giovedì 18 agosto 2011

I santuari, spazi fecondi contro il secolarismo










Lettera della Congregazione per il clero ai rettori dei santuari di tutto il mondo



ROMA, mercoledì, 17 agosto 2011 (ZENIT.org).- I santuari ancora oggi possono contribuire efficacemente ad arginare il secolarismo e a incrementare la pratica religiosa, diventando sempre più luoghi di nuova evangelizzazione. È quanto si legge in una Lettera circolare a firma del Cardinale Mauro Piacenza e dell’Arcivescovo Celso Morga Iruzubieta, rispettivamente Presidente e Segretario della Congregazione per il clero, che è stata indirizzata, attraverso i rispettivi Vescovi, ai rettori dei santuari di tutto il mondo.

“In un clima di diffuso secolarismo – si legge nel testo –, il santuario continua, ancora oggi, a rappresentare un luogo privilegiato in cui l’uomo, pellegrino su questa terra, fa esperienza della presenza amorevole e salvifica di Dio”.

Nel santuario, scrive la Congregazione per il clero, si “trova uno spazio fecondo, lontano dagli affanni quotidiani, ove potersi raccogliere e riacquistare vigore spirituale per riprendere il cammino di fede con maggiore ardore e cercare, trovare e amare Cristo nella vita ordinaria, nel mezzo del mondo”.

Inoltre, si legge, “la pietà popolare è di grande rilievo per la fede, la cultura e l’identità cristiana di molti popoli. Essa è espressione della fede di un popolo, vero tesoro del popolo di Dio nella e per la Chiesa: per capirlo, basti immaginare la povertà che ne risulterebbe per la storia della spiritualità cristiana d’Occidente l’assenza del Rosario o della Via crucis, come delle processioni. Sono soltanto esempi, ma sufficientemente evidenti per rilevarne l’imprescindibilità”.

Ecco perché, si afferma, i responsabili della pastorale nei santuari hanno il compito di “istruire i pellegrini sul carattere assolutamente preminente che la celebrazione liturgica deve assumere nella vita di ogni credente. La pratica personale di forme di pietà popolare non va assolutamente ostacolata o rigettata, anzi va favorita, ma non può sostituirsi alla partecipazione al culto liturgico”.

Nella lettera si insiste poi anche sulla confessione, poiché “il santuario è pure il luogo della permanente attualizzazione della misericordia di Dio”. A questo proposito, occorre “favorire e dove sia possibile intensificare la presenza costante di sacerdoti che, con animo umile e accogliente, si dedichino generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali”, mettendo “in evidenza il vincolo stretto che lega la confessione sacramentale a un’esistenza nuova, orientata verso una decisa conversione”. E' inoltre opportuno che siano, "in luoghi adatti (a esempio, possibilmente, cappella della Riconciliazione) disponibili dei confessionali provvisti di una grata fissa".

Nella lettera si evidenzia quindi la necessità di potenziare “la formazione dei confessori per la cura pastorale di chi non ha rispettato la vita umana dal concepimento fino al naturale suo termine”, facendo sì che i sacerdoti “siano ben formati nella dottrina e non trascurino di aggiornarsi periodicamente su questioni attinenti soprattutto all’ambito morale e bioetico. Anche nel campo matrimoniale, rispettino quanto autorevolmente insegna il magistero ecclesiale. Evitino quindi di manifestare in sede sacramentale dottrine private, opinioni personali o valutazioni arbitrarie non conformi a ciò che la Chiesa crede e insegna”.

Quanto alle messe celebrate nei santuari, la Congregazione per il clero ricorda la necessaria dignità “messa in risalto mediante il canto gregoriano, polifonico o popolare; ma anche selezionando adeguatamente sia gli strumenti musicali più nobili (organo a canne ed affini) sia le vesti che vengono indossate dai ministri unitamente alle suppellettili utilizzate nella liturgia. Esse devono rispondere a canoni di nobiltà e di sacralità”. Mentre “uno stile celebrativo, che introduca innovazioni liturgiche arbitrarie, oltre a generare confusione e divisione tra i fedeli, lede la veneranda tradizione e l’autorità stessa della Chiesa, nonché l’unità ecclesiale”.

