giovedì 20 marzo 2014

Princìpi non negoziabili, perché è giusto parlarne



 



di Stefano Fontana

Spesso si parla di “valori” non negoziabili anziché di “principi” non negoziabili, ma si tratta di un errore di impostazione.

Principio vuol dire fondamento e criterio. Il principio è l’elemento che regge e illumina un certo ambito, tiene insieme le cose e le indirizza al loro fine. Cos’è, invece, un valore? Una cosa ha valore quando è apprezzabile. La vita è apprezzabile, ma anche l’aria pulita o la buona cucina. Essere un valore non vuol dire anche essere un principio. Ciò non toglie che un valore possa essere anche un principio. La vita umana, per esempio, è un valore ma è anche un principio, in quanto è in grado di illuminare con la sua luce l’intera vita sociale e politica. Se si offusca il rispetto della vita non si offusca solo un valore, ma anche altri valori ed altri aspetti della vita che quel principio illumina.

Il bene comune non è un insieme di valori aventi tutti lo stesso peso, ma è un insieme ordinato. Ciò vuol dire che qualche valore ha una funzione arichitettonica, ossia indica i fondamenti del bene comune e, così facendo, illumina di senso anche tutti gli altri. Senza un criterio non c’è bene comune ma somma di beni particolari e questo criterio ci proviene dai principi non negoziabili.

Vediamo ora cosa significa “non negoziabile”. Se si tratta di principi, ossia se sono qualcosa che viene prima e che fonda, essi non dipendono da quanto viene dopo ed hanno valore di assolutezza, non sono disponibili. Non sono negoziabili perché assoluti e sono assoluti perché sono dei principi. Si torna così a vedere l’importanza della distinzione tra principi e valori.

I principi non negoziabili, quindi, sono tali in quanto precedono la società. E da dove derivano? Essi sono non negoziabili perché radicati nella natura umana. Proprio perché fanno tutt’uno con la natura umana, non possono essere presi a certe dosi, un po’ sì e un po’ no: o si prendono o si lasciano. Questa è vita umana o non lo è. Questa è famiglia o non lo è. I principi non negoziabili demarcano l’umano dal non umano e quindi sono il criterio per una convivenza umana.

Da un altro punto di vista, però, essi non sono propriamente dei principi primi, perché non sono capaci di fondarsi da soli. Come abbiamo visto, essi si basano sulla natura umana, ma la natura umana su cosa si fonda? I principi non negoziabili esprimono un ordine che rimanda al Creatore.

Se non esistono principi non negoziabili la ragione non trova un ordine che rinvia al Creatore. Essa non incontra più la fede e la fede non incontra più la ragione. Ciò significa l’espulsione della religione dall’ambito pubblico. La vita sociale e politica sarebbe solo il regno del relativo. Cosa ci starebbe a fare la fede in un simile contesto? Dio si sarebbe scomodato a parlarci per aggiungere la sua opinione alle nostre?


QUALI SONO

Precisare quali sono i principi non negoziabili è di fondamentale importanza. I testi fondamentali del magistero sono tre.

Al paragrafo 4 della Nota dottrinale su alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica Congregazione per la Dottrina della Fede (24 novembre 2002) sono indicati i seguenti principi non negoziabili: vita, famiglia, libertà di educazione, tutela sociale dei minori, libertà religiosa, economia a servizio della persona, pace.

Nell’Esortazione apostolica post sinodale Sacramentum caritatis sull’Eucaristia del 22 febbraio 2007 (par. 83), Benedetto XVI cita vita, famiglia e libertà di educazione a cui aggiunge il bene comune.

Nel Discorso ai Partecipanti al Convegno del Partito Popolare Europeo del 30 marzo 2006, Benedetto XVI elenca vita, famiglia e libertà di educazione.

Tre principi sono sempre presenti e sempre collocati all’inizio di ogni elenco, in posizione quindi eminente; vita, famiglia e libertà di educazione. Hanno quindi un carattere fondativo: nessun altro dei principi successivi può essere né adeguatamente compreso né efficacemente perseguito senza di essi, mentre non accade il contrario. E’ possibile, per esempio, garantire la tutela sociale dei minori se ai minori si impedisce di nascere? Inoltre che quei tre principi ci pongono davanti a degli assoluti morali, ossia ad azioni che non si devono mai fare in nessuna circostanza. Per gli altri principi elencati nella Nota del 2002 non è così. Per esempio, essa annoverava tra i principi non negoziabili anche una “economia a servizio della persona”. Tuttavia, per perseguire la piena occupazione le strade possono essere diverse. Nel caso, invece, dei tre principi di cui ci stiamo occupando, non ci sono strade diverse.

