giovedì 1 maggio 2014

L'esorcista Sante Babolin: Il Diavolo? È diventato «liquido»




Roberto I. Zanini 

«Non ho mai dubitato dell’esistenza del diavolo e dei suoi influssi sull’uomo, ma da quando faccio l’esorcista ho davvero capito che cosa significhi. Il Maligno è capace di distruggere culture, di distruggere popoli. Invidia l’uomo, soprattutto ne invidia la capacità di amare e a causa di questa invidia c’è tanta gente che soffre. Ho insegnato filosofia alla Gregoriana per oltre 30 anni. Quando sono tornato a Padova, la mia diocesi, il vescovo Antonio Mattiazzo mi ha affidato questo ministero. In sette anni ho seguito oltre 1300 persone con disagi dell’anima più o meno gravi. E si tratta di uomini e donne della sola diocesi perché ho deciso, d’accordo con i Superiori, di non accogliere le richieste che vengono da fuori diocesi. Un po’ perché non riuscirei, un po’ perché è importante che i vescovi comprendano l’urgenza del problema e non trascurino la nomina di esorcisti». 

Quella che descrive don Sante Babolin, ordinario emerito di Filosofia con alle spalle decine di pubblicazioni, è una vera emergenza pastorale. Lui stesso la definisce così. E il suo ultimo libro, che nasce dall’esperienza di esorcista a Padova (L’esorcismo. Ministero della consolazione Edizioni Messaggero Padova, pagine 236, euro 18), si presenta come un manuale di rara efficacia, capace di fornire una lettura del problema in ogni suo aspetto: attento alle urgenze spirituali, senza mistificare la realtà e mai cadere nel sensazionalismo.

Nella prefazione lei sottolinea, col filosofo Maurice Blondel, che "la vera filosofia è la santità della ragione".
«È l’argomento decisivo. Quando ero professore (per 40 anni: 7 in Seminario a Padova e 33 alla Gregoriana), il mio obiettivo era unire la cattedra (la ragione) con l’altare (la preghiera), senza sovrapporle, e ho considerato l’insegnamento come un ministero. Ora che sono sempre ancorato all’altare so di dover continuare a usare la ragione, l’unico strumento che un uomo possiede per esercitare il suo doveroso discernimento».

E la santità?
«È nell’amore per la verità e nell’attaccamento a Cristo unico esorcista; per questo l’unico esorcismo è la Croce, che ha vinto definitivamente il Maligno. Cristo è il nuovo Adamo, capostipite dell’umanità nuova, insieme con sua Madre, la Beata Vergine Maria, nuova Eva, in un rapporto d’amore autentico».

L’amore cercato e vissuto attraverso la ragione, cioè in totale contrasto con la cultura di oggi inchinata al dominio dei sensi.
«La cultura odierna corre il serio rischio di restare sempre alla superficie. Si apprezzano le sensazioni, si fanno collezioni di belle esperienze... Ma non si ragiona. Il tempo per il discernimento è ridotto al minimo. E questo è un guaio».

Un guaio? Ma se la gente fa l’elogio della spontaneità, delle cose fatte all’impronta...
«E non si rende conto che in questo modo la libertà sfuma, perché la radice della libertà sta nella ragione. La libertà è la ragione della ragione, perché sta nella scelta, come sostiene Blondel nella sua opera principale, L’Action, influenzato dal De Consideratione di San Bernardo, che vede nella libertà dell’uomo l’immagine di Dio. Quindi diminuire la ragione vuol dire diminuire la libertà, significa diventare irresponsabili della realtà in cui viviamo, in balia dell’immediato, del "mi sento"».

È l’ideologia della pubblicità, dei media, dei social network.
«E i giovani, ma sempre di più anche gli adulti, dicono: "Se mi sento lo faccio". Ma non è sul "mi sento" che si fonda la legge, la libera convivenza civile. Se c’è un impegno non devo aspettare di "sentirmi". Ne vale della mia dignità di essere umano. Tutto è collegato: ragione, libertà, dignità».

Dignità?
«Esatto: dignità. Perché la dignità è legata alla libertà. La mia dignità di essere umano si esercita nell’uso della ragione, del discernimento, nella consapevolezza di essere quello che sono: una sintesi perfetta di materia e di spirito. La santità equivale alla firma di sottoscrizione: mi riconosco per quell’essere sacro che sono».


Ma la vita di tutti i giorni, lo abbiamo detto, spesso corre su altri binari.
«È tipico del diavolo tenerci lontani dalla pienezza della nostra identità di esseri umani. La sua arma più sottile è la confusione, per cui non si sa più dove sia la destra e dove sia la sinistra, come la gente di Ninive alla quale viene inviato Giona. Ho imparato che, quando c’è confusione, c’è sempre il Maligno che opera. L’altra arma è la seduzione, l’attrazione per l’immediato, per il facile che si incontra, per il tutto subito e senza fatica. Ma non possiamo essere liberi se siamo dominati dai sensi e dall’istinto».

C’è chi esalta l’istinto come ciò che ci unisce alla naturalità.
«L’istinto è ciò che abbiamo in comune con gli animali. Ma l’essere umano è chiamato a gestire le cose secondo la ragione. Non è schiavo dell’istinto. È libero di dare ogni giorno una risposta all’amore di Dio che si riversa su di lui... Anzi, la vera libertà si attua amando. Si è liberi per amare, non si è liberi per essere liberi».

Come lei spiega nel libro: ogni volta che si ama il diavolo ne esce sconfitto?
«Al Maligno dà fastidio l’amore umano. In un esorcismo il diavolo mi disse con rabbia: "Non sopporto che si amino!". Si riferiva a una coppia sposata. Questo mi ha fatto molto riflettere sul ruolo fondamentale del matrimonio. Sono due le armi, in nostro possesso, contro il demonio: la preghiera, cioè la relazione d’amore con Dio Padre e l’amore per il prossimo. Il matrimonio è il sacramento dell’amore. Per questo il diavolo lo vuole distruggere. E tanti problemi si superano con un atto di perdono, che è un di più d’amore, che mette "ko" il diavolo».

Dove si nasconde meglio il diavolo oggi? O, se vuole, dov’è che ha buon gioco?
«Direi su quello che era il cuore del pensiero greco che sta alla radice del mondo occidentale, cioè la dialettica del logos, la distinzione fra vero e falso, fra bene e male: il diavolo oggi ha buon gioco nel tentativo di annientare questa caratteristica essenziale dell’uomo che vuole essere libero. Anche a causa dell’influsso di ideologie orientaleggianti (new age) si sta affermando con prevalenza un modello di pensiero analogico, cioè fondato sulla verosimiglianza, non sulla verità. In questo modo si agevola il disorientamento, si privilegia il pensiero liquido, la scienza diventa schiava della tecnica, così che tutto ciò che è tecnicamente fattibile diventa scientificamente valido... E, lo abbiamo detto, dove non c’è libero uso della ragione non ci può essere amore e il diavolo ha campo aperto».




Avvenire 30 aprile 2014


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