martedì 20 dicembre 2011

Commento al Padre nostro di San Tommaso d'Aquino - IV parte





Ma liberaci dal male. Amen

Nelle due domande precedenti il Signore ci ha insegnato a chiedere il perdono dei peccati e il modo di evitare le tentazioni.

Qui invece ci insegna a chiedere di essere preservati dal male.

Tale richiesta è generale, come fa osservare Agostino, perché riguarda tutti i mali, sia i peccati che le infermità, le avversità e le afflizioni.
Ma poiché del peccato e delle tentazioni si è già detto, ora non ci resta che parlare degli altri mali, ossia delle avversità e tribolazioni di questo mondo, dalle quali Dio ci libera in quattro maniere.

1 - Impedendo che ci colpisca l’afflizione. Ma capita di rado che i santi in questo mondo non siano afflitti, perché “tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2 Tm 3,12).
A qualcuno tuttavia Dio concede alle volte di non essere afflitto dal male, quando cioè lo sa impotente e incapace di sopportarlo, alla stessa maniera del medico, il quale non somministra medicine troppo forti a un malato debole. A questo modo di agire di Dio allude l’Apocalisse quando dice: “Ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere perché hai poca forza” (Ap 3,8; Volgata).
In cielo invece sarà comune a tutti i beati l’esenzione da ogni afflizione. Si dice infatti che il Signore: “da sei tribolazioni ti libererà - quelle cioè della vita presente, che suole distinguersi in sei età - e alla settima non li toccherà il male” (Gb 5,19), e ancora, che essi: “non avranno più fame, né avranno più sete, né li colpirà il sole né arsura di sorta” (Ap 7,16).

2 - Consolandoci quando le afflizioni sopraggiungono.
Se infatti Dio non lo consolasse, l’uomo non potrebbe resistere. L’Apostolo scriveva infatti di sé: “La tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze” (2 Cor 1,8), ma aggiungeva: “Dio che consola gli afflitti ci ha consolati” (2 Cor 7,6); e anche il salmista poteva dire di sé: “Quando ero oppresso dall’angoscia, il tuo conforto mi ha consolato” (Sal 93,19).

3 - Concedendo agli afflitti tanti beni da far loro dimenticare i mali, sì da far dire a Tobia “Tu non ti diletti delle nostre afflizioni, ma dopo la tempesta fai tornare la tranquillità e dopo le lacrime e il pianto infondi la gioia” (Tb 3,22).
Non sono dunque da temere le afflizioni e le tribolazioni di questo mondo perché sono facilmente tollerabili, sia per la consolazione che è loro unita, sia per la loro breve durata, come dice l’Apostolo: “Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2 Cor 4,17). Per esse si perviene cioè alla vita eterna.

4 - Trasformando in bene tentazioni e tribolazioni.
È per questo che non si dice “liberaci dalla tribolazione”, ma “dal male”, perché per i santi le tribolazioni servono alla loro corona, e quindi essi se ne gloriano, come se ne gloriava S. Paolo quando diceva: “Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude” (Rm 5,3 5).
E Tobia diceva: “Benedetto sia il tuo nome, Dio dei nostri padri... che nel tempo della tribolazione perdoni i peccati” (Tb 3,13).

Dio, dunque, libera l’uomo dal male della tribolazione quando la volge in bene: e ciò è segno di massima sapienza, perché è proprio del sapiente ordinare il male al bene. E questo si ottiene mediante la pazienza che si esercita nelle tribolazioni. Mentre infatti tutte le altre virtù si servono dei beni dell’uomo, la pazienza usa invece dei mali, e perciò essa è necessaria solo nei mali, ossia nelle tribolazioni. Si legge infatti nel Libro dei Proverbi: “Dalla pazienza si conosce la saggezza dell’uomo” (Pr 19,11).

Questo lo Spirito Santo, mediante il Dono della Sapienza, ci fa chiedere: di poter pervenire a quella beatitudine alla quale ci ordina la pace, perché è per mezzo della pazienza che noi otteniamo la pace, sia nelle prosperità che nelle avversità. E si comprende così perché i pacifici siano detti figli di Dio, ossia simili a Lui, perché, come a Dio, anche a loro nulla può nuocere, né le cose prospere né quelle avverse. Perciò è detto: “beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9).

Chiudiamo quindi la nostra preghiera dicendo: Amen, quasi come sigillo di conferma di tutte le nostre domande.


Sintesi conclusiva

Volendo riassumere in breve quanto è stato detto sul Pater noster, bisogna rilevare che nella Preghiera del Signore sono contenute tutte le cose da desiderare e tutte quelle da fuggire.
Tra le cose da desiderare, si desidera di più quella che più si ama, cioè Dio. Ecco perché chiediamo per prima cosa la gloria di Dio dicendo “sia santificato il tuo nome”.

A Dio vengono poi richiesti tre beni che riguardano te.

Il primo è quello di poter pervenire alla vita eterna, e tu glielo chiedi quando dici: “venga il tuo regno”.
Il secondo è che tu faccia la volontà e adempia la giustizia di Dio, e glielo chiedi quando dici: “sia fatta la tua volontà”.
Il terzo è che tu abbia le cose necessarie alla vita, e gliele chiedi quando dici: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

A questi tre beni allude il Signore quando dice:
circa il primo “Cercate prima il regno di Dio”;
circa il secondo: “la sua giustizia”,
e circa il terzo: “e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33).

Le cose invece da evitare e da fuggire sono quelle contrarie al bene.

E il bene che noi dobbiamo desiderare è quadruplice.

Il primo è la gloria di Dio. E ad essa nessun male è contrario perché risulta sia dal bene che dal male: dal male in quanto Dio lo punisce, dal bene perché lo premia. Perciò è detto: “Se pecchi, che gli fai?... Se tu sei giusto, che cosa gli dai?” (Gb 35,67).
Il secondo è la vita eterna, e ad essa è contrario il peccato, perché col peccato si perde.
Per rimuoverlo diciamo perciò: “rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Il terzo bene è costituito dalla giustizia e dalle opere buone, e a questo bene sono contrarie le tentazioni, perché esse ci impediscono di fare il bene. Per rimuovere questo male chiediamo: “non ci indurre in tentazione”.
Il quarto bene sono le cose necessarie alla vita, alle quali si oppongono le avversità e le tribolazioni. Per rimuoverle chiediamo: “liberaci dal male. Amen”.

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