Dopo aver invitato a promuovere l’adorazione eucaristica, la lettera esorta ad attribuire "notevolissima importanza al luogo del tabernacolo nel santuario (o anche di una cappella destinata esclusivamente all’adorazione del Santissimo) poiché è in sé 'calamita', invito e stimolo alla preghiera, all’adorazione, alla meditazione, all’intimità con il Signore”.

Infine, continua la Lettera, "i santuari, nella fedeltà alla loro gloriosa tradizione, non dimentichino di essere impegnati nelle opere caritative e nel servizio assistenziale, nella promozione umana, nella salvaguardia dei diritti della persona, nell’impegno per la giustizia, secondo la dottrina sociale della Chiesa".

In una intervista alla Radio Vaticana, il Cardinale Mauro Piacenza ha spiegato che “questa lettera ai santuari ha soprattutto lo scopo di inserirsi nel grande movimento di nuova evangelizzazione che ci coalizza un po’ tutti, nella Chiesa”.

“Si vuole concentrare l’attenzione su questi luoghi che Paolo VI chiamava 'le cliniche dello spirito' – ha aggiunto il porporato –, perché in un periodo di vasta secolarizzazione probabilmente ancora di più questi santuari hanno una funzione, perché talvolta coloro i quali magari anche non frequentano regolarmente o addirittura non frequentano, trovandosi fuori per una gita o perché comunque sono in villeggiatura, o per motivi d’arte o per altri vari motivi, entrano nel Santuario”.

“Allora – ha spiegato –, si vorrebbe in qualche modo coalizzare tutti gli elementi per aiutare l’incontro con il Signore, la revisione della propria vita, attraverso tutti quegli elementi che il Santuario porta con sé”.

fonte: http://www.zenit.org/









IL TESTO:




