mercoledì 12 ottobre 2011

Pio XII, elementi per il ritratto di un grande Papa




di Luca Caruso

Sommo Pontefice, 260° successore di Pietro, “principe di Dio”, l’ultimo Papa romano. Nato nel 1876 in una famiglia aristocratica e papalina, Eugenio Pacelli, dal latino ‘Pax Coeli’, ‘pace del cielo’, era invece destinato a uno dei pontificati più ardui e drammatici nella bimillenaria storia della Chiesa. “Defensor civitatis”, Pio XII fu l’unica autorità morale e politica che non abbandonò Roma nei mesi cupi dell’occupazione nazista e anzi accorse tra la gente bombardata dei quartieri san Lorenzo e san Giovanni, accorgendosi solo al suo rientro in Vaticano della veste bianca tutta macchiata di sangue.

Primo Papa dei mass media – definiti nell’enciclica Miranda prorsus “meravigliose invenzioni di cui si gloriano i nostri tempi” – nel 1942 posò per un film a lui dedicato, “Pastor Angelicus”, mentre la sua voce e la sua figura entravano nelle case europee e del nord America, rendendolo un leader pubblico. Il 24 agosto 1939, poco prima che esplodesse la II Guerra mondiale, Pio XII rivolse attraverso la Radio Vaticana un accorato appello ai governanti e ai popoli: “Imminente è il pericolo, ma è ancora tempo. Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”. Quasi 200, compresi quelli natalizi, saranno i radiomessaggi da lui trasmessi in diverse lingue a tutto il mondo. “Guerra alla guerra” arriverà a gridare in un’allocuzione del 1944 contro l’immane tragedia che “ha raggiunto gradi e forme di atrocità che scuotono e fanno inorridire ogni senso cristiano ed umano”.

La Guerra. Definito il “Papa dell’umanità sofferente”, durante il conflitto mondiale Pio XII si adopera per gestire una rete di assistenza che protegga e salvi gli ebrei colpiti dall’odio razzista, alacre impegno di carità testimoniato, tra gli altri, da 80 delegati dei campi di concentramento tedeschi, che in una speciale udienza in Vaticano nel 1945 ringraziarono “personalmente il Santo Padre per la generosità da lui dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo del nazifascismo”. Poi, 20 anni dopo, dietro la spinta del movimento antiautoritario del ’68, Pio XII assurge a emblema del passato, la cui ingombrante eredità dev’essere liquidata: “La sua figura è divenuta simbolo del Papa del preconcilio, l’ultimo Papa-re, quello dei tradizionalisti” osserva lo storico Andrea Riccardi.

Ciò si aggiunse alla campagna anti-pacelliana condotta già durante la guerra dai dirigenti dell’Unione Sovietica, che avvertivano nell’anticomunismo di Pio XII uno dei principali ostacoli alla loro politica, e poi travasata nell’attacco comunista al Pontefice durante la Guerra fredda, denigrandolo come filo-nazista, insensibile alla Shoah, “papa di Hitler”. Si è molto discusso – è vero – sui “silenzi” di Pio XII, sofferti e meditati, nel denunciare pubblicamente la tragedia dello sterminio degli ebrei. Il Pontefice in realtà parlò, e non una volta soltanto. In numerosi discorsi ed encicliche difese i diritti umani per tutti, esortando le nazioni belligeranti a rispettare i diritti dei civili e dei prigionieri di guerra. Secondo alcuni non disse abbastanza, mentre per i vertici del Reich disse fin troppo, al punto da essere temuto come un pericolo per il regime nazista. Scrisse nel 1964 Robert Kempner, magistrato ebreo di origini tedesche, numero due della pubblica accusa al processo di Norimberga: “Qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler sarebbe stata non solamente un suicidio premeditato, ma avrebbe accelerato l’assassinio di un numero ben maggiore di ebrei e sacerdoti”.

Una vita per la Chiesa. Eugenio Pacelli entra al servizio della Santa Sede nel 1899, appena ordinato sacerdote, dando inizio a una brillante carriera diplomatica. Benedetto XV lo invia come nunzio a Monaco di Baviera nel 1917. Nel ‘29 veste la porpora e diviene segretario di Stato di Pio XI, che a un suo collaboratore confida: “Sarà un bel Papa!”. È ribattezzato il “cardinale volante”, poiché gira il mondo come legato pontificio in varie missioni internazionali. In una lunga visita privata nell’autunno del 1936 – forse il viaggio per lui più importante – ha inoltre modo di conoscere ed apprezzare la realtà e il dinamismo degli Stati Uniti.

