giovedì 1 novembre 2012

Nel lessico sul Concilio sono entrate nell’uso comune espressioni che non ne aiutano la vera comprensione.







di Stefano Fontana

In queste prime settimane da quando Benedetto XVI ha aperto l’Anno della Fede e commemorato l’apertura del Concilio Vaticano II, sono ampiamente circolate frasi fatte ed espressioni ripetute per inerzia che non sempre aiutano. Anzi, spesso il loro uso è già indicazione di una certa preconcetta interpretazione del Concilio stesso.

Nuova Pentecoste
L’espressione esprime bene la speranza di Giovanni XXIII nell’indire il Concilio. Viene però anche usata per esprimere la “novità” del Concilio: come con la Pentecoste è nata la Chiesa, con la nuova Pentecoste conciliare sarebbe nata una “nuova Chiesa”. Il Vaticano II è stato certamente una Pentecoste, ma non più di quanto lo siano stati i precedenti venti concili ecumenici della Chiesa cattolica.

Nuovo inizio
L’espressione è relativa alla precedente: con il Vaticano II la Chiesa avrebbe vissuto una rinascita. La formula rischia di gettare una luce negativa sulla precedente vita della Chiesa e può indurre a pensare che prima del Vaticano II la Chiesa abbia vissuto una specie di limbo quando non addirittura un lungo periodo di errore.

Ritorno alle fonti
Il ritorno alle fonti è cosa buona se significa ritorno a Gesù. Spesso però la frase è adoperata per saltare il periodo preconciliare, che avrebbe tradito le fonti o le avrebbe appesantite sia con la filosofia e la teologia cristiane sia con gli interventi dell’istituzione gerarchica.

Concilio incompiuto
Che il Concilio aspetti ancora di essere realizzato e che finora talvolta si sia cercato di realizzarlo in modo sbagliato è cosa nota e affermata anche dal Papa. Chi dice che il Concilio è incompiuto però spesso intende che la gerarchia della Chiesa avrebbe attuato una specie di normalizzazione, bloccando lo spirito innovatore del Vaticano II. Usata in questo senso l’espressione è ideologica in quanto contrappone un presunto spirito del Concilio alla Chiesa.

Spirito del Concilio
Chi adopera questa formula di solito vuol dire che nel Vaticano II c’è stato lo “spirito” e la “lettera” rappresentata dai testi. Questi ultimi sarebbero dei compromessi, frutto di negoziazioni le quali, in fondo, hanno spento o frenato lo spirito del Concilio, che invece continuerebbe anche oltre i testi. In questo modo lo “spirito” del Concilio diventa qualcosa di inafferrabile e viene completamente staccato sia dai testi conciliari sia dal magistero.

Il Concilio come evento
La parola evento, applicata al Concilio, vuol dire che esso è stato soprattutto un fatto storico che si è autoprodotto, al di là della indizione formale, dei testi approvati, degli interventi dei Pontefici, che vengono valutati positivamente quando sembrano in sintonia con l’evento e ne seguivano il vento o negativamente quando vi si opponevano. Per esempio la ricusazione degli schemi preparatori della Commissione teologica è visto come un fatto positivo, la Nota Praevia alla Lumen Gentium di Paolo VI come un fatto negativo. L’evento non ci sta dentro i limiti della Chiesa istituzione e quindi il Vaticano II è destinato a “continuare” e sarebbe già in atto di fatto un Vaticano III o un Vaticano IV.

Il Concilio è più avanti
Questa espressione rimarca quanto visto precedentemente. Il concilio sarebbe più avanti, ci precederebbe, la Chiesa sarebbe in ritardo e i Papi la tratterrebbero indietro. Questa espressione separa il concilio dalla tradizione della Chiesa e pretende che sia il concilio a interpretare la tradizione e non viceversa.

Ritrovare il Concilio
Questa espressione vorrebbe dire che il Concilio è stato impedito e che ad un certo punto chi guida la Chiesa ha impostato le cose in modo da insabbiare le novità conciliari, che devono quindi essere ritrovate.
Sarebbe meglio non adoperare queste espressioni, né altre che sono ormai troppo cariche di significati ideologici e oltre ad essere inflazionate sono anche inquinate.


http://www.vanthuanobservatory.org/    10-2012

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