domenica 30 dicembre 2012

La garanzia dell'Incarnazione


All'inizio dell'anno la solennità della Madre di Dio



di Salvatore M. Perrella

Il primo giorno di ogni anno la Chiesa celebra la solennità liturgica di Maria “madre di Dio-Theotókos”; siamo ancora pervasi dalla gioia del Natale per la commemorazione della nascita a Betlemme di Giudea dell'Emmanuele Dio-con-noi. Infatti, il Vangelo del giorno racconta la visita dei pastori nel luogo loro indicato dove «trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Luca, 2, 16). Il Natale non è un racconto fiabesco, non è un mito senza storia; è evento di salvezza a cui il credente aderisce con fede e con grande riconoscenza e tenerezza per l'inedita via con cui il Figlio eterno di Dio si è rivestito della nostra carne mostrandosi ai pastori nella bellezza e fragilità di un bambino concepito, gestito e partorito dalla Vergine.


A tal riguardo, Benedetto XVI, nel suo recente volume L'infanzia di Gesù, afferma: «Gesù non è nato e comparso in pubblico nell'imprecisato “una volta” del mito. Egli appartiene ad un tempo esattamente databile e ad un ambiente geografico esattamente indicato: l'universale e il concreto si toccano a vicenda. In Lui, il Logos, la Ragione creatrice di tutte le cose, è entrato nel mondo, il Logos eterno si è fatto uomo, e di questo fa parte il contesto di luogo e tempo. La fede è legata a questa realtà concreta, anche se poi, in virtù della Risurrezione, lo spazio temporale e geografico viene superato e il “precedere in Galilea” (cfr. Matteo, 28, 7) da parte del Signore introduce nella vastità aperta dell'intera umanità (…). La storia dell'elezione fatta da Dio, fino ad allora limitata ad Israele, entra nella vastità del mondo, della storia universale. Dio, che è il Dio di Israele e di tutti i popoli, si dimostra come la vera guida di tutta la storia» (p. 77-78).


Maria, la «madre di nostro Signore» (cfr. Luca, 1, 43), a motivo di questo allargamento di interesse e di orizzonte trinitario determinato dall'ingresso del Logos eterno nel tempo, nello spazio e nella storia, è parte indispensabile e nobile di questa “storia dell'elezione fatta da Dio”. Per cui il titolo “Theotókos-Genitrice di Dio” contestato dal patriarca Nestorio, difeso e proclamato al concilio di Efeso nel 431, è logica e teologica conseguenza di questo irradiamento cristologico e salvifico voluto dall'eterno Padre, accettato sin dagli inizi dal Verbo (cfr. Ebrei, 10, 5-10), realizzato nella «pienezza del tempo» (Gàlati, 4, 4-6) dallo Spirito Santo e reso possibile nel fiat consenziente della Vergine nazaretana (cfr. Luca, 1, 38). La conseguenza della decisione del concilio di Efeso è ancora oggi evidente e valida: Maria può essere detta “madre di Dio”, non perché ha generato un dio, ma perché ha partorito come vero uomo un Figlio che era anche vero Dio. In questa prospettiva si salvaguardava perfettamente la salvezza apportataci da Cristo, figlio di Dio e figlio di Maria; non è un caso che dopo Efeso ebbero nuovo impulso il culto, la pietà e la devozione mariana nella Chiesa.


Molti secoli dopo la decisione conciliare efesina, esattamente l'11 ottobre 2010, Benedetto XVI, durante la prima congregazione generale dell'assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, parlando “a braccio”, non ha temuto di ricordare come Theotókos sia un «titolo audace», osservando fra l'altro: «In questa grande parola Dei Genitrix, Theotókos, il concilio di Efeso aveva riassunto tutta la dottrina di Cristo, di Maria, tutta la dottrina della redenzione (…). Una donna è Madre di Dio. Si potrebbe dire: come è possibile? Dio è eterno, è il Creatore. Noi siamo creature, siamo nel tempo: come potrebbe una persona umana essere Madre di Dio, dell'Eterno, dato che noi siamo tutti nel tempo, siamo tutte creature? Perciò si capisce che c'era forte opposizione, in parte, contro questa parola. I nestoriani dicevano: si può parlare di Christotókos, sì, ma di Theotókos no: Theós, Dio, è oltre, sopra gli avvenimenti della storia. Ma il concilio ha deciso questo, e proprio così ha messo in luce l'avventura di Dio, la grandezza di quanto ha fatto per noi. Dio non è rimasto in sé: è uscito da sé, si è unito totalmente, così radicalmente con quest'uomo, Gesù, che quest'uomo Gesù è Dio, e se parliamo di Lui, possiamo sempre anche parlare di Dio. Non è nato un solo uomo che aveva a che fare con Dio, ma in Lui è nato Dio sulla terra. Dio è uscito da sé. Ma possiamo anche dire il contrario: Dio ci ha attirato in se stesso, così che non siamo più fuori di Dio, ma siamo nell'intimo, nell'intimità di Dio stesso». 


Questo grande e incommensurabile avvenimento declina, quindi, il senso, la portata e il servizio a Dio, all'umanità, alla Chiesa, al tempo e allo stesso cosmo finalmente redenti e riconciliati, vissuti e resi da Maria, da una di noi, vera Madre di Dio secondo la carne. Ciò che ha influito sullo sviluppo del dogma mariano nella Chiesa antica è stata soprattutto la volontà di difendere la verità cristologica dall'attacco delle eresie, e il bisogno di professarla nella sua integrità. Il pensiero di fede nel suo movimento di comprensione dell'“evento-Cristo” coinvolge sempre la persona, il ruolo e il significato di Maria per la Chiesa. 

 Il dogma mariano è dunque ben integrato nella cristologia; la difesa della fede cristologica diventa al tempo stesso attestazione della verità intorno alla Madre del Signore. Anche nella teologia contemporanea tale rapporto è indagato e approfondito, sia sul versante della diaconia materna, che su quello della significanza ecclesiale, tipologica, ecumenica e simbolica di questa Donna di Nazaret. La maternità messianica, vissuta dalla Vergine con singolare ed esemplare fede e carità, è stata arricchita dal Signore stesso, come ha insegnato Giovanni Paolo II nell'enciclica Redemptoris Mater (25 marzo 1987), dalla diaconia salvifica ed ecclesiale; servizio che esprime bene l'asserita iconicità di Maria in ordine alla maternità e al servizio apostolico della Chiesa e del singolo credente a Cristo, per opera dello stesso Spirito, al suo Regno e a ciascun redento. La maternità di Maria è stata ed è quindi vera, reale, umana, cristica, ecclesiale, verginale, femminile, psicologica, teologale, appassionata, globalizzante; maternità singolare che l'ha posta come protagonista nell'evento trinitario e insieme antropologico dell'Incarnazione. Per cui la riflessione di fede sulla Madre di Gesù è tutta relazionale: non si può parlare di lei senza scrutare i suoi rapporti col Padre, con la persona e l'opera del Figlio, con la persona e l'azione dello Spirito e perciò della Trinità nella persona umana, nella Chiesa dei discepoli, nella storia e nell'escatologia.

Infine, in questo 1° gennaio la maternità universale e interrelazionale della Madre del Signore, suggerisce alla Chiesa di invocarla e di additarla come vera Regina pacis, in quanto, come scrive Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2013, «ogni anno nuovo porta con sé l'attesa di un mondo migliore. In tale prospettiva, prego Dio, Padre dell'umanità, di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera»; una esistenza segnata dalla comune vocazione e impegno alla pace integrale e fraterna.

(©L'Osservatore Romano 30 dicembre 2012)


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