moralità contraccettiva. Nel 1980 la dottoressa Poltawska adotta le espressioni attitudine e mentalità contraccettiva.
Pur con sfumature diverse, tali espressioni intendono tutte delineare un’entità piuttosto precisa:
  1. sessualità e procreazione sono elementi da mantenere su piani separati.
  2. Si deve godere del diritto di non patire le conseguenze di un figlio a seguito dei rapporti sessuali.
Si può pensare ad una fortificazione concettuale apparentemente inespugnabile a pianta triangolare, ai cui vertici si trovano tre bastioni.

Una torre socio-psicologica, la mentalità contraccettiva, puramente volitiva, di per sé piuttosto fragile come espressione auto-evidente di bene. Essa ha bisogno di una giustificazione nobile ed alta e quale migliore giustificazione può giungere del concetto di salute? Ecco che si fa strada nel 1994 alla conferenza del Cairo l’espressione salute riproduttiva attraverso cui l’attività sessuale soddisfacente e sicura e la decisione dell’individuo se riprodursi, quando riprodursi e quanto riprodursi diventano istanze facilmente riconoscibili come un bene. Chi può non volere che le persone godano di buona salute? I mezzi per raggiungere questi fini vengono inglobati nel concetto di salute e tutti diventano immacolati strumenti di bene. Inglobata nel concetto di salute la volontà di non fare figli diventa così facilmente percepibile e spendibile come un diritto; si cominciano a promuovere i diritti riproduttivi attraverso leggi e regolamenti specifici.

Ciascuno dei tre bastioni si erge a protezione degli altri due e dell’intero edificio.

Il cardinale Carlo Caffarra parte dalla constatazione che la modernità ha espulso la sessualità dal novero dei“casi seri” della vita, intendendo per “caso serio” non le questioni impegnative o importanti, ma quel tipo di questioni dalla cui risposta derivano il senso e il significato dell’intera vita.

La sessualità non è più percepita come una questione seria perché si è smarrita la percezione della sua intima connessione con la persona: si fa sesso pensando che la persona possa rimanere non coinvolta.

Tale completa deconnessione si è sviluppata attraverso tre passaggi:

1) La separazione del corpo dalla persona.

2) La separazione del sesso dall’amore.

3) La separazione dei significati unitivo e procreativo della sessualità, attuata in modo bidirezionale da contraccezione e fecondazione artificiale.

È mediante questi passaggi che si realizza quella che il cardinale di Bologna ha definito la demolizione della verità e del senso della sessualità.

Su un piano più generale, il cardinale Ratzinger, ventitré anni prima, esprimeva un’analisi non dissimile quando, nella separazione fra sessualità, matrimonio e procreazione, individuava la linea di frattura tra le connessioni fondamentali naturali (non solo culturali) da cui, in modo logico e prevedibile, non poteva che esitare la promozione della libido soggettiva quale unico criterio ermeneutico per giudicare la bontà di ogni azione umana.

Nella sua analisi, il cardinale Ratzinger proseguiva con la considerazione che la fecondità, una volta separata dalla fedeltà di tutta una vita nel matrimonio, da benedizione facilmente viene percepita come una minaccia al diritto all’appagamento soggettivo, cioè di qualcosa da preservare, se necessario, anche con l’aborto gratuito e socialmente garantito. Noi medici lo sappiamo bene, tant’è che ci riferiamo col termine “rapporto a rischio” ad ogni rapporto sessuale non coperto dalla contraccezione.

Contro questa linea il 25 luglio 1968, Papa Paolo VI, prossimamente beato, pubblica un documento, un’enciclica, Humanae vitae, in cui semplicemente ribadisce la dottrina ininterrotta di 19 secoli della Chiesa: la contraccezione è un male. Papa Paolo VI è fino a quel momento molto popolare; basta riguardarsi le folle entusiaste che lo accompagnano nel suo viaggio in terra santa, l’approvazione derivante dall’avere portato a termine il concilio convocato dal suo predecessore Giovanni XXIII, l’avvio della riforma liturgica, il compimento di gesti di grande impatto come la deposizione del triregno. Eppure appena Paolo VI col solo ripetere la verità morale contraddice il mondo, dal mondo viene attaccato come il peggiore nemico dell’umanità. Ma non solo dall’esterno della Chiesa giunge l’accusa contro il Papa. Sono gli stessi sacerdoti, i teologi, i vescovi e intere conferenze episcopali a parlare ed agire contro il Papa e contro la dottrina di sempre da lui difesa. Fu costruito un magistero che fu detto parallelo, ma che io considero più appropriato indicare come inverso e come tale perverso. Era la via spaziosa che conduce alla porta larga. Nello stesso capitolo del Vangelo di Matteo citato in apertura Gesù insegna a guardarsi dai falsi profeti, lupi rapaci in veste di pecore, riconoscibili dai loro frutti.