Nel Conclave che seguì alla scomparsa di Pio XI, viene eletto Pontefice al terzo scrutinio il 2 marzo 1939. Sarà Papa per 19 anni, fino al 9 ottobre 1958. E proprio nell’anniversario della sua morte, su invito del Comitato Papa Pacelli – Associazione Pio XII, è stata celebrata ieri a Roma, presso l’altare alla tomba di San Pietro, una solenne e partecipatissima messa in memoria di Pio XII, presieduta dal cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica vaticana. “Pio XII, uomo di Dio – ha rilevato Comastri nella sua omelia –, affrontò l’impazzimento del suo tempo con la terapia della Verità e con l’azione coraggiosa della Carità. E, a onor del vero, il suo silenzio non ci fu, e la carità non ebbe confini”.

Il porporato ha quindi citato diverse testimonianze rilasciate da figure di grande rilievo del popolo ebraico, che ebbero parole di elogio per Pio XII, tra cui Albert Einstein, Golda Meir, il rabbino Elio Toaff e Chaim Weizmann, che sarebbe divenuto il primo presidente dello Stato di Israele (1949), il quale già nel 1943 scrisse: “La Santa Sede sta fornendo il suo potente aiuto, dovunque possibile, per mitigare la triste sorte dei miei correligionari perseguitati”. Non diversamente Moshe Sharett, secondo primo ministro di Israele, dopo aver incontrato Pio XII negli ultimi giorni di guerra, dichiarò: “Il mio primo dovere era, a nome del popolo ebraico, ringraziare lui, e per suo tramite la Chiesa cattolica, per quanto fatto, nei vari Paesi, per salvare gli ebrei”.

L’opera. 41 encicliche, 49 costituzioni, 8 esortazioni apostoliche, 10 motu proprio, e poi discorsi, epistole e bolle: Pio XII si dedica senza tregua a un’imponente mole di attività, consegnando alla Chiesa e alla storia un’eredità enorme. Papa complesso e tormentato, scrisse di lui Giovanni Spadolini: Pio XII “non è personaggio adatto ai terribles semplificateurs del nostro tempo; tutto bene, tutto male, tutto destra, tutto sinistra, tutto luce, tutto tenebre”.

La sua figura si erge oggi quale spartiacque nella storia della Chiesa del ‘900: ne visse da protagonista i primi sei decenni, imprimendo un’influenza decisiva a quelli successivi. È l’autore più citato nei dibattiti e nei documenti del Concilio – di cui fu in certo senso ‘profeta’ –, i suoi uomini hanno caratterizzato la stagione conciliare e postconciliare (il Comitato Papa Pacelli ha in programma un convegno, il 23 novembre prossimo, dal titolo “Sulla via del Concilio Vaticano II: la preparazione sotto Pio XII”).

Nel dopoguerra Pio XII avverte però, con tensione drammatica, una crisi e un allontanamento dalla Chiesa, sotto l’impulso del modernismo e della secolarizzazione. Tutto il suo impegno si concentra così nello slancio missionario, con pressanti inviti alla mobilitazione. Fu il primo Papa degli immensi raduni di massa, nella convinzione che la Chiesa dovesse farsi presente in ogni modo possibile, poiché all’origine dei mali moderni il Pontefice ravvisava l’assenza di un radicamento in Dio e nell’insegnamento della Chiesa. Lo stesso Pio XII interviene su tutte le tematiche, a dimostrare che nessun ambito è estraneo alla Chiesa, come pure per avvicinare quest’ultima alla conoscenza delle nuove realtà contemporanee. Devotissimo alla Madonna, durante l’Anno Santo del 1950 definì inoltre come dogma di fede l’assunzione al cielo in anima e corpo della Vergine Maria, madre di Dio.

Vastissimi appaiono quindi gli orizzonti spirituali e pastorali di Pio XII, come pure gli attestati di gratitudine e stima da lui ricevuti. Eppure v’è un titolo che non è stato mai attribuito a questo Papa, “Giusto tra le nazioni”. Anzi, la sua foto campeggia allo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme, accompagnata da didascalie controverse e fuorvianti in certi passaggi, in altri del tutto false. L’auspicio di molti è che Pio XII sia presto innalzato agli onori degli altari. In un convegno per il 50° della sua scomparsa (2008), il cardinale Tarcisio Bertone ricordò: “Di Papa Pacelli è in corso la causa di canonizzazione, un fatto religioso che esige di essere rispettato da tutti e che nella sua specificità è di esclusiva competenza della Santa Sede”. Oltre ogni polemica, ogni falsità storica, ogni mistificazione, poiché “Opus iustitiae pax”, “la pace è opera della giustizia”. Era il motto di Eugenio Pacelli: una garanzia per tutti, nella speranza che giustizia sia resa finalmente anche a Papa Pio XII.


Fonte: Rai Vaticano - Ottobre 10, 2011

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