sabato 31 marzo 2012


Il latino diventa anglosassone


di Carlo Maria Barile

L'arte di liberarsi della propria cultura, la capacità di dimenticare o addirittura disprezzare ciò che fino a ieri era ritenuto vitale sono solo due delle caratteristiche dell'Italia degli ultimi anni, che a seguito dei miei viaggi non ho potuto fare a meno di riscontrare; in parole povere si tratta di ciò che permette ad altri popoli di appropriarsi e addirittura esaltare ciò che appartiene a un sapere che oserei definire "omerico", millenario, che dovrebbe aver dimora proprio da noi: mi riferisco in primis alle lingue latina e greca e a tutto ciò che ne deriva.

 Eppure, "neolatino" vuol dire letteralmente "nuovo latino", "nato dal latino", credo che questo sia inequivocabile e anche la lingua italiana è una lingua neolatina, ma molto spesso gli abitanti del nostro amato stivale dimenticano questo con estrema facilità, forse per quella troppa pigrizia che accomuna molti di essi, forse per mancata volontà di ricercare le proprie radici anche se, ahimè, in un passato e in una storia che di certo non danno riscontro a un'idea di stato o di spirito unitario - basti pensare alle moltitudini di dialetti o di tradizioni proprie di quell'unica tradizione che definiamo oggi sotto il comune denominatore di "italiana".

 Veniamo al dunque: mi trovavo in Germania, precisamente nel cuore di Colonia per tenere un concerto d'organo nella Basilica dedicata ai Santi Apostoli. Il giorno prima del concerto mi era stato riferito che qualche ora prima della mia esibizione ci sarebbe stata una celebrazione della Santa Messa, in lingua latina, secondo il Novus Ordo. Ciò non ha potuto non attirare la mia più totale attenzione e un mio enorme interesse. Domenica 11 Marzo 2012, ore 10, risuonano le campane della Basilica, attacca l'organo, esce il celebrante, l'organo termina la sua intonazione e attacca a cappella la schola cantorum con l'antifona di introito; ciò che ha percorso la mia mente in quel momento sarebbe banale e allo stesso tempo prolisso da descrivere ma cercherò di rendere brevemente l'idea: le voci dei cantori si diffondevano per le navate, come se le onde sonore scivolassero con dolcezza e spiritualità tra le colonne, le volte, le panche, le anime dei fedeli; un'esecuzione impeccabile, una dizione e pronuncia della "nostra" lingua latina oltre il limite della perfezione, insomma tutto concorreva a dare l'impressione che tutto ciò fosse nato lì, mi si passi questo gioco di parole al limite dell'ossimoro, che il latino fosse anglosassone.

 A questo punto, davanti a tale meraviglia, mi è sorta una domanda spontanea: perché? Com'è possibile? Come abbiamo potuto permettere che altri popoli, provenienti da altre culture, come i Tedeschi o anche i Russi, diventassero le massime espressioni della lingua latina e del canto gregoriano? Perchè in Italia, la terra dove tutto ciò è nato, sembra che queste cose, che ora si sentono quasi esclusivamente nei concerti, siano obsolete? Perchè in Germania, durante quella meravigliosa celebrazione, tutto era fuso in un meraviglioso unicum che dava l'impressione di continuità, come se le arti sacre si rincorressero reciprocamente alla ricerca del divino? 

A queste domande forse possiamo dare una risposta, troppo semplice, troppo terribile: molto spesso da noi si procede non per tradizione ma per moda, non in una storicità orizzontale dove tutto è consequenziale, ma verticale e parallela, dove tutto è interrotto, diviso, finito e molto spesso privo di logica; questo credo che sia uno dei motivi per cui ciò che ieri era sacro oggi è blasfemo, ciò che ieri era bello oggi è disgustoso, ciò che ieri era nostro, nel senso più primigenio del termine, oggi appartiene a culture che fino a non molto tempo fa erano del tutto estranee al nostro sapere. E ancora parliamo di credibilità?


Scuola Ecclesia Mater

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