I frutti promessi da chi indicava l’albero della contraccezione avevano l’apparenza di essere dolci e gustosi: più amore e unione tra i coniugi liberati dalla preoccupazione di troppi figli, una maggiore cura per la prole, la scomparsa dell’aborto, una piena realizzazione delle donne, liberate dalla costrizione del ruolo materno, e alla fine una loro maggiore felicità.

Ma non tutti abboccarono. E tra questi troviamo chi non ci si aspetterebbe.

Max Horkheimer, fondatore con Adorno della scuola di Francoforte, esponente marxista, disse che “La pillola trasforma Romeo e Giulietta in un pezzo da museo, giacché il prezzo che esige è l’accelerazione della perdita dell’appartenenza reciproca e, alla fine, la morte dell’amore”. La pillola toglie peso esistenziale alla sessualità. Sottolineando l’aspetto della perdita dell’appartenenza reciproca  Horkheimer getta piuttosto chiaramente un’anticipazione della riflessione teologica di San Giovanni Paolo II sull’argomento.

Altra voce fu quella di Elizabeth Anscombe, cattolica, allieva di Wittgestein, madre di  sette figli, capace di ricevere gli studenti a casa mentre ad uno cambiava il pannolino e dava mangiare ad un altro. Una volta i perfidi studenti scrissero sulla lavagna “Mrs. Anscombe breeds” (La signora Anscombe nutre). Non si scompose neppure un attimo, prese il gessetto ed aggiunse sotto “immortal beings” (esseri immortali). In un saggio del 1972 in difesa di Humanae vitae ella scrisse:

«Ciò che non può essere altrimenti noi lo accettiamo, così accettiamo la morte e la sua infelicità. Ma la possibilità distrugge la mera accettazione. E così è per la possibilità di avere rapporti e prevenire il concepimento».

La contraccezione rende la gravidanza non più il frutto naturale dell’amore, ma una scelta. Se domandiamo alle generazioni precedenti, queste ci diranno che dopo il matrimonio sono venuti i figli. La donna esposta alla mentalità contraccettiva dice che ha fatto (neppure usa il plurale) un figlio. Il figlio viene fatto dopo un processo decisionale e come ogni cosa fatta deve superare un processo di controllo di qualità attuato dalla moderna tecnologia diagnostica prenatale che consente al camice bianco di turno di rassicurare la donna dicendole che suo figlio è perfetto. Essere perfetto, essere per-factum, significa essere completamente compiuto, qualcosa di esattamente opposto a quanto presupposto dall’educazione che mediante l’ex-ducere conduce fuori dall’incompiutezza della nascita. Ecco che donne e uomini permeati di questa mentalità tendono a leggere ogni bizza del loro figlio come un bisogno, ogni difetto come una virtù (se il bambino è prepotente agli occhi dei genitori odierni sarà un bambino deciso che sa quel che vuole).

In quella stessa riflessione la professoressa di Oxford aggiungeva:

«La Cristianità ha insegnato agli uomini ad essere casti come i pagani pensavano dovessero esserlo le donne oneste; la moralità contraccettiva insegna che le donne devono essere così poco caste come i pagani pensavano dovessero esserlo gli uomini».

Sono parole che trovano conferma da una fonte insospettabile perché tra le paladine dei diritti riproduttivi. Ann Furedi, direttrice di un’associazione con numerose cliniche per aborti in Inghilterra auspica esattamente l’abbandono della necessità di ogni castità garantito dalla contraccezione:

“Voglio che mio figlio cresca in una società che permette alle persone di fare sesso senza timore delle conseguenze. La gente dovrebbe potere fare sesso senza paura per gioco, amore o intimità e con la consapevolezza che se la contraccezione fallisce l’aborto è disponibile come rimedio”.

Conosciamo bene gli effetti dell’avvento della mentalità contraccettiva. Incremento dei divorzi, più figli con un solo genitore, più figli abortiti, ritardo dei matrimoni, ritardo della nascita del primo figlio, crollo demografico. Alcuni passaggi sono stati descritti dal premio Nobel per l’economia George Akerloff in due distinti articoli su riviste specializzate. Di impostazione liberal, consigliere economico del presidente Clinton, il docente di Berkley ha descritto i risultati della contraccezione come uno shock tecnologico riproduttivo.

Il 28 giugno 1978, pochi mesi prima di morire, Papa Paolo VI disse: “Dell’Humanae vitae ringrazierete Dio e me”. Al termine della mia riflessione e dei miei studi, con tutto il cuore e con tutta la mia mente voglio pronunciare il mio grazie.

(conferenza tenuta a Pisa, 23 maggio 2014)





LIBERTÀ E PERSONA

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