lunedì 15 aprile 2013

I Sacramenti e la teologia






Cardinale Giuseppe Siri

(«Renovatio», X (1975), fasc. 2, pp. 139-140)


La pseudoteologia — noi ci rifiutiamo decisamente di chiamarla teologia — procede imperterrita nella sua opera di demolizione di tutto. E poco dire che tende a protestantizzare: essa va molto al di là. E procede logicamente. Posto il relativismo, già da noi ripetutamente denunciato, decadono tutti gli elementi del cristianesimo.
Dire che è logico non significa dire che sia vero; significa solo che è coerente al suo principio perfettamente falso.

Ed ora comincia a «mordere» i sacramenti.
Questo piano, talmente lineare da far supporre una intenzionalità, ha cominciato dagli elementi periferici: vesti, cerimonie, devozioni tradizionali e care al popolo. Ma già vi s’agitava l’anima demoniaca di tutto il fenomeno: la distruzione della Chiesa mediante il relativismo.

Ciò è apparso con gradualità, tanto che abbiamo visto gente che quando parla in un ambiente è cattolica, quando parla in un altro è ultramodernista e relativista. Da qualche tempo la maschera è caduta e l’incedere è divenuto imperioso, spavaldo, scoperto.

S’è detto, ora è la volta dei sacramenti.
Ed ecco il modo per arrivarci. L’oggettività della fede, ossia dell’atto di fede, è stata ridotta ad una «soggettività dell’atto di credere».

Lo spostamento dall’oggetto al soggetto, quasi alla chetichella, e stato fatto. Diciamo alla chetichella perché col metodo di parlare vago, senza definizioni, senza princìpi certi, senza movenze chiare, si può far passare tutto.

Fu il metodo di Pelagio che a Roma, così facendo, riuscì ad evadere il controllo di Innocenzo I, ma poi fu smascherato dai Vescovi africani.
La soggettivazione dell’atto di fede porta a distruggere il suo carattere fondamentale, le sue premesse, le sue garanzie. È solo questione di «creatività».

Stando così le cose, che può rimanere dei sacramenti? Un modesto riflesso soggettivo e, siccome i riflessi soggettivi (almeno questo è obiettivo per tutti) sono molti, i sacramenti possono essere invece che sette, anche settanta. Perché fermarsi, per inconsulta paura, ad otto o nove o dieci? Naturalmente, contro l’esplicita definizione dogmatica del Concilio di Trento.

Oltraggiato il quale, non sappiamo a quale titolo ci si possa appellare ad un altro Concilio, fosse pure il Vaticano II.
Che si dica che i sacramenti sono segni «della Chiesa» non serve a nulla perché o sono quello che furono, o, nella alluvione relativistica, non sono più niente. Ed ameremmo che si avesse il coraggio di dire, da chi abbraccia il relativismo, «che non sono più niente».

Per provare quanto andiamo scrivendo con i documenti, si legga quest’ammirabile passo, che trascriviamo: «… la mensa eucaristica non crea di per sé la comunione (questa è svanita), neanche gli alimenti in essa apprestati (si capisce il dileggio dell’Eucarestia) la realizzano.
Occorre che l’uomo prima si decida a raccogliere la lezione che da essa promana (funzione meramente didattica). Il comune convito diventa Cena di alcune parole che si possono dire magiche (la forma dell’Eucarestia è liquidata), ma nella misura in cui i partecipanti tentano (non si sa dunque se ci riescano) di rivivere il significato che Cristo gli ha attribuito».

Non dunque l’Eucarestia renderà obiettivamente partecipi della vita divina, senza annullare la creaturalità, ma sarà la creatura a porre, creare ciò che in questo caso diviene pietosa illusione.
Diciamo infatti «pietosa», perché cosa mai può creare l’uomo, soprattutto di superiore a se stesso?

Perché l’autore di questo brano non ha avuto il coraggio (non lo ebbe del tutto neppure Lutero) di rinnegare semplicemente la presenza reale?

La sorte riservata all’Eucarestia dalla pseudoteologia, e non solo da quella, è triste. Dio provvederà, poiché a mali così gravi Dio solo può provvedere. A poco a poco si tenta di svuotare di valore tutti i sacramenti. Ce ne siamo accorti a proposito del matrimonio, in occasione dell’istituzione del divorzio in Italia; i tentativi indiretti nei confronti del sacramento della Penitenza hanno la stessa origine e lo stesso significato. La negazione dilaga. Questa gente non sente né Papi, ne Concili, né Vescovi, ne popolo cristiano (quello che resta fedele).

Quando è tanto chiaro il punto di partenza, è chiaro il dilemma che ne segue: o dentro o fuori.
La Chiesa ha vinto le eresie, ma ha ben più difficoltà a vincere le confusioni.


http://continuitas.wordpress.com/2013/04/04/i-sacramenti-e-la-teologia/

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