mercoledì 25 settembre 2013

Quella chiesa che si sente a disagio con Francesco e le strategie della fede








di Massimo Introvigne

Al direttore - Le reazioni all’intervista di Papa Francesco sono state varie e diverse, dall’entusiasmo al disagio, anche fra persone che condividono le stesse battaglie in tema di aborto, leggi ispirate all’ideologia del gender e critica della “dittatura del relativismo” contemporanea: un’espressione di Benedetto XVI che anche Papa Francesco ha usato nel suo discorso al Corpo diplomatico del 22 marzo. Il modo di esprimersi in un’intervista non è quello di un’enciclica: è molto più facile trovarci delle frasi suscettibili di essere staccate dal contesto e sbattute con malizia in prima pagina. E il contesto è di quelli che non è obbligatorio apprezzare. Ma è sempre utile cercare di capire, per trasformare anche il disagio in riflessione culturale e politica, anziché tenerlo dentro e sputarlo poi come veleno, come avviene con i tanti commenti irosi che proliferano su internet.

Il primo fronte di disagio si manifesta sul Vaticano II, che Francesco non mette a tema, non nel senso che non lo apprezzi ma che lo dà per scontato, e sulla Messa tradizionale, la cui liberalizzazione da parte di Benedetto XVI sembra ridotta nell’intervista al tentativo di venire incontro alle ubbie di gruppetti marginali, mentre Papa Ratzinger voleva che le ricchezze del vecchio rito fossero fatte conoscere a tutta la chiesa. Ma è anche vero che la celebrazione della Messa con il rito antico, e la giusta denuncia dei danni provocati da chi interpreta il Concilio come liquidazione di tutto il Magistero precedente, non possono essere occasione per rifiutare i documenti e le riforme del Vaticano II né per mettere in discussione la legittimità come strumento di santificazione dei fedeli, non solo la validità, della Messa nuova scaturita dalla riforma di Paolo VI, la Messa sempre celebrata dallo stesso Benedetto XVI. Chi promuove la Messa antica in polemica con la Messa nuova – o se ne serve per diffondere quello che Benedetto XVI chiamava “anticonciliarismo”, cioè il rifiuto di tutti i testi del Concilio che introducono elementi di riforma – davvero usa il vecchio rito in modo “ideologico”. Che questo non fosse lecito lo aveva già detto, più volte, Papa Ratzinger.

Il secondo disagio si manifesta quando Francesco annuncia che non intende parlare molto “delle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi”. Non afferma che non ne parlerà mai, e infatti subito, il 20 settembre, ha parlato di aborto, con chiarezza, ai medici cattolici. Ma che ne parlerà poco, che lascerà questi temi agli episcopati nazionali – in Italia il cardinale Bagnasco si sta esprimendo con particolare chiarezza – e che gli sembra perfino che qualcuno nella chiesa ne parli troppo. Perché questa scelta, che certo crea disagio in chi milita in prima linea per la vita e per la famiglia? In un mondo molto lontano dalla fede Francesco pensa che al Papa spetti ripartire dal primo annuncio. L’annuncio delle cose elementari: che Gesù Cristo è Dio ed è venuto per la nostra salvezza, che offre a tutti la sua misericordia, che convertirsi è possibile, che la conversione non è uno sforzo individuale ma passa sempre per la chiesa. Benedetto XVI aveva detto a Lisbona, l’11 maggio 2010: “Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista”. Francesco si preoccupa per prima cosa “che questa fede ci sia”, l’annuncia attraverso il volto misericordioso del Signore che offre il suo perdono a tutti, compresi gli omosessuali, le donne che hanno abortito e i divorziati risposati. Non che l’annuncio morale non faccia parte del messaggio cristiano, né che Francesco pensi di cambiare la dottrina. Ma l’insegnamento morale per il Papa viene dopo l’annuncio della salvezza tramite la misericordia di Dio.

Tutte le strategie pastorali hanno pregi e difetti, aprono possibilità di missione e comportano rischi. Non si manca certo di rispetto al Papa se si sottolineano anche i rischi, gravi, in un momento in cui in diversi paesi – compresa l’Italia – per mettere la chiesa ai margini della società l’attacco parte dalla morale. La dittatura del relativismo attacca la morale per distruggere la fede. Papa Francesco pensa di non dovere accettare questa scelta del terreno di combattimento fatta da altri. Rovescia la logica del mondo, e parla d’altro: annuncia la compassione e la misericordia, al mondo mostra Gesù Cristo misericordioso e crocifisso, invita tutti a gettarsi per prima cosa ai suoi piedi. Lo confermano tante inchieste sociologiche: sono tanti, in tutto il mondo, a lasciarsi commuovere da questo appello di Papa Francesco. Altri, che pure sono a disagio su strategie e priorità, potranno però lasciarsi entusiasmare dal cuore del Magistero di Papa Bergoglio: l’invito a “uscire” e ad annunciare la fede a chi in chiesa non ci va. Che il mondo abbia bisogno di tante cose, ma che senza la fede non possa sopravvivere, era – dopo tutto – anche il più grande insegnamento di Benedetto XVI.





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