lunedì 12 agosto 2013

LA QUESTIONE FRANCESCANI DELL'IMMACOLATA E IL VATICAN(OPINION)ISMO SOTTO PAPA FRANCESCO

 


Un Autodafé: in piedi al centro col cappellone i sordidi "tradizionalisti"!

di Francesco Colafemmina


D'accordo, l'abbiamo capito subito che la strada sarebbe stata in salita, ma ciò che sconvolge è la banalità di questo clima oscurantista che si sta delineando mentre crescono sempre più i consensi intorno a Papa Francesco. C'è voluta la storia del commissariamento dei Francescani dell'Immacolata per far tracimare una misura ormai colma. No, non quella del mondo pittorescamente o politicamente definito "tradizionalista", ma quella dei fan di Papa Francesco ben più intransigenti e devoti di quelli di Papa Benedetto o di Giovanni Paolo II. E pronti a leggere - a torto o a ragione - in ogni provvedimento del nuovo corso un impulso necessario per scrollarsi di dosso la "fallimentare" gestione ratzingeriana, almeno sotto il profilo del consenso.


Inutile negarcelo: tutti sono entusiasmati dal nuovo Papa. E avanzare la pur minima smorfia di perplessità a proposito di questo o quel gesto, questa o quella dichiarazione del Papa, pur preservando rispetto e affetto per il tenero Papa argentino, significa già condannarsi ad un immaginario rogo mediatico (patetico oltre che ridicolo quello approntato solo qualche giorno fa da Rodari su Repubblica, evidentemente mentre era in pausa tra un libro intervista a padre Armorth e quello a un ex indemoniato). L'apprezzamento incondizionato per il nuovo Pontefice costituisce l'auto da fé del cattolico contemporaneo. Ed è innegabile - benché ci siano ancora coloro che pretendono di indicare continuità di pensiero e stretti legami formali fra un pontefice e l'altro - che tutti fossero consci sin da quella sera del marzo scorso che con Papa Francesco - parafrasando il comunicato emanato per l'occasione dal Grande Oriente d'Italia - "nulla sarebbe stato più come prima".


Ora, che ci sia un po' di critica preventiva o se si preferisce di pregiudizio in taluni commentatori cattolici definiti sbrigativamente "tradizionalisti" o "vicini ai tradizionalisti" (come se il tradizionalismo fosse una malattia contagiosa o una categoria estremistica del genere "talebano" "brigatista" "fascista" etc.) è un fatto scontato, così come era scontata l'ostilità, perfino, alle volte, il disgusto, di personaggi come Enzo Bianchi, Vito Mancuso, Hans Kung, nei riguardi del Pontefice precedente. Non dico che con ciò sia legittimo comportarsi come quest'ultima triade del dissenso benedettiano, ma pongo una prima questione di metodo ai vaticanisti italiani trasformatisi forse a loro stessa insaputa in vaticanopinionisti ossia in giornalisti che più che informare oggettivamente sui fatti vaticani, trasferiscono il loro pensiero personale nell'informazione superando talvolta in zelo la stessa attività informativa della Santa Sede: Perché, mentre fino a pochi mesi fa nessuno criticava o, per usare un francesismo, "sputtanava" i dissidenti, i critici e i nemici di Papa Benedetto, oggi vi è una sorta di inossidabile cintura mediatica pronta a difendere, sempre e comunque, in cielo in terra e in mare, Papa Francesco?


Domanda forse troppo semplice. Quindi procedo con il secondo quesito. Nel commissariamento dei Francescani dell'Immacolata ci si stupisce della levata di scudi di Gnocchi e Palmaro o del Professor De Mattei. Intellettuali verso i quali monta sempre più una vigorosa antipatia da parte della "cintura mediatica" di Papa Francesco, cintura che incidentalmente include persino "ex tradizionalisti" come il Professor Introvigne, ormai elevato a Sibilla cumana di un certo cattolicesimo conservatore maanchista. La domanda da porsi a mio avviso non è: "perché questi "tradizionalisti" (brutti sporchi e cattivi!) "strumentalizzano" la vicenda FFI, incitando alla rivolta contro Roma?" bensì: In base a quale logica ecclesiale la celebrazione del rito antico costituirebbe una minaccia al sentire cum ecclesia? Perché la celebrazione secondo il messale di Giovanni XXIII costituirebbe una trasgressione all'equilibrio della vita religiosa di una Congregazione come quella dei FFI? Quale atto del magistero pontificio insegna che la celebrazione della Santa Messa secondo quel messale è un potenziale pericolo per una comunità di religiosi? Su quale "giurisprudenza" si fonda questa sanzione della Santa Sede?


