sabato 11 maggio 2013

Sinceri democratici e infanticidi







I bei curricula di Giubilini e Minerva, teorici dell’aborto post natale



di Giulio Meotti

Un anno fa l’accreditata rivista Journal of Medical Ethics ha pubblicato l’articolo di due ricercatori italiani di bioetica presso le accademie australiane, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, dal titolo “L’aborto post natale: perché il bambino deve vivere?”. Avvenire parlò di un “crepuscolo disumano della civiltà occidentale”, ma anche un filosofo della scienza come Giulio Giorello disse che “è evidente quali cupi scenari evochi una simile visione del mondo”. La tesi del documento, il più discusso di bioetica nell’ultimo anno, è semplice: alle stesse condizioni per cui si uccide il feto nel grembo della madre dovrebbe essere permessa la soppressione dei bambini appena nati. Dopo aver ricordato che l’aborto è lecito e legale per ragioni che non riguardano la salute del feto e dopo aver “dimostrato” che i feti e i neonati hanno lo stesso status morale di “non persona”, Giubilini e Minerva concludono che la soppressione di un neonato è ammissibile in tutti i casi in cui lo è l’aborto.
Il Journal of Medical Ethics ha appena dedicato alla tesi dei due italiani una monografia con una trentina di interventi, fra questi ce n’è uno nuovo dei due ricercatori nel quale loro ribadiscono la liceità dell’uccisione dei bambini appena nati in ogni circostanza. La loro giustificazione dell’assassinio dei neonati è aggravata dal fatto che Giubilini e Minerva sono esponenti del mainstream bioetico italiano (il primo pubblica con la casa editrice Le Lettere).

In passato Giubilini e Minerva sono stati invitati all’Università Vita-Salute del San Raffaele per una conferenza sullo “status morale del feto”, evento presenziato da Roberto Mordacci, docente presso l’ateneo fondato da don Luigi Verzé. I due ricercatori vantano dottorati in due tra le nostre migliori università: Bologna e Milano. Giubilini ha scritto per l’Unità, il giornale del Partito democratico dove ha firmato editoriali contro l’obiezione di coscienza dei medici nel caso dell’aborto. Giubilini pubblica anche su Critica liberale, il mensile azionista diretto dal giornalista del Corriere della Sera Enzo Marzo e animato da Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky, e di cui hanno fatto parte anche Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone e Paolo Sylos Labini.
Giubilini ha tenuto conferenze all’ospedale Molinette di Torino sul tema “Quanto costa la vita?” e alla Sapienza di Roma su “Nascita e terapie neonatali”. Lo sdoganamento accademico dei teorici dell’infanticidio è totale. Minerva e Giubilini, che hanno partecipato alla promozione del libro di Beppino Englaro, “La vita senza limiti”, sono legati a due fra i maggiori centri della bioetica laica: Politeia e la Consulta di bioetica (della seconda Giubilini è anche segretario).

Per le associazioni Politeia e Consulta di bioetica (diretta da Maurizio Mori e di cui Alberto Giubilini è segretario), il caso Englaro è stato la palestra per l’introduzione dell’eutanasia in Italia. Entrambe hanno sostenuto le ragioni di Beppino Englaro, sono state la sua “famiglia” politica e ideale fin da quando il padre di Eluana decise di dare battaglia per far morire di sete la figlia (tra i soci fondatori della Consulta c’è Carlo Alberto Defanti, il neurologo di Eluana). La Consulta è stata decisiva nella stesura della “Carta di Firenze”, quella con cui un gruppo di neonatologi ha sostenuto che i nati prematuri di 22-23 settimane non vanno rianimati. Va da sé che Giubilini e Minerva siano ospiti dell’associazione Coscioni. Nel 2008 il gruppo di Giubilini e Mori porta a parlare all’ospedale Meyer di Firenze, simbolo delle cure all’infanzia, il pediatra Eduard Verhagen, ideatore di quel Protocollo di Groningen che prevede l’eutanasia per i bambini disabili. La conferenza è intitolata così: “Il neonato è persona?”. Con il punto interrogativo. Gianfranco Vazzoler, componente della Consulta, disse che “feti, neonati fortemente prematuri e ritardati mentali gravi, oltre a chi si trova in uno stato vegetativo permanente, non sono persone”. E’ la rivendicazione di un’ideologia disumana che scaturisce da una lontana facoltà australiana, ma che ha origine in Italia, nella “bioetica laica” cosiddetta e nei curricula dei nostri sinceri democratici.






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