sabato 26 gennaio 2013

"Nella liturgia e della liturgia la chiesa vive, anche come edificio!"




Saluto del cardinale Cañizares ai partecipanti al Master in Architettura, Arti sacre e Liturgia presso l'UER di Roma



Proponiamo il testo del saluto rivolto il 25 gennaio 2013 presso l’Università Europea degli Studi di Roma dal cardinale Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ai docenti ed agli alunni del Master in Architettura, Arti sacre e Liturgia, giunto alla sua sesta edizione.

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Magnifico Rettore,
Egregio Professor Architetto Paolo Portoghesi,
Egregio professor Michele Gallina,
carissimi confratelli nel Sacerdozio,
cari Architetti ed Artisti,
gentili convenuti tutti,

Sono lieto di essere qui tra voi, oggi, per la giornata inaugurale della sesta edizione del Master. Ringrazio sentitamente il Coordinatore del Master, il Rev.do Prof. Salvatore Vitiello, per le cordiali parole di benvenuto e, soprattutto, per il lavoro profuso in questa opera. Desidero altresì esprimere la mia viva gratitudine a tutti voi, architetti e artisti del Master, che frequentate in quest’anno o che siete “ritornati oggi” in quella che, oltre ad essere un’esperienza accademica, vuole essere sempre più imprevedibilmente ed in modo chiaro, un’esperienza umana, cristiana ed ecclesiale.

Con questo spirito abbiamo accolto l’appello del Santo Padre Benedetto XVI a partecipare, attivamente e con passione, a quel perenne rinnovamento nella fedeltà che, anche nella liturgia, nell’architettura e nell’arte sacra, sempre deve trovare spazio nella vita ecclesiale.

L’auspicio di tutti è che nei prossimi decenni possa progressivamente, ma costantemente, essere tematizzata la cruciale questione dell’architettura e dell’arte sacra, senza pregiudizi o contrapposizioni, senza sterili nostalgie o pericolose fughe in avanti, perché possa aver luogo un vero e proprio rinnovamento di queste dimensioni cruciali della vita della Chiesa. Ogni autentico rinnovamento, nella Chiesa, non può che essere considerato alla luce dell’imprescindibile rinvigorimento della fede accolta, professata e vissuta.

Desidero riconoscere, con voi e per voi, come l’andare a fondo dell’opera artistica, sia un divenire anzitutto “esperti” e, poi, ministri della Bellezza. È un incrementare la vostra stessa vita, associarvi alla “bellezza” più autentica, che è l’opera di Redenzione dell’umanità.

Al pensare contemporaneo pare più razionale, piuttosto, pensare ad un arte che sia “artefice”, “creatrice” di bellezza o, come è avvenuto sempre più diffusamente oggi, lasciare che sia la scuola tecnica o addirittura la singola produzione artistica a definire che cosa è “bellezza”. In questi anni, infatti, è palese come quanto più il contenuto di una produzione umana risulta dipendente dall’estro dell’artista, dall’autoreferenzialità del suo pensiero, tanto più volentieri, a tale contenuto, si attribuisca il concetto di “bello”, anche qualora esso risulti, in se stesso, logicamente incomprensibile, irreale e, talvolta, esplicitamente negativo.

La bellezza, infatti, secondo la concezione di San Tommaso - una delle comprensioni più alte che l’animo umano abbia mai raggiunto di se stesso e della realtà tutta - costituisce uno dei cosiddetti “trascendentali”, cioè di quelle caratteristiche che sono proprie di ogni ente e che derivano dal fatto che il suo essere è “dato”, per partecipazione, da Colui che è lo Stesso Essere, cioè da Dio.

Questa è la bellezza allora: il venire da Dio ed a Lui condurre!

E l’uomo è, nell’universo, l’unico che sia capace di riconoscere, in modo originario ed immediato, tale bellezza, e quindi l’unico a poter ringraziare, lodare e servire Colui al quale essa rimanda. E le realtà create rimandano il cuore dell’uomo al Creatore di tutte le cose, attraverso la gratuità, che la loro esistenza è, e, insieme, attraverso la loro bontà e verità, cioè attraverso l’immagine che di Dio portano in sé e che fece scrivere a San Giovanni Apostolo: «Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1,3).

In questa concezione metafisica ed antropologica di bellezza, quindi, risulta “bello” ciò che “naturalmente” rimanda a Dio, cioè tutta la creazione, e, in modo eminente, l’uomo religioso, colui che, con la propria libertà, riconosce ed ama il suo Creatore.

Quanto detto circa la realtà della bellezza, oltre a mostrarne l’intimo legame con la verità e la bontà, ne salva anche l’assoluta oggettività: essa infatti non dipende più dall’arbitrio dell’uomo, secondo il pensiero idealista che considera i trascendentali come strutture dell’intelletto, ma dipende dallo stesso sguardo di Dio sulla Sua creazione: «e Dio vide che era cosa buona» (Gen 1,25).

Dio, l’Eterno Presente, si è fatto presente in un modo umanamente comprensibile, cioè materialmente osservabile e misurabile, ma, al contempo, in un modo che eccede ogni umana misura.

Compito dei Sacerdoti allora è rendere presente la Bellezza che salva e offrirla agli uomini, dopo essere stati intimamente conquistati da essa e sacramentalmente trasformati.

Compito degli architetti e degli artisti, poi, sarà innanzitutto lasciarsi coinvolgere da questa Bellezza, che suscita e permette l’atto di fede, aprendo sempre più il cuore dell’uomo all’opera della grazia e “trasferendolo” davanti alla Luce invisibile del Sacramento.

In secondo luogo, a partire dalla vostra reale, ecclesiale, ed insieme, personalissima accoglienza del Suo Amore, potrete comunicare qualcosa di vero agli altri. Infatti, nessuno può condurre l’altro laddove egli già non sia, ad una meta che non conosce. Nella misura in cui vi lascerete coinvolgere dalla Bellezza del Salvatore, potrete condurre i nostri fratelli a riconoscerla.

Conseguentemente, proprio partendo dalla bellezza ontologicamente intesa e dalla nuova concezione di bellezza derivante dal mistero dell’evento storico di Cristo Signore, è necessario riconoscere come l’Incarnazione, la Croce e l’Eucaristia – presenza del Risorto tra noi e nel mondo – siano le tre “dimensioni” dello spazio sacro.

Questo non può essere a-storico, perché il cristianesimo è una fede rivelata e perciò storica; non può essere de-forme, perché il Verbo si è fatto carne in una “forma” determinata ed insuperabile: l’uomo; non può, soprattutto, essere uno spazio a-polide, disorientato e disorientante, poiché Cristo è il Sole di giustizia, la Via, la Verità e la Vita. Egli è l’orientamento, la stella polare verso cui l’intera esistenza cristiana guarda costantemente.

Lo spazio fisico della chiesa, che è sempre un segno inequivocabile della presenza del mistero nel mondo, acquista in modo più pieno e compiuto il proprio reale significato nella celebrazione liturgica. È differente lo stare in una chiesa anche molto bella, ma “muta” ed il vivere in pienezza la liturgia che in essa si celebra. Nella liturgia e della liturgia la chiesa vive, anche come edificio! Le pietre, le forme, le statue, gli affreschi, i dipinti, le vetrate, la musica, il canto, i gesti, tutto vive e riverbera nella sacra liturgia.
Lo spazio sacro viene, così, trasfigurato dal rito e, in particolare, da quel vertice sacramentale che è l’Eucaristia! Lo spazio è trasfigurato nella “Gerusalemme celeste”, che è realmente presente nel Sacramento e ci accoglie al proprio interno.

D’altro lato il percorso di conversione e salvezza che l’uomo è chiamato a compiere nell’incontro con Cristo, dilata lo spazio sacro fino a quello specialissimo ed intangibile “spazio” che è la libertà umana. Nessun architetto o artista dovrebbe mai dimenticare come il vero “spazio sacro”, sul versante dell’uomo, sia quello della libertà e che mai, in alcun caso, la realizzazione di uno spazio e di un’opera d’arte dovrebbe avere come conseguenza, anche solo percepita, la costrizione, l’oppressione della persona.

Lo spazio sacro è anche lo spazio antropologico ed entrambi sono inseriti e donano significato allo spazio cosmico. Questo, anche se oggi è così lontano dalla comune esperienza degli uomini, è, e rimane, essenziale, anzi determinante, per l’incontro con la bellezza seconda e con il Suo Creatore: la Bellezza prima.

Mentre i sacerdoti, ministri per grazia ontologicamente conferita ed essenzialmente differente, vivono e mostrano primordialmente la Bellezza Divina attraverso l’annuncio della Buona novella e la celebrazione dei sacramenti, tutti siete chiamati, in forza del battesimo e - è doveroso ricordarlo - anche della comune ragione umana, a servire la bellezza come reale possibilità di salvezza, come antidoto alla dispersione, al disorientamento, allo smarrimento dell’io e del significato dell’esistenza.

Allora auguro un fecondo lavoro a questo importante Master, al quale volentieri la Congregazione per il Culto divino ha concesso il patrocinio. Guardando a Cristo, non sarete appena architetti ed artisti, ma sarete veri “collaboratori della gioia” degli uomini, perché ministri, cioè servi della bellezza!


ROMA, Friday, 25 January 2013 (Zenit.org)

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