mercoledì 12 settembre 2012

Corpo e anima





di Padre Giovanni Cavalcoli

Dopo lo sconcio libro di Vito Mancuso sull’anima di recente pubblicazione, ecco uscire, con una recensione del Corriere della Sera del 6 settembre scorso, un altro gioiello del più crasso materialismo che vorrebbe ammantarsi del prestigio indiscutibile della neurobiologia e della genetica. Il titolo è tutto un programma: “Quel che resta dell’anima”, di un certo Edoardo Boncinelli, docente presso l’Università San Raffaele di Milano.

Indubbiamente qui, trattandosi di un semplice scienziato, la nostra meraviglia non sarà come quella che abbiamo provato per il libro di Mancuso, dottore in teologia in una Università pontificia, anche se oggi siamo abituati a conoscere “cattolici” di questo genere.
Se pertanto comprendiamo l’ambizione di uno scienziato che pretende di giudicare di cose che sono al di sopra della portata della scienza empirica, qual è il mondo dello spirito, mirabile è la stoltezza del “teologo” Mancuso, il quale si toglie da sé sotto i suoi piedi il terreno stesso sul quale poggia. Infatti una “teologia” come la sua, senza una decente dottrina dell’anima, è come quel corridore che volesse usare una bici senza ruote.

La tesi di fondo del Boncinelli è la vecchia teoria positivista, aggiornata con i dati in sé del tutto rispettabili delle suddette discipline, secondo la quale in una certa tradizione filosofica e religiosa (e qui è certamente colpito il cattolicesimo), l’anima umana è falsamente intesa come forma immateriale, spirituale ed immortale superiore al corpo e principio attivo ed efficiente delle sue attività vitali, tra le quali emerge l’intelletto, la ragione, il pensiero, la coscienza, la scienza, la volontà, l’emotività e il libero arbitrio.
Viceversa queste attività, secondo il Boncinelli, sarebbero sufficientemente spiegate, dopo una reinterpretazione riduttiva dell’anima adatta alla tesi dello stesso Boncinelli, con i semplici dinamismi fisici che strutturano il sistema neurobiologico della persona umana, riproponendo così la vecchia e mille volte confutata teoria materialistica che vorrebbe spiegare una realtà superiore, qual è lo spirito, con l’inferiore realtà della materia, per quanto si tratti di materia biologicamente e neurologicamente vivente.

Ma il Boncinelli non si chiede da cosa dipende, nell’uomo, la vita stessa e l’agire di questi livelli della corporeità umana. Egli si propone di eliminare i “dualismi”: ebbene, supposto appunto che la persona umana sia una sostanza o un ente o un soggetto sussistente e completo in se stesso di tutto ciò che gli serve per vivere e principio di tutte le attività vitali, non ci vuol molto a capire che uno dev’essere il principio vitale, che da sempre e in tutte le culture antiche e moderne, laiche o religiose, vien chiamato “anima”.
Dunque l’anima, diffusa in tutto il corpo, spiega tutte le attività dell’individuo umano, sia quelle fisiche e vegetative, neurologiche e biologiche, sia quelle sensitive, psicologiche ed emotive, che quelle spirituali, che si aprono all’esercizio dell’intelligenza e della volontà e quindi a tutte le attività superiori della vita di relazione, degli atti morali, delle virtù, della formazione culturale, delle attività religiose e della ricerca dell’Assoluto divino.

Io vorrei chiedere al Prof. Boncinelli: ma caro Professore, per poter ideare, scrivere e diffondere le sue teorie, per averle elaborate e per poter portare argomenti a loro favore, Lei avrà ben dovuto indagare, riflettere, ragionare, confrontarsi con altri studiosi, leggere opere sull’argomento.
E allora Le domando: con quali facoltà o con quali potenze o con qual metodo o grazie a quali atti Lei ha potuto far queste operazioni mentali e volontarie, se non con quell’intelligenza, quel pensiero, quella ragione, quella volontà, quella capacità di scelta, quella cultura, tutte qualità, attività e potenze immateriali e spirituali che non hanno spiegazione sufficiente se non nella sua anima spirituale, sia pur con la mediazione e la strumentalità della sua vitalità biologica e nervosa? O forse queste sue qualità e attività sono state semplicemente il prodotto fisico proprio della struttura bioneurologica della sua persona?

Torna la gravissima questione di prima: è del tutto irrazionale, antiscientifica ed assurda la pretesa del materialismo di considerare l’attività della materia come causa sufficiente ed efficiente delle attività dello spirito: l’effetto non può essere superiore alla causa, ma è la causa che dev’essere superiore all’effetto, altrimenti la causa non spiega niente, non dà alcun apporto di conoscenza e non aumenta il sapere.
Se dico che un fanciullo di dieci anni solleva cento kili (a meno che non tratti di un miracolo) o mento, o sono pazzo, o parlo per ischerzo, ma nessuno mi prenderà sul serio. Così è assurdo considerare l’anima spirituale, capace di attività immensamente superiori a quelle del corpo o della materia, sia pur biologica o neurologica, come inesistente o come effetto di un’assurda “autotrascendenza” della materia o comunque espressione della materia del corpo.
Altrimenti sarebbe come se io dicessi che la causa del mio capire ciò che leggo non è la mia intelligenza, ma l’illuminazione che si trova nella mia camera. Rispettabilissima e necessaria è la neurobiologia, purchè però stia al suo posto e non pretenda di giudicare su di un piano dell’essere – lo spirito – che è superiore al suo.
Altrimenti sarebbe come pretendere di interpretare la Divina Commedia contando il numero delle parole. Basterebbe un computer e potremmo mandare a spasso i critici letterari. Se bastasse la Neurobiologia per spiegare che cosa è il pensiero, tanto varrebbe chiudere diverse Facoltà universitarie, a cominciare dalla Psicologia.

Il cervello non è la causa ma la condizione materiale sine qua non del pensare umano. L’origine del pensiero è l’anima e l’anima è immediatamente creata da Dio: tanta è la dignità dell’anima (imago Dei), che occorre addirittura la Causa prima per porla in essere. Questo non è solo dato di una sana psicologia, ma anche dogma della fede cattolica.
Indubbiamente occorre evitare i dualismi, riuscire a sanare quel conflitto tra “spirito” e “carne” del quale parla S.Paolo. Ma troppo semplicistica e quindi falsa è la soluzione di eliminare una delle polarità (l’anima). Il risultato sarebbe solo quello di abbassarci al livello delle bestie, la cui massima aspirazione non è certo lo spirito o l’Assoluto, ma l’alimentazione e il sesso, con tutto il rispetto per questi aspetti essenziali della vita umana. D’altra parte la distinzione tra anima è corpo è verità di fede definita dal Concilio Lateranense IV del 1215.
I dualismi teorici o pratici esistono e bisogna cercare di toglierli. Ma distinguere anima e corpo non è affatto un dualismo, residuo di una vecchia mentalità mitologica. Ma è una necessità razionale e scientifica impreteribile, nonchè una dottrina incontrovertibile, come ha dimostrato la filosofia a cominciare da Platone e poi via via, confermata dalla Sacra Scrittura, e da tutta la filosofia cristiana sino ad oggi, oltre ad essere dogma della fede cattolica. Certo occorre intenderla bene, appunto non in senso dualistico, quasi si trattasse, come pensava Cartesio, di due sostanze distinte che poi non si sa come da esse far risultare un’unica sostanza.

Certamente quando diciamo “corpo umano” s’intende corpo animato, per cui nel concetto stesso di corpo umano è inclusa l’idea dell’anima. Altrimenti avremmo o un cadavere o un semplice corpo chimico, come ce ne sono tanti in natura. Tuttavia ciò non ci autorizza, come avviene nel monismo antropologico idealista o materialista, oggi molto di moda, a ridurre il corpo all’anima o l’anima al corpo, sotto pretesto dell’“unità” dell’individuo umano. Anima e corpo formano certo un tutt’uno, ma sono realmente distinti tra di loro. Basterebbe solo pensare alla mortalità del corpo e all’immortalità dell’anima.

Si può quindi e si deve parlare di dualità, senza che ciò voglia dire necessariamente dualismo. E’ di ragione e di fede, per noi cattolici, che anima e corpo appartengono a due distinti piani dell’essere: quello spirituale, per l’anima, quello materiale per il corpo. Indubbiamente questa distinzione va fatta con prudenza e moderazione, perché resta vera l’esistenza nell’uomo di una vita fisica oltre a quella spirituale, e qui abbiamo il piano della vita biologica e neurologica.
Lo stesso piano psichico, che abbiamo in comune con gli animali, è dipendente dalla materia. Solo la vita dello spirito è capace di sussistere anche indipendentemente dalla materia; e per questo l’anima è immortale, benchè anche le nostre attività razionali nella vita presente non possano essere esercitate senza condizionamenti fisici (per es. il cervello) e senza espressioni fisiche (per esempio il linguaggio) della loro attività.

Il libro del Boncinelli potrà dunque esser utile per apprendere i meravigliosi dinamismi del nostro apparato neurobiologico, ma bisogna opporsi decisamente alla riduzione materialistica dell’anima a quei processi, perché ciò offende la vera dignità dell’anima; e misconoscere la vera natura dell’anima porta conseguenze disastrose in tutti i campi della vita umana, da quello intellettuale a quello morale, da quello sociale a quello religioso, sino a compromettere tragicamente il destino ultraterreno dell’uomo e la sua eterna salvezza.

Libertà e Persona   12 settembre 2012



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