martedì 2 aprile 2013

Un teologo per le omelie di Papa Francesco. E' Luis Ladaria, gesuita, segretario della Cdf




di Giacomo Galeazzi


AIUTA IL PONTEFICE NELL’ELABORAZIONE DELLA DOTTRINA

Un teologo per le omelie di Papa Francesco

Luis Ladaria, arcivescovo spagnolo, è l’attuale segretario dell’ex Sant’Uffizio

"I gesuiti non cantano e non sono amanti delle rubriche liturgiche". È un vecchio detto che padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede e assistente generale della Compagnia di Gesù, rispolvera per rispondere a domande sul fatto che Francesco preferisce uno stile molto austero nelle liturgie e finora non lo si è sentito cantare. Ma di teologia i seguaci di Sant’Ignazio di Loyola sono maestri e non a caso Francesco, nel suo primo Angelus, ha parlato proprio della Pontificia Università Gregoriana.

È tra i suoi confratelli docenti dell’ateneo di piazza della Pilotta che il gesuita Bergoglio ha individuato il suo principale consulente teologico: l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario dell’ex Sant’Uffizio. Finora l’inizio di pontificato si è caratterizzato più per i gesti che per le parole. Il Papa si scrive le omelie da solo e parla sempre in italiano, spesso a braccio. Francesco è carismatico e comunicativo quanto Giovanni Paolo II, ma proprio come il predecessore polacco potrà contare su un robusto supporto dottrinario. Dopo il magistero di Ratzinger (che è stato l’ispiratore teologico anche di Wojtyla) la predicazione di Francesco è più da maestro di vita che da custode dell’ortodossia e la discreta collaborazione del gesuita Ladaria è preziosa per rafforzare nei discorsi il profilo della dottrina. 

«Ladaria è in grado di diventare il Ratzinger di Bergoglio», osservano in Segreteria di Stato, dove l’arcivescovo conta solidi legami. Anche nella catechesi alla prima udienza generale, il Pontefice ha confermato il suo stile informale e l’andare all’essenziale. La predicazione è efficace, mai banale, attenta alla spiritualità e alle venature umane dei personaggi . Di San Pietro , per esempio, ha evidenziato che «appena Gesù parla di dono di sé, scappa». A supportare il Papa è la «rete dei gesuiti», il «think tank» dell’ufficio dottrinario. Ladaria può contare sulla comunanza di lingua (lo spagnolo) e di impostazione teologica (aperta alla modernità senza cedimenti alla filo-marxista teologia della liberazione). 
«Prof» apprezzato da generazioni di seminaristi era anche tra i candidati alla successione a Madrid del 77enne Rouco Varela. Con l’elezione di Bergoglio, però, diventa strategica la sua permanenza al dicastero per la Dottrina della fede. A chiamarlo nel 2008 in Curia (nel delicato ruolo occupato per 7 anni da Bertone) è stato Benedetto XVI. Ad illustrare la direzione verso cui Francesco intende condurre la Chiesa è la rivista della Compagnia di Gesù, «Popoli». E cioè «una Chiesa fatta di povertà, purezza di cuore, misericordia, mitezza, umiltà». Più universale in quanto «non identificabile con un’entità europea od occidentale né con un’istituzione romanocentrica». 
Spiega Lombardi: «Lo stile di semplicità e austerità si vede anche nelle celebrazioni, incluso il momento della comunione». Una linea, sperimentata a Buenos Aires, che «non concentra tutto sul celebrante». Sarà Ladaria a fornire il «software» teologico ad un pontificato in dialogo col mondo contemporaneo, innovativo nella orma e nei contenuti. Non abitare nell’Appartamento conferisce al Papa una grande libertà di movimento: gli consente di organizzarsi e muoversi in modo indipendente dalla burocrazia. Può guardarsi intorno e farsi un’idea delle situazioni, fare esperienza di prima mano. Dietro ogni «strappo» il direttorio teologico della sua Compagnia. Il gesuita è anche apprezzato come docente alla Pontificia Università Gregoriana.



© Copyright La Stampa, 2 aprile 2013

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