martedì 22 maggio 2012

Concilio, la storia e il mito




IL CONCILIO VATICANO II

Presentato a Roma il libro «Le “Chiavi” di Benedetto per interpretare il Vaticano II». Con un occhio al dialogo con i lefebvriani






ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO



«Il Concilio ecumenico Vaticano II non va considerato come isolato, ma letto nel suo contesto storico. Non si può interpretarlo prescindendo da ciò che lo ha preceduto…». Il cardinale Walter Brandmüller, storico della Chiesa, inizia così la conferenza stampa di presentazione del libro «Le “Chiavi” di Benedetto XVI per interpretare il Vaticano II» (Edizioni Cantagalli, 112 pagine, 9 euro), un volumetto scritto insieme all’arcivescovo Agostino Marchetto e al teologo don Nicola Bux, che si propone di presentare l’evento religioso più importante del secolo scorso secondo quell’«ermeneutica della continuità nella riforma» proposta da Papa Ratzinger.


La presentazione è avvenuta ieri presso la Radio Vaticana, ed è stata moderata da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. «Se un teologo volesse interpretare il Vaticano II limitandosi soltanto ai documenti, senza considerare il contesto storico, non potrebbe farlo adeguatamente – ha aggiunto Brandmüller – dato che si tratta di testi destinati alla Chiesa e al mondo nel momento della loro formulazione». Secondo il cardinale tedesco, già presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, l’approccio storico-teologico permette di guardare al Vaticano II in modo de-ideologizzato.


Brandmüller ha risposto a una domanda riguardante il dialogo della Santa Sede con la Fraternità San Pio X: proprio la lettura del Concilio sta alla base della frattura avvenuta con i lefebvriani. E ha spiegato che è necessario «tenere conto del diverso carattere canonico dei documenti conciliari». «C’è una grande differenza – ha continuato il cardinale – tra le costituzioni conciliari e le dichiarazioni come Dignitatis humane sulla libertà religiosa, che non hanno un contenuto dottrinale vincolante. Vanno dunque presi sul serio, come espressione del magistero vivente, senza però vincolare tutta la Chiesa ad accettarli nella formulazione con cui sono espressi». Brandmüller ha anche ammesso che alcuni testi conciliari erano pervasi da troppo ottimismo.


L’arcivescovo Marchetto, diplomatico della Santa Sede, già segretario della Pontificio consiglio per i migranti ma anche storico della Chiesa e studioso del Concilio, ha sottolineato gli elementi di continuità del Vaticano II rispetto ai concili che l’hanno preceduto, spiegando che le «chiavi di lettura di Benedetto XVI proposte nel libro sono la corretta ermeneutica e la fede». L’arcivescovo ha detto che i documenti del Vaticano II «sono stati decontestualizzati rispetto alla tradizione, mitizzando il rinnovamento e dimenticando gli elementi di continuità. Così si è trasformato il Concilio in un super-dogma, come ebbe a dire l’allora cardinale Ratzinger a un gruppo di vescovi».


Marchetto ha quindi fatto osservare come in molte letture del Vaticano II si sia trascurata la questione del consenso, frutto del confronto e della comunione tra i padri conciliari. Un ruolo particolarmente significativo lo giocò a questo proposito Paolo VI, che intervenne più volte riuscendo a far sì che i documenti conciliari venissero approvati tutti quasi all’unanimità. «Il consenso e il compromesso inteso come punto di equilibrio e di sintesi condivisa, su questioni riguardanti la dottrina non definitiva, è stato importante. E le nuove acquisizioni – ha sottolineato – non sono di per sé irreformabili».

L’arcivescovo, rispondendo a una domanda sui lefebvriani e alle critiche da loro rivolte ad alcuni documenti conciliari, ha ribadito il diverso valore dei testi del Vaticano II e ha aggiunto: «Quanti sono contrari alle posizioni espresse dal Concilio eppure rimangono nella Chiesa. Il dialogo con i lefebvriani deve tener presente ciò che è oggi la realtà della Chiesa». Un riferimento sottointeso al dissenso di parte progressista. Marchetto ha però ribadito che la Fraternità San Pio X per rientrare nella piena comunione con Roma deve accettare in toto il Concilio, anche se questo non significa che poi non si possano discutere singole formulazioni di singoli documenti.



http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/concilio-council-concilio-15286/

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