mercoledì 14 settembre 2011

La Comunione sulla mano



Pubblichiamo un secondo articolo di Don Enrico Bini.


di Don Enrico Bini


Con domenica 3 dicembre [1989] prima domenica dell'Avvento, anche i fedeli italiani potranno ricevere la Santa Comunione sulla mano. I nostri Vescovi con una schiacciante maggioranza lo hanno deciso nell'ultima assemblea plenaria. Si tratta di una novità che allinea l'Italia ad un uso ormai consolidato in moltissimi paesi.

Non intendo entrare nel merito di questa decisione che pienamente rispetto, quanto fare alcune considerazioni su alcuni problemi connessi con questa nuova prassi. Mi auguro che i fedeli siano bene illuminati circa le motivazioni di questa novità.

Per esempio si è detto che questo nuovo modo di ricevere l'Eucarestia risale ai primi secoli della Chiesa, e per questo è inutile scandalizzarsi. Si citano a questo proposito alcuni illustri padri della Chiesa che chiaramente attestano tale uso. In questo discorso, che sembrava innocuo, si nasconde però un equivoco. Infatti le scelte della Chiesa non si misurano da una conformazione esteriore ad usi passati, ma da una risposta a bisogni attuali.

I padri della Chiesa non conoscevano eresie circa l’eucarestia di un certo rilievo. L'uso dell'eucarestia sulla mano aveva questo riferimento ecclesiale e culturale. Nei secoli successivi si assisterà ad una crescente diffusione di errori "eucaristici" soprattutto nel nostro Occidente. Basti pensare all'eresia di Berengario e alla riforma protestante per capire quanto peso hanno avuto sulla coscienza ecclesiale certe scelte inerenti al culto dell'eucaristia da parte della tradizione cattolica.

L'uso della comunione sulla lingua ha come riferimento un'atmosfera ben diversa dai primi secoli e risente di queste controversie dottrinali che perdurano ancora oggi. Non è infatti sull'eucarestia che si misura una delle maggiori difficoltà tra i cattolici e i protestanti?

Risulta fuori luogo la citazione dei padri della Chiesa, se con questo si vuol mostrare una continuità che sul piano della situazione storica e culturale non esiste. Aveva ragione il grande Joseph De Maistre quando affermava "Non c'è ragionamento più falso che il volerci ricondurre ai cosiddetti primi secoli senza pensare quel che si dice".

Con il nuovo modo di ricevere l'eucarestia, i fedeli potranno toccare le specie eucaristiche con le proprie mani, questa novità apre però alcuni problemi. La teologia classica soprattutto San Tommaso avevano sviluppato l'opinione che il toccare il Corpo di Cristo fosse di pertinenza unicamente dei sacerdoti, ai quali durante l'ordinazione sacerdotale vengono unte le mani, e questo al fine di salvaguardare la necessaria venerazione verso questo sacramento. Le pagine eucaristiche di San Tommaso ritornano spesso su questa idea della "reverentia" che si manifesta nel divieto di toccar le specie eucaristiche da parte dei laici.

Possiamo ritenere discutibile questa opinione, ma solo un superficiale può credere che sia un problema indifferente ricevere l'eucarestia sulla mano o sulla lingua. La questione tocca la sfera della psicologia e della cultura in cui viviamo. Per la nostra prospettiva odierna, prendere la comunione nella mano è un gesto tipicamente materialistico.

Il compito sarebbe quello di capire alla luce della cultura contemporanea quale sia il modo migliore per salvaguardare il senso della sacralità dell'eucarestia nei fedeli.

Un altro problema riguarda i frammenti eucaristici: il documento dei Vescovi italiani del luglio scorso ne raccomanda una particolare attenzione e lo stesso Papa nella lettera Apostolica "Dominicae Coenae" del 1980 non ha mancato di deplorare la mancanza di rispetto verso l'eucarestia, proprio nella distribuzione sulla mano.

Al contrario gli illuminanti avvertimenti dei nostri Pastori sono definiti "inutili scrupoli e ansietà" nell'inserto della rivista Pastorale Liturgica nel numero 159 di quest'anno, contenente una descrizione storico-liturgica della nuova normativa. Anzi si afferma: "Se il pane è polverizzato, esso non sussiste più come segno indicante il Corpo di Cristo".

Come si può notare si tratta di una frase assai curiosa, e che meriterebbe una ulteriore illustrazione, ma che va direttamente contro le disposizioni liturgiche vigenti e contro una dichiarazione della Congregazione della dottrina della Fede del 1972 che afferma che sia le particelle di ostia sia gli altri frammenti devono essere conservate o consumate "a motivo del rispetto dovuto alla persona eucaristica del Cristo".

Si tratta di un esempio classico di come una disposizione del magistero venga stravolta da un sussidio che dovrebbe aiutare i sacerdoti e i laici a capire il nuovo modo di distribuire l’eucarestia.

Dopo questi rilievi ritengo che il vero problema di fondo per noi pastori d'anime sia il progressivo svuotamento delle chiese, come indicano i recenti sondaggi d'opinione. Questo dato inconfutabile ci mette di fronte a questa realtà: nonostante la forma liturgica, non sempre la Chiesa riesce a parlare al cuore dell'uomo moderno.

Novembre 1989

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