giovedì 4 luglio 2013

Il cattolicesimo non ha perso, si è ritirato dopo un’infortunio alla gamba destra o sinistra, come preferite, e non può più rientrare

 

di Raffaele Iannuzzi

 

Il cattolicesimo non ha perso, si è ritirato dopo un’infortunio alla gamba destra o sinistra, come preferite, e non può più rientrare: ko tecnico? Fate vobis: non c’è, tutto qua. E’ un morbido assecondare la dolcezza del diavolo che intriga le menti e i cuori, tutto chiaro, ordinato, corretto e da persone educate, perfino dissonanti lobby gay, per citare il Pontefice. Ma non è uno scandalo, è l’anti-scandalo; che ci sia tutto questo, nel mondo, è l’Ordine, solo che si tratta dell’ordine di un altro, il nemico della natura umana, come asseverava convinto Ignazio di Loyola.

Su tutto questo putiferio ordinatore, talune parole affilate, con stili diversi di pronuncia pubblica, si esercitano, proprio per rimescolare le carte e far nascere un caos della verità, un contro-caos, quello dell’Aquinate, con i trascendentali in campo, verità, bontà, bellezza e aggiungiamo l’esito del cuore aperto al vero: la libertà. I fatti, dunque. Mons. Negri, Vescovo di Ferrara-Comacchio, scaglia lo scud terra-aria contro il cattolicesimo-fantasma e fantasmatico, negli affetti e negli effetti: i cattolici non esistono più, sono irrilevanti, scomparsi dall’agone pubblico, sul piano culturale e sul piano politico. Sono fatti, non analisi; dettagli di provata evidenza e di sanguinante conseguenza.

Su un altro piano, il Card. Scola, Arcivescovo di Milano, ragiona sui paradigmi contemporanei di economia, socialità e cultura, traendo una conclusione molto caotica o contro-caotica: i paradigmi convenzionali, di difesa dell’esistente, anche economico-sociali, vedi i lib-lab di turno, sono miseramente crollati, di fronte all’evidenza della crisi mondiale. Torniamo alla verità dell’uomo, leggiamo e impariamo le cose vere, esercitiamo la ragione aprendola - come insegna Benedetto XVI e oggi, con impareggiabile continuità creativa, Papa Francesco – a tutto, all’esistenza nella sua integralità, ai criteri autenticamente ordinatori, i quali, applicati a questa realtà, appaiono a dir poco destrutturanti e dunque molto laici. Laico, cioè cristiano. Il motto rivoluzionario, ben oltre quello di Jobs. La Caritas in veritate purtroppo in molti, soprattutto politici, l’avevano già letta, tra un happy hour e una riunione di partito, nella sintesi dei loro collaboratori e capi segreteria, dunque zero assoluto. L’idea che la crescita sia un evento – non un’idea o un modello – oggettivamente, storicamente e realmente integrale, abbatte il fascino di “Stay hungry, stay foolish”, anche se non il leverage del mercato di ipad e dintorni, ma questa è un’altra faccenda. Ecco il punto.

Perché il cattolicesimo è fuori, out e stantio? Perché l’assimilazione della mens dei dominatori e ordinatori è comoda, fa inserire individui e parentado nei posti ghiotti e certifica l’esistenza dei più nella Società. Piccolo particolare: la porta stretta, il centuplo “insieme a persecuzioni” (non solo quel “centuplo”, che per molti è come il paradiso di Allah, una cornucopia di beatitudini terrene), il vade retro Satana al futuro Pietro, pietra della Chiesa, rispetto alla quale i demoni “non praevalebunt”. E in mezzo c’è sempre la “non persona”, come scriveva il Ratzinger teologo in un saggio magistrale di alcuni decenni fa, cioè il diavolo. Colui che ordina per destrutturare e destruttura per riordinare a modo suo.

Riordinare così, alla maniera del nemico della natura umana, produce un non so che di kantiano, un venticello doveristico che affascina i cattolici benpensanti e ben inseriti, i nuovi borghesi della Messa domenicale e dell’ “impegno dei laici” in tutto, ovviamente, salvo in ciò che conta: quel “dobbiamo” che annienta il testosterone del fascino della presenza di Cristo e, di conseguenza, strappa il cordone ombelicale tra fede e vita. Questo cristianesimo non affascina e dunque non incide. Inserisce funzionari del catasto nei salotti buoni, con tutti quei “tuttavia” e “dobbiamo dialogare” (dobbiamo, appunto), ma non eccita e provoca radicalmente la vita degli uomini veri.

Un prete in un incontro pubblico si espose con geniale franchezza: “Perché non ci sono più preti? Perché non ci sono più maschi”. Un prete è un maschio, perché è un padre. Senza questo gusto, addio al caos della bellezza, al caos che danza, alla vitalità della testimonianza come apertura integrale al vero, al bello e al buono. Tutto qua. Negri e Scola, a modo loro, in modalità diverse, lo richiamano a tutti, e assai laicamente. A questo punto, ci sta la citazione usurata che però, rispetto a Jobs, diventa sonata mozartiana: tutto il resto è noia.

 

http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2013/7/3/IDEE-Servono-uomini-contro-Steve-Jobs-e-il-cattolicesimo-fantasma-/3/407800/

 

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