giovedì 3 aprile 2014

La lezione della Veritatis Splendor





di Ettore Gotti Tedeschi

Il Papa emerito Benedetto XVI ha recentemente esortato a rileggersi l’Enciclica Veritatis Splendor, scritta nel 1993 dal Sommo Pontefice e prossimo santo Giovanni Paolo II. Immagino che tutti i lettori della Nuova BQ lo abbiano già fatto, ma vale la pena sottolineare alcuni passaggi di questa Enciclica, che tratta temi molto attuali anche venti anni dopo.

Veritatis Splendor parte da una constatazione dolorosa, cioè che il patrimonio morale, e persino il magistero della Chiesa, è oggi messo in discussione. Persino all’interno della stessa comunità cristiana. Si mette in discussione la dignità (di creatura) dell’uomo e le leggi naturali (della Crezione). Lo aveva già ben detto Paolo VI in Humanae Vitae e Populorum Progressio, e lo dirà più tardi Benedetto XVI in Caritas in Veritate. Dice papa Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor che urge pertanto che la Chiesa possa precisare quegli aspetti dottrinali da cui non si può prescindere. E ciò per far fronte ad una “vera crisi” (anche economica) che Giovanni Paolo II aveva previsto in Sollecitudo Rei Socialis. Li possiamo chiamare valori imprescindibili, perché insegnati da Gesù Cristo? Comunque non sono poi tanti e possiamo sintetizzarli brevemente.

Cristo stesso (appunto) li indica al “giovane ricco” (Mt 19,17): osserva i Comandamenti. A questi dieci, sempre Cristo aggiunge i due suoi comandamenti dell’amore di Dio e del prossimo (Lc 10,27). Cristo stesso, magari preoccupato che l’uomo si trovasse in difficoltà nell’applicazione di molti comandamenti, sintetizza poi nel Discorso della Montagna (Mt 5,17) cosa è la morale evangelica, da cui segue l’etica comportamentale. A questo punto non c'è molto da aggiungere. Eppure papa Giovanni Paolo II vuole dirci qualcosa in più. Ci dice che dobbiamo vivere i precetti in “unità di vita” : fede e vita devono esser in armonia ed in più non si può avere un comportamento diverso tra casa e bottega, tra oratorio e parlamento. Ecco cosa è unità di vita.

Ma la parte più intrigante dell’Enciclica inizia al secondo capitolo dove il Papa chiarisce il rapporto tra Libertà e Verità. Straordinario, da studiare e divulgare. Con parole mie, e con i miei limiti, cercherò solo di dare al lettore una sintesi. Il Papa ci spiega che la Verità viene prima della libertà (cioè nega quello che tutta la cultura illuminista afferma da un paio di centinaia di anni). Non c’è vera autonomia morale della libertà che prescinda dalla Verità, la libertà non è un valore assoluto né sorgente di valori. Le leggi naturali della Creazione sono leggi eterne anche se messe in discussione dalla ragione umana. Ed è comunque la Sapienza divina che ha generato la ragione umana, che resta tale anche in una natura decaduta. Infatti mantiene la capacità di essere “creativa nella coscienza”, senza magari sforzarsi di conoscere e capire la Verità e il suo vincolo con la libertà umana. Ed ecco che il buon padre Giovanni Paolo II ci viene in soccorso assicurandoci che è la Chiesa, ed il suo Magistero, che deve aiutare la formazione delle coscienze.

Ricordiamolo: è la libertà, responsabile, che segue la Verità. E’ Gesù stesso, che è la Verità, ad esaltare la libertà umana dicendo “vieni e seguimi”. Che succede se non Lo si segue? Succede che si resta liberi di comportarsi come animali, ma animali intelligenti, che invece di alimentarsi di spirito, intelletto e materia, scelgono solo la materia. Al massimo materia ed intelletto. E’ Cristo la libertà che libera gli uomini dal peccato e ridà loro la dignità originale della Creazione. E grazie a ciò gli uomini riprendono la certezza del senso della vita e delle azioni libere e buone.

E, aggiunge ancora Giovanni Paolo II, un fine buono (le azioni libere e buone) non si ottiene con mezzi cattivi.




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