C’è solo un altro principio tra quelli elencati nella Nota del 2002 che potrebbe contendere il “primato” a questi tre: il principio della libertà di religione. Però il diritto alla libertà religiosa non è assoluto, in quanto vale solo dentro il rispetto della legge di natura, il cui rispetto è fondamentale per il bene comune. Professare e praticare una religione che contenga elementi contrari alla legge naturale non può essere un diritto né avrebbe titolo morale per un riconoscimento pubblico.

Da queste considerazione deriva che se mancano i primi tre principi, tutto l’elenco viene meno, mentre se ci fossero solo i primi tre, ci sarebbe già il nucleo portante di tutto il discorso.

PRINCIPI NON NEGOZIABILI ED OBIEZIONE DI COSCIENZA

Poiché la politica assume sempre di più l’arroganza di contrastare i principi non negoziabili l’obiezione di coscienza oggi è sempre di più un problema politico e non solo morale.

Fanno obiezione di coscienza i farmacisti, che non vogliono vendere la pillola del giorno dopo in quanto ha effetti abortivi, le ostetriche e i medici che non vogliono collaborare nel praticare aborti, anche se la legge lo permette, gli impiegati comunali, che non vogliono registrare le coppie omosessuali negli appositi registri pubblici o che non vogliono celebrare pubblicamente matrimoni che tali non sono, molti insegnanti che non vogliono piegarsi all’ideologia del gender, i genitori, quando decidono di non far partecipare i propri figli a distruttivi corsi scolastici di educazione sessuale, i lavoratori che non rinunciano al loro diritto di esibire un segno religioso quando sono in servizio, mentre l’amministrazione da cui dipendono lo vieta, le infermiere, quando reagiscono al divieto dell’amministrazione sanitaria di confortare religiosamente i morenti, invitano all’obiezione di coscienza in Vescovi americani contro la riforma sanitaria di Obama, fanno obiezione di coscienza gli operatori del consultori della Toscana dove adesso dovranno anche somministrare la pillola abortiva. Ci sono persone che perdono il posto di lavoro per la fedeltà ai principi non negoziabili.

Ora, mi chiedo, perché questo non dovrebbe valere in politica? Perché in politica si dovrebbe comunque arrivare ad un compromesso? E per questo compromesso in politica si dovrebbe anche dimostrare rispetto e deferenza, lodando la persona che è scesa a mediazione come un esempio di saggezza, prudenza e perfino coraggio?

La cosa è ancora più evidente se la si esamina dal punto di vista della testimonianza. Quante volte si dice che il cattolico è in politica per dare una testimonianza. Però, se non esiste la possibilità del sacrificio, se non c’è mai nessun “no” da dire a costo di perdere qualcosa, la testimonianza come si misura? Il vero uomo politico è colui che sa anche rinunciare alla politica. Si è uomini prima e dopo la politica. E’ questo che dà senso alla politica stessa. Se tengo aperto il campo della mia umanità tramite una fedeltà alla retta coscienza che giudica la stessa politica, faccio respirare anche la politica. Molti dicono: non si deve abbandonare il campo (per esempio con le dimissioni) perché in questo modo lo si lascia agli altri e si recede dalla doverosa lotta politica. Ma la politica la si può fare in tanti modi e in tanti luoghi. Senza contare che, anche un eventuale atto di dimissioni per motivi di coscienza sarebbe già un atto politico, denso di possibili conseguenze politiche imprevedibili in quel momento.

E’ evidente che l’obiezione di coscienza in politica è possibile se in politica si danno principi non negoziabili. L’esistenza dei principi non negoziabili rende libere la nostra coscienza e la politica. Ecco perché oggi c’è la necessità di insistere sui principi non negoziabili in ordine alla obiezione di coscienza in campo politico. Da essa dipende il collegamento della politica con il prima che la precede e la fonda.

In questo modo la politica è costretta a fare i conti con la modernità. Questa, infatti, ha annullato il “prima” e ha preteso di cominciare da zero, nella forma del contratto sociale. Però della modernità fa parte anche Tommaso Moro, che nel 2000 Giovanni Paolo II ha proclamato Protettore dei governanti e dei politici cattolici.




La nuova Bussola Quotidiana 20-03-2014


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