domenica 18 maggio 2014

CHE PARLI IL PAPA! TUONI PER SALVARE MERIEM DAL BOIA!



 MEDITIAMO SULLA SUA TESTIMONIANZA EROICA. SOPRATTUTTO QUEI PRELATI SEMPRE PRONTI A SVENDERE GESU’ PER AVERE UN APPLAUSO DAI GIORNALONI LAICISTI


Antonio Socci

La giovane mamma sudanese Meriem sarà impiccata perché si è rifiutata di rinnegare Gesù Cristo e di convertirsi all’Islam. Sarà salvata da quella tragica sorte solo se la pressione internazionale si farà insostenibile per la crudele tirannia di Karthoum. 
Al momento resta infatti valida la condanna a morte già decretata e non c’è nessuna vera garanzia che il verdetto possa essere rivisto, come qualcuno frettolosamente ha affermato.
Non si può credere infatti a quello che fa trapelare il regime col solo scopo di allentare la pressione internazionale: basti pensare che qualche anno fa la Corte Suprema sudanese stabilì che per gli apostati, che avevano abbandonato la pratica religiosa islamica, convertendosi al cristianesimo, era costituzionale addirittura la crocifissione.
Inoltre per Meriem resta in ogni caso certa  la condanna alle cento frustate come pena per aver sposato un cristiano.
Per questo è necessario che l’indignazione si faccia sentire come è accaduto finora e che aumenti.

APPELLO AL PAPA

Dunque, come già ha fatto la nunziatura apostolica in Sudan, vorrei fare appello anche io a papa Francesco, sempre così solerte e incisivo.
Ma sono sicuro che non ha bisogno della nostra richiesta e farà sentire il suo (ben noto) “Vergogna! Vergogna! Vergogna!” ai despoti sudanesi e in tutte le sedi internazionali.
Anche perché nessuno, domani, possa imbastire processi morali sui suoi silenzi come quello che fu imbastito contro Pio XII (che in realtà parlò e più volte, sebbene il Vaticano fosse circondato dalle truppe naziste e contro il papa fosse già stato preparato un piano di deportazione).
Parlerà, papa Francesco, non dubitate.
E le sue non saranno due parolette formali alla fine dell’Angelus, ma farà sentire alta la sua voce e la sua indignazione per questa sanguinaria barbarie contro una povera madre indifesa e innocente.
Oltretutto c’è bisogno non solo che venga cassata la sentenza di condanna a morte, ma pure che venga cancellata la pena delle cento frustate e soprattutto che Meriem venga subito liberata: questo è l’obiettivo immediato e più urgente.
Perché le condizioni luride del carcere (pieno di insetti) hanno già fatto ammalare il primo figlio di Meriem, che ha un anno e mezzo e che è detenuto lì con lei.
Inoltre non è ammissibile tenere una ragazza all’ottavo mese di gravidanza – già sottoposta al terribile stress di un processo e di una condanna a morte – in una galera fetida e disumana.
Come se non bastasse suo marito Daniel Wani – il cristiano che Meriem ha sposato e da cui ha avuto due figli (per il regime le era proibito sposare un cristiano) – è invalido.
Si trova da tempo sulla sedia a rotelle e, come ha dichiarato alla Cnn, è “disperato, frustrato”, e non sa che fare.
Questo poveretto, per le sue condizioni, non è autosufficiente e per la vita quotidiana dipende totalmente da Meriem. La quale è da mesi in galera.
Ieri si è anche saputo che probabilmente se venisse eseguita la sentenza i due figli di Meriem e Daniel potrebbero essere sottratti al padre (perché il matrimonio è stato annullato dal regime) e affidati a una famiglia musulmana per essere educati secondo i precetti del Corano.
Considerati tutti questi terrificanti aspetti appare ancor più eroica la scelta di Meriem di non rinnegare Gesù Cristo.

IMMENSA TESTIMONIANZA

Per qualunque cristiano ci vuole già una grandissima fede, un coraggio sconfinato e un immenso amore al Signore per rifiutare l’abiura e dire sì al martirio per impiccagione.
Ma in questo caso a fare una scelta di per sé già eroica è una giovane donna con un figlio piccolo e uno nel proprio grembo. Sottoposta alle torture di quel carcere, all’angoscia per la sorte di quei bambini e per quella dell’uomo che ha sposato e che ama, che si trova solo e impossibilitato a provvedere a se stesso.
Con tutto questo Meriem ha scelto di non rinnegare Gesù Cristo. Siamo di fronte a una testimonianza di fede e di amore al Signore che sta al livello dei grandi martiri e dei grandi santi.
Che avrebbe dovuto toccare il cuore anche degli infami aguzzini che sono andati a far pressioni su di lei in carcere per ottenere la conversione all’Islam.
Le bastava un piccolo “sì” e avrebbe avuto salva la vita e avrebbe portato via dal carcere e dall’incubo anche i suoi due figli.
Ma questa ragazza insegna silenziosamente a noi, pusillanimi cristiani d’occidente, che nulla vale la libertà della propria coscienza dove arde la fede in Dio.
E insegna a un mondo ripiegato sulla sua pancia, sui suoi vizi, sulle sue misere volgarità edonistiche, che l’uomo è fatto per l’eternità e la sua dignità divina non può essere svenduta al proprio comodo sollazzo di un giorno.
La giovane Meriem, pur così amante della vita da innamorarsi, da sposare il suo uomo, da mettere al mondo due bambini, così intelligente da studiare e diventare medico in un Paese del Terzo Mondo, questa giovane – dicevo – ci insegna silenziosamente, al prezzo dell’impiccagione, che vale la pena di vivere perché qualcosa – o meglio Qualcuno – vale più della vita. E questo Qualcuno è il Salvatore di tutti, l’Amore stesso fatto uomo.
E’ significativo che una così struggente ed eroica testimonianza venga data da una giovane donna cristiana del Terzo Mondo. Giovane, donna e cristiana dell’Africa.

UNA LEZIONE PER I PRELATI

Sono certo che il Papa in tutti i modi vorrà difendere questa meravigliosa testimone di Cristo. E credo che debba essere indicata ad esempio per tutti i cristiani. Per tutti noi che nella vita quotidiana rinneghiamo Cristo per un nonnulla.
Ma anche per i tanti ecclesiastici che spesso appaiono pronti a svendere a pezzi la loro fede e le loro convinzioni pur di avere gli applausi del mondo. Quei prelati che sbavano per avere l’approvazione dei giornaloni laicisti e gli elogi di certi tromboni anticlericali.
Mediti quella parte di Chiesa che – come disse don Giussani nella sua ultima intervista – si vergogna di Cristo.
Ci riflettano specialmente quei prelati che sono pronti – per apparire moderni e riformatori agli occhi del mondo – a gettare alle ortiche il Magistero di sempre della Chiesa, le parole di Gesù nel Vangelo e i propri doveri di pastori. Verrà un giorno in cui tutto sarà giudicato.






Da “Libero”, 18 maggio 2014




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