sabato 4 agosto 2012

Un Libro di Fulton Sheen: "Vivere la Messa", sulla Messa Antica

 

 



La Casa Editrice San Paolo, che a volte ci presenta libri alquanto sbalorditivi, se non proprio discutibili, ultimamente ci ha stupito in positivo e ripetutamente, come in questa inattesissima pubblicazione. Infatti, dopo aver meritoriamente edito nel 2007 il messalino per seguire l'Ordinario liturgico tradizionale - con notevole successo di vendite - ha deciso di ripubblicare lo splendi do libretto sulla Messa di Mons. Fulton Sheen, uscito in prima edizione a New York nel 1936 (con ecclesiastico imprimatur). Inoltre la medesima Società San Paolo ha aggiunto un sottotitolo chiarificatore al libretto inesistente nell'originale: Riflessioni sulla Santa Messa celebrata nella forma straordinaria del rito romano. Un anonimo ma competente prefattore (da identificarsi forse con P. Francesco Capello autore per "Fede e Cultura" di La Messa antica nel 2008) ha ben introdotto il saporoso testo dell'arcivescovo americano, scrivendo che quando l'Autore pubblicò il libretto "la Messa era celebrata con il vecchio Messale risalente al Concilio Tridentino, detto anche di San Pio V, il Papa che diede attuazione ai decreti dello stesso Concilio" (p. 5).

In realtà, come ricordava il cardinal Ratzinger, le origini del messale pre-conciliare risalgono molto più in là del concilio di Trento. Ratzinger paragona i due messali notando l'antichità di quello classico:
« Il secondo grande evento all'inizio dei miei anni di Ratisbona fu la pubblicazione del messale di Paolo VI, con il divieto quasi completo del messale precedente, dopo una fase di transizione di circa sei mesi. Il fatto che dopo un periodo di sperimentazioni che spesso avevano profondamente sfigurato la liturgia si tornasse ad avere un testo liturgico vincolante [col messale del 1969], si era salutata come qualcosa di sicuramente positivo. Ma rimasi sbigottito per i l divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l'impressione che questo fosse del tutto normale. Il messale precedente era stato realizzato da Pio V nel 1570, facendo seguito al concilio di Trento; era quindi normale che, dopo quattrocento anni e un nuovo concilio, un nuovo Papa pubblicasse un nuovo messale.Ma la verità storica è un'altra. Pio V si era limitato a far rielaborare il messale romano allora in uso, come nel corso vivo della storia era sempre avvenuto lungo tutti i secoli. Non diversamente da lui, anche l'ultimo dei suoi predecessori [come in tempi recenti San Pio X, Pio XII e Giovanni XXIII] avevano rielaborato questo messale, senza mai contrapporre un messale ad un altro. Si è sempre trattato di un processo continuativo di crescita e di purificazione, in cui, però, la continuità non veniva mai distrutta. Un messale di Pio V che sia stato creato da lui non esiste. C'è solo la rielaborazione da lui ordinata, come fase di un lungo processo di crescita storica. Il nuovo, dopo il concilio di Trento, fu di altra natura: l'irruzione dlla Riforma protestante aveva avuto luogo soprattutto nella modalità di "riforme" liturgiche [...]. In questa situazione di confusione, resa possibile dalla mancanza di una normativa liturgica unitaria ed al pluralismo liturgico ereditato dal medioevo, il Papa decise che il Missale Romanum, il testo liturgico della città di Roma, in quanto sicuramente cattolico, doveva essere introdotto dovunque non ci si potesse richiamare a una liturgia che risalisse almeno 200 anni prima. Dove questo si verificava, si poteva mantenere la liturgia precedente, dato che il suo carattere cattolico poteva essere considerato sicuro. Non si può quindi affatto parlare di un divieto riguardante i messali precedenti e fino a quel momento regolarmente approvati. Ora, invece, [con l'introduzione del Novus Ordo Missae nel 1969], la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli fin dal tempo dei sacramentali dell'antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano solo essere tragiche ». (J. Ratzinger La mia vita, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, p. 110, corsivi miei).

In ogni caso, secondo l'anonimo compilatore « l'origine della Santa Messa [a prescindere dal rito con cui è celebrata] va ravvisata nell'Ulitma Cana e nel Calvario che, secondo il concilio di Trento, sono un unico sacrificio, anche se compiuto in modo diverso » (p.6). Secondo Mons. Fulton Sgeen (1895-1979), la cui causa di canonizzazione è aperta dal 2008 e che recentemente è stato fatto Venerabile, « la Santa Messa non è semplicemente un insieme di azioni compiute da un'assemblea riunita nel nome di Cristo (letture, riflessioni, preghiere e canti), come taluni commenti possono far pensare [e come parrebbe al vedere certe liturgie da strapazzo tipo le Carneval-messe autorizzate in varie diocesi germaniche], ma è l'opera stessa di Cristo [...]. La Messa ha perciò un valore perenne" (p.7). Nella teologia mistica della Santa Messa come era concepita da Fulton Sheen, che non a caso chiamò il suo librettoCalvary and the Mass, le sette parole di Cristo in Croce rappresentano simbolicamente le 7 parti della Messa (Tradizionale). La prima: "Perdona" evoca il Confiteor; la seconda: "Oggi sarai con me in Paradiso" richiama l'Offertorio; la terza: "Ecco tua madre" si schiude nel Sanctus; la quarta: "Perché mi hai abbandonato?" ci porta allaConsacrazione; la quinta: "Ho sete" è la Comunione; la sesta: "Tutto è compiuto" è l'Ite Missa est; l'ultima: "Padre nelle tue mani" è il Vangelo conclusivo » (p.16). Splendido e da meditare!


E così dunque il testo del Fulton Sheen che oltre ad essere un teologo grave e profondo, fu altresì un eccellente comunicatore attraverso la radio, la stampa e la Tv, si divide in 7 piccoli capitoli in relazione con le 7 parti del Santo Sacrificio dell'altare. Secondo il Teologo, "l'atto più sublime di Cristo fu la sua morte. Questa è sempre importante perché suggella un destino; ogni uomo che muore costituisce una scena e ogni scena di morte è un luogo sacro. [...] Nessuna morte fu più importante di quella di Cristo: ogni altra persona è venuta al mondo con lo scopo di vivere, ma nostro Signore è nato per morire" (pp. 9-10). Questa santissima Morte, offerta in espiazione e in propiziazione per i nostri peccati, si rivive in modo incruento in ogni Santa Messa cattolica. "Per qusto motivo la Messa è per noi l'atto supremo della religione cristiana" (p. 12) e dunque questo atto eminentemente sacro deve essere altresì santo, ovvero ordinato, preciso, perfetto, limpido, aulico e nobilmente sobrio e composto...

 

Contro il biblicismo di certa teologia post-conciliare, che riduce la religione rivelata alla sola proclamazione della Parola, "per la Chiesa cattolica non sono fondamentali il pulpito, il coro o l'organo, ma l'altare" (p. 12). Insomma, la "Messa è il più importante evento della storia del genere umano, l'unico atto santo che nasconde la collera di Dio per un mondo pieno di peccato, ponendo la croce tra il Cielo e la terra" (p. 13). Averla ridotta ad un gioioso incontro di fedeli, ad un momento di esegesi biblica o di mera formazione spirituale è stato il grande peccato del Novecento teologico e liturgico.

 

 

Enrico Maria Romano

 

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[Fonte: Il settimanale di Padre Pio, n, 30)

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