sabato 11 agosto 2012

La giusta precedenza. Nella parola di Dio si può capire il rapporto reale tra Gesù, il mondo e l'umanità

 





La giusta precedenza


di Inos Biffi


È corrente l'affermazione che Gesù Cristo è la risposta alle domande dell'uomo e che nella stessa linea si pone la missione della Chiesa, a sua volta inviata a rispondere a tali richieste e necessità secondo i tempi.

Senonché una simile affermazione non è affatto ineccepibile, anzi è sbagliata, perché in tal modo si troverebbe contestato il primato di Cristo che, a ben vedere, si troverebbe relegato in una condizione di dipendenza. Se si prescinde da lui, l'uomo non conosce i propri autentici bisogni e non sa che cosa sensatamente domandare. È lui, infatti, che fonda e determina radicalmente le domande e, insieme, ne offre la risposta.
Ma questo si può comprendere solo se si considera che Gesù Cristo nel progetto divino è assolutamente anteriore a tutto. Egli è il primo ideato e voluto, e ogni cosa viene alla luce nel tempo a motivo di lui, portando impressa la sua immagine e trovando in lui la sua ragione ultima. Com'è detto nella 1 Lettera ai Corinzi: «In virtù del Signore Gesù Cristo esistono tutte le cose e noi per mezzo di lui» (8, 6) e soprattutto nella Lettera ai Colossesi: «Egli è primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose, nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili (...) Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono» (1, 15-18): un testo, come si vede, luminosissimo e tuttavia per lo più trascurato nella riflessione teologica.
Comunque, la conclusione è chiara: per poter capire compiutamente le cose è necessario partire non dalle cose stesse, ma da Gesù Cristo, di cui esse sono come il riflesso e la derivazione.
In particolare, per quanto concerne l'umanità del Figlio di Dio, essa non rappresenta un caso singolarmente riuscito dell'umanità comune a tutti gli uomini o un suo esemplare sia pure eccellente e inimitabile. Al contrario, l'umanità di Gesù si pone creativamente al principio, così che, se si astrae da essa, non c'è un'umanità.
Secondo l'ordine cronologico, certamente, il mondo e l'uomo stesso affiorano prima che il Verbo si faccia carne. Da questo profilo la sua incarnazione dipende e attinge da un mondo e da una umanità già esistenti, oggetto delle «discipline filosofiche», come le chiama Tommaso d'Aquino (Summa Theologiae, 1, 1, 1), e conoscibili dal «lume della ragione naturale» (2m), che si mostra, così, capace di elaborare e di proporre una logica, un'antropologia, un'etica, una teologia, indubbiamente valide.
Ma, oltre quello cronologico, c'è un altro ordine, quello ontologico e causale, ed è la Parola di Dio che lo rivela, mostrando i rapporti reali e le giuste precedenze tra Gesù Cristo, il mondo e l'umanità.
Quello che sorge nel tempo prima di Cristo, in realtà, è già un'obiettiva apparizione di Cristo, che tutto precede; solo che il “lume della ragione” non può saperlo. Quando, invece, avviene l'incarnazione, si rivela nella sua compiutezza il progetto cristocentrico, secondo cui ogni cosa è per mezzo di lui, in lui e in vista di lui.
È allora che appare, in particolare, nella sua concreta compiutezza, l'identità dell'uomo con il suo destino ultimo. Con il “lume della fede” tutto, per così dire, esce dall'astrattezza e viene ripreso e riconosciuto, e anche purificato dai limiti e dalle nebbie che di fatto accompagnano e avvolgono la ragione, a motivo -- anche questo è rivelato da Gesù Cristo -- delle conseguenze del peccato originale.
L'uomo viene allora a sapere quale debba essere la sua domanda e quale sia il suo bisogno. Diventa cioè consapevole di aver bisogno di Cristo e di doverlo chiedere, dal momento che è stato creato nella grazia e per la grazia. Cristo è la risposta all'uomo perché ancor prima egli ne rappresenta e ne costituisce la radicale domanda, essendo stato creato esattamente sulla sua misura, quasi si direbbe col “vuoto” che egli è stato dall'eternità predestinato a colmare.
Siccome l'immagine dell'uomo è stata nativamente concepita in Cristo e a lui correlata, fuori di lui rimane frammentata e interlocutoria, mentre con lui si delinea nella sua verità e pienezza.
Senza dubbio, siamo di fronte a un'iniziativa che risale a una sorprendente e pura liberalità del Padre, che di fatto vuole il Figlio suo come «Primogenito di molti fratelli» e quindi gli uomini «figli nel Figlio».
Non esiste, in altri termini, un ordine che non sia nella grazia di Cristo; non esiste un mondo che sia disposto autonomamente nei confini della pura ratio e abbia come di fronte a sé la fides, o addirittura sia ad essa alternativo. La ratio si trova di fatto “inclusa” in Gesù Cristo, dal quale, proprio per questo stato di inclusione, riceve la promozione della propria prerogativa e delle proprie risorse.
Per il mondo e per l'umanità Gesù non è un elemento estrinseco e accessorio. Affermarlo significherebbe semplicemente obiettare al disegno divino, che lo ha costituito fondamento e ragione della loro esistenza; equivarrebbe per ciò stesso a chiudersi in una vana e autodistruttiva indipendenza dalla Trinità, alla quale unicamente appartiene la decisione e la modalità della creazione.
Esattamente Gesù Cristo è la salvaguardia dell'identità umana e la garanzia della sua riuscita. E questa è l'evangelizzazione, o la notizia sempre nuova. Gesù non viene a sapere dall'umanità quali ne siano i bisogni. Al contrario, è lui stesso a rivelarli e a soddisfarli per un'umanità che neppure sarebbe in grado di immaginarli.
Oggi ci si affanna molto e anche lodevolmente di trovare metodi nuovi di evangelizzazione. Ma la questione seria riguarda il suo contenuto, e il contenuto è Gesù Cristo, il Figlio di Dio crocifisso e glorioso, nostro Signore.




(©L'Osservatore Romano 11 agosto 2012)

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