Quando poi ci si lamenta perché i soliti sordidi "tradizionalisti" (nome che mi dà sempre più la nausea quanto più lo si rende sinonimo del "nemico" pieno di sé, egoista, superbo, vanaglorioso... in sintesi "pelagiano") criticano una decisione della Santa Sede, sembra quasi che tutti quei grandiosi analisti o tutti quei vaticanisti che in buona o in cattiva fede hanno messo in evidenza le lacune, i problemi, le storture della Curia di Benedetto XVI non si rendano conto che la Curia di Francesco è la stessa di prima! E se dunque errori e storture si son compiuti fino a qualche mese fa, perché non potrebbero compiersi anche oggi? E qui l'altro quesito: A parte il Papa e la sua rivoluzione di gesti, parole, abiti e sobrietà, cosa è davvero cambiato in Vaticano e perché dovremmo attendere con ansia gioiosa ogni futuro cambiamento? In nome di quale fede o promessa provvidenziale o lettura della sfera di cristallo dovremmo immaginare che il futuro sarà migliore del passato?


Giungo così all'ultima mia domanda. La Sibilla Introvigne e l'amico Andrea Tornielli hanno cercato sin da subito di individuare i positivi "frutti di Papa Francesco". Conversioni, confessioni, nuovi ritorni all'ovile grazie alle parole e ai gesti speciali del novello Papa, etc. etc. Dai frutti si dovrebbe giudicare il miracoloso dono del nuovo Papa che già fa respirare una soave "brezza di primavera"... Ma mi fa impressione vedere che questa logica evangelica vale per Papa Francesco, ma viene del tutto ignorata nel caso dei Francescani dell'Immacolata. E, se permettete, anche una sola anima salvata per sempre, ha agli occhi di Dio una importanza maggiore di un fragoroso successo mediatico. I frutti in vocazioni di quella Congregazione Religiosa, i frutti spirituali, i frutti pastorali sono o non sono sotto gli occhi di tutti? E non sarà dunque evidente che dinanzi ad una crescita costante delle vocazioni nel corso degli ultimi anni, la presenza e l'azione di un numero esiguo di dissidenti interni, fossero pure 10, 20 o 30 frati, potrà rappresentare all'occhio dell'analista un fenomeno del tutto marginale? Dunque perché i buoni frutti sarebbero solo quelli del consenso mediatico concentrato attorno alla figura del Papa, mentre quelli della spiritualità dei FFI dovrebbero essere ignorati come un fatto del tutto accessorio? Perché nella questione FFI diventa più importante "difendere" perinde ac cadaver la Santa Sede, la Curia Romana, la stessa Curia che fino a pochi mesi fa costituiva il principale bersaglio dei media di mezzo mondo e che - ripeto - è sempre la stessa?


A queste domande dubito che qualcuno vorrà rispondere. In ogni caso consentitemi marzullianamente di offrire due possibili risposte generali, condivise, a mio avviso, da chi in questi giorni si affanna nell'invocare moderni autodafé per lo squallido "mondo tradizionalista".


La prima è quella più radicale ed anche la più sincera: Oggi viviamo un nuovo clima, un clima che ha obliterato Papa Benedetto e i suoi passi indietro, il suo fallimentare tentativo di rispondere alla crisi della Chiesa attraverso il recupero del suo passato. Questa novità non ammette più l'esistenza non solo di quegli esperimenti discutibili di Papa Benedetto, ma anche di voci discordi provenienti dal seno della Chiesa. Oggi pur vivendo ormai al di là delle due categorie oppositive tradizionalismo/progressivismo ci sentiamo più predisposti alla rivalutazione del messaggio "progressista" degli anni '70 perché aveva una dimensione sociale che va recuperata. Il tradizionalismo e tutte le sue analoghe forme di espressione sono immagine di un cattolicesimo defunto, imbalsamato, autoreferenziale, che non ha alcun interesse sociale o spirituale se non quello della salvaguardia in blocco di forme decrepite di religiosità e di vita cristiana. Va dunque emarginato, privato di credibilità, ghettizzato o... commissariato.


La seconda è quella dell'ipocrisia retorica che nasconde la prima risposta sotto il belletto della convenienza cristiana, sotto il manto della "via" dello Spirito che dobbiamo seguire senza protestare o argomentare o azionare il cervello in alcun modo: Il bene sta nel nuovo corso Vaticano voluto dallo Spirito Santo - anche se i volti curiali sono sempre gli stessi -, dobbiamo seguire ciò che lo Spirito Santo ci indica! Il male sta nella "blogosfera" dei "mondani spirituali" che vogliono strumentalizzare gli eventi per attaccare il nostro amato Papa!


Detto questo capite bene come qui si sia dinanzi ad un mero scontro ideologico, non a questioni di fede e di spiritualità. Ciò che interessa è avere l'ultima parola o imporre una visione nuova, indipendentemente dall'obbiettivo finale che dovrebbe sempre essere la salvezza delle anime e la gloria di Dio. Concetti ormai definitivamente superati per far posto a mondane logiche politiche. E da secoli la politica pretende l'esistenza di piccole minoranze da attaccare, da usare come capri espiatori. Quanto sono attuali, dunque, le parole che Benedetto XVI rivolse ai Vescovi nel 2009:

"A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo."

Va da sè che se il Papa la Chiesa e i vaticanopinionisti se ne terranno, al contrario, ben lontani riceveranno o si distribuiranno vicendevolmente consensi illimitati...



http://fidesetforma.blogspot.it/2013/08/la-questione-francescani-dellimmacolata.html

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