lunedì 5 dicembre 2011

Un Natale senza radici






di Antonello Cannarozzo


C’è una atmosfera che aleggia in questi giorni sulle nostre case, per le strade, negli uffici, sugli autobus, tra le persone che incontriamo: essere tutti più buoni. La televisione, come ogni altro mezzo d’informazione, ci ripete ossessivamente che dobbiamo per forza avere questo sentimento di bontà. Alla banale domanda sul perché occorra comportarsi così, la risposta è semplice: ma è Natale!

Va bene, ma perché proprio in questo periodo invernale bisogna essere più buoni e non, per esempio, ad aprile? Perché Natale – ci risponde il nostro ipotetico interlocutore – si festeggia il 25 dicembre da sempre. A questo punto l’interrogare diventa più incalzante. Perché proprio in questo giorno e perché si chiama Natale?

Ora il nostro ipotetico interlocutore, ormai spazientito per la nostra ignoranza, ci risponde che la notte tra il 24 ed il 25 dicembre è una notte particolare, una notte santa, infatti scende dal cielo per la gioia di tutti proprio lui, Babbo Natale, ed ecco anche da dove viene il nome della festa.

Se questo righe vi sembrano troppo ironiche, sfido chiunque a portarmi una trasmissione televisiva, un giornale o una pubblicità che in questi giorni parli del Natale come la nascita di Gesù. Possiamo parlare di renne, di slitte, di abeti adornati a festa, di panettoni e quant’altro, ma guai a parlare del festeggiato da cui tutto a preso inizio: Gesù Bambino.

Il suo nome e la sua storia, come si usava nell’antichità, sono stati banditi con una damnatio memoriae, in cui il colpevole viene censurato, cancellato con il martello della propaganda: semplicemente non esiste!

Si dice che dare un significato religioso a questa festa potrebbe offendere chi non la pensa alla stessa maniera e si arriva all’assurdo, come in Gran Bretagna o in altre “civilissime” nazioni del Nord Europa, di tradurre la festa del Natale con la festa della pace, la quale, ovviamente, non avendo più un punto di riferimento, diventa parola vuota e senza senso.

Siamo riusciti a togliere di mezzo qualsiasi sacralità alla festa più cara e commovente dell’anno, per ridurla ad un semplice scambio di regali, spesso inutili, grandi abbuffate e, per chi può, vacanze sulla neve. Giorni fa parlavo con un vecchio caro amico sacerdote che mi proponeva questa considerazione: ”Abbiamo tolto le feste religiose dalla nostra cultura, siamo riusciti a trasformare la Pasqua in una gita fuori porta, ma tagliando le radici del Natale, da dove tutto è nato, togliamo la radici a noi stessi, non solo alla nostra civiltà, ma anche alla nostra propria vita”.


Rai Vaticano - 5 Dicembre, 2011

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