Reverendi Rettori,
Desidero rivolgere a ciascuno di Voi il mio cordiale saluto, che estendo volentieri a quanti Vi affiancano nella cura pastorale dei Santuari, assieme all’espressione della mia sincera gratitudine per la premurosa dedizione con la quale quotidianamente accudite alle necessità pastorali dei pellegrini che, da ogni parte del mondo, accorrono sempre più numerosi nei luoghi di culto a Voi affidati.
Mediante questa Lettera, mi faccio anzitutto interprete dei sentimenti del Santo Padre Benedetto XVI che considera di grande importanza la presenza dei Santuari, preziosi nella vita della Chiesa, poiché, in quanto meta di pellegrinaggio, sono soprattutto luoghi «di richiamo, che attraggono un numero crescente di pellegrini e turisti religiosi, alcuni dei quali si trovano in situazioni umane e spirituali complesse, alquanto lontani dal vissuto di fede e con una debole appartenenza ecclesiale» (Lettera in occasione del II Congresso Mondiale di pastorale dei pellegrinaggi e Santuari, Santiago de Compostela, 27-30 settembre 2010).
Affermava il Beato Papa Giovanni Paolo II:«sempre e dovunque, i Santuari cristiani sono stati o hanno voluto essere i segni di Dio, della Sua irruzione nella storia umana» (Discorso ai Rettori di santuari, 22 gennaio 1981).
I santuari, quindi, sono «un segno del Cristo vivente fra noi, ed in questo Segno i cristiani hanno sempre riconosciuto l’iniziativa dell’amore del Dio vivente per gli uomini» (Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Il Santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente, 8 maggio 1999, n. 5).
Consapevole, dunque, del peculiare valore che i santuari rivestono nell’esperienza di fede di ogni cristiano, la Congregazione per il Clero, competente in materia (cfr. Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Pastor bonus, 28 giugno 1988, art. 97, 1°), intende proporre alla Vostra attenzione alcune considerazioni tese a donare un rinnovato e più efficace impulso alle attività ordinarie della pastorale che in essi si svolgono.
In un clima di diffuso secolarismo, il santuario continua, infatti, ancora oggi, a rappresentare un luogo privilegiato in cui l’uomo, pellegrino su questa terra, fa esperienza della presenza amorevole e salvifica di Dio.
In esso egli trova uno spazio fecondo, lontano dagli affanni quotidiani, ove potersi raccogliere e riacquistare vigore spirituale per riprendere il cammino di fede con maggiore ardore e cercare, trovare ed amare Cristo nella vita ordinaria, nel mezzo del mondo.
Qual è il cuore delle attività pastorali in un Santuario? La normativa canonica, a proposito di questi luoghi di culto, con profonda saggezza teologica ed esperienza ecclesiale, prevede che in essi «si offrano ai fedeli con maggior abbondanza i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la Parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica, soprattutto con la celebrazione dell’Eucaristia e della Penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare» (can. 1234, §1).
La norma canonica, tracciando, quindi,una preziosa sintesi della pastorale specifica dei Santuari, fornisce un interessante spunto per riflettere brevemente su alcuni elementi fondamentali caratterizzanti l’ufficio che la Chiesa Vi ha affidato.
1. Annuncio della Parola, preghiera e pietà popolare
Il santuario è il luogo in cui risuona con singolare potenza la Parola di Dio. Il Santo Padre Benedetto XVI, nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Verbum Domini, di recente pubblicazione (30 settembre 2010), ribadisce che la Chiesa «si fonda sulla Parola di Dio, nasce e vive di essa» (n. 3).
Essa è la “casa” (cfr. ibidem, n. 52) in cui la divina Parola è accolta, meditata, annunciata e celebrata (cfr. ibidem, n. 121).
Quanto il Pontefice dice della Chiesa può analogamente affermarsi del Santuario.
L’annuncio della Parola assume un ruolo essenziale nella vita pastorale del Santuario.
I ministri sacri hanno pertanto il compito di preparare tale annuncio, nella preghiera e nella meditazione, filtrando il contenuto dell’annuncio con l’aiuto della Teologia spirituale, alla scuola del Magistero e dei Santi.
Le fonti principali della loro predicazione saranno costituite dalla Sacra Scrittura e dalla Liturgia (cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, n. 35), alle quali si uniscono il prezioso Catechismo della Chiesa Cattolica ed il Compendio di esso.
Il ministero della Parola, esercitato in forme diverse e conformi al deposito rivelato, sarà poi tanto più efficace ed incisivo quanto più nascerà dal cuore, nella preghiera e sarà espresso mediante linguaggi accessibili e belli, che sappiano mostrare correttamente la perenne attualità del Verbo eterno.
La risposta umana ad un fecondo annuncio della Parola di Dio è la preghiera.
«I Santuari, per i pellegrini che sono alla ricerca delle loro vive sorgenti, sono luoghi eccezionali per vivere “come Chiesa” le forme della preghiera cristiana» (Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC], 11 ottobre 1992, n. 2691).
La vita di preghiera si sviluppa in diversi modi, tra i quali troviamo varie forme di pietà popolare che sempre devono lasciare «spazio adeguato alla proclamazione e all’ascolto della Parola di Dio; infatti, “nella parola biblica, la pietà popolare troverà una fonte inesauribile di ispirazione, insuperabili modelli di preghiera e feconde proposte tematiche”» (Verbum Domini, n. 65).
Il Direttorio su pietà popolare e liturgia (Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, 9 aprile 2002) dedica un capitolo ai Santuari e ai pellegrinaggi, auspicando «un corretto rapporto tra le azioni liturgiche e i pii esercizi» (n. 261).
La pietà popolare è di grande rilievo per la fede, la cultura e l’identità cristiana di molti popoli. Essa è espressione della fede di un popolo, «vero tesoro del popolo di Dio» (ibidem, n. 9), nella e per la Chiesa: per capirlo, basti immaginare la povertà che ne risulterebbe per la storia della spiritualità cristiana d’Occidente l’assenza del “Rosario” o della “Via Crucis”, come delle processioni.
Sono soltanto esempi, ma sufficientemente evidenti per rilevarne l’imprescindibilità.
Svolgendo il Vostro ministero presso un Santuario, spesso avete occasione di osservare i gesti di pietà, tanto peculiari, quanto espressivi, con cui i pellegrini usano esprimere visibilmente la fede che li anima.
Le molteplici e variegate forme di devozione, derivanti sovente da altrettante sensibilità e tradizioni culturali, testimoniano l’intensità fervente di una vita spirituale alimentata da una costante preghiera e dall’intimo desiderio di aderire sempre più strettamente a Cristo.
La Chiesa, consapevole della significativa incidenza di tali manifestazioni religiose nella vita spirituale dei fedeli, ha sempre riconosciuto il valore di esse e ne ha rispettato le genuine espressioni.
Anzi, anche mediante gli insegnamenti dei Romani Pontefici e dei Concili, le ha raccomandate e favorite.
Allo stesso tempo, però, laddove Essa ha riscontrato atteggiamenti o mentalità non riconducibili al sano senso religioso, ha avvertito la necessità di intervenire, purificando tali atti da elementi fuorvianti o fornendo meditazioni, corsi, lezioni, ecc.
La pietà popolare, infatti, soltanto se radicata in un’originaria tradizione cattolica, potrà essere locus fidei, fecondo strumento di evangelizzazione, nel quale anche gli elementi della cultura ambientale indigena potranno sinergicamente trovare accoglienza e dignità.
Come responsabili della pastorale nei Santuari, quindi, è Vostro compito istruire i pellegrini sul carattere assolutamente preminente che la celebrazione liturgica deve assumere nella vita di ogni credente.
La pratica personale di forme di pietà popolare non va assolutamente ostacolata o rigettata, anzi va favorita, ma non può sostituirsi alla partecipazione al culto liturgico.
Tali espressioni, infatti, piuttosto che contrapporsi alla centralità della Liturgia, devono affiancarsi ed essere sempre orientate ad essa.
È infatti nella celebrazione liturgica dei Sacri Misteri che si esprime la preghiera comune della Chiesa tutta.

2. Misericordia di Dio nel sacramento della Penitenza
La memoria dell’amore di Dio, che si fa presente in modo eminente nel santuario, conduce alla richiesta di perdono per i peccati e al desiderio di implorare il dono della fedeltà al deposito della fede.
Il Santuario è pure il luogo della permanente attualizzazione della misericordia di Dio.
È luogo ospitale in cui l’uomo può avere un’incontro reale con Cristo, sperimentando la Verità del Suo insegnamento e del Suo perdono, per avvicinarsi degnamente, e quindi fruttuosamente, all’Eucarestia.
Occorre a tale scopo favorire e dove sia possibile intensificare la presenza costante di sacerdoti che, con animo umile ed accogliente, si dedichino generosamente all’ascolto delle confessioni sacramentali.
Nell’amministrare il sacramento del Perdono e della Riconciliazione, i confessori, che agiscono come «il segno e lo strumento dell’amore misericordioso di Dio verso il peccatore» (CCC, n. 1465), aiutino i penitenti a sperimentare la tenerezza di Dio, a percepire la bellezza e la grandezza della Sua bontà e a riscoprire nei propri cuori il desiderio intimo della santità, vocazione universale e meta ultima per ogni credente (cfr. Congregazione per il Clero, Il Sacerdote ministro della misericordia divina, 9 marzo 2011, n. 22).
I confessori, illuminando la coscienza dei penitenti, pongano pure in evidenza il vincolo stretto che lega la Confessione sacramentale ad un’esistenza nuova, orientata verso una decisa conversione.
Esortino perciò i fedeli ad avvicinarsi con regolare frequenza e fervente devozione a questo sacramento, affinché, sorretti dalla grazia che in esso è donata, possano alimentare costantemente il loro fedele impegno di adesione a Cristo, progredendo nella perfezione evangelica.
I ministri della Penitenza siano disponibili ed accessibili, coltivando un atteggiamento comprensivo, accogliente ed incoraggiante (cfr. Il Sacerdote ministro della misericordia divina, nn. 51-57).
Per rispettare la libertà di ogni fedele ed anche per favorire la propria piena sincerità nel foro sacramentale, è opportuno che siano, in luoghi adatti (ad esempio, possibilmente, cappella della Riconciliazione), disponibili dei confessionali provvisti di una grata fissa.
Come insegna il Beato Papa Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Misericordia Dei (7 aprile 2002): «La sede per le confessioni è disciplinata dalle norme emanate dalle rispettive conferenze episcopali, le quali garantiranno che essa sia collocata in un luogo visibile e sia anche provvista di grata fissa, così da consentire ai fedeli ed agli stessi confessori che lo desiderano di potersene liberamente servire» (n. 9, b – cfr. can. 964,§ 2; Pontificio Consiglio per l'Interpretazione dei testi Legislativi, Responsa ad propositum dubium: de loco excipiendi sacramentales confessiones [7 luglio 1998]: AAS 90 [1998] 711; cfr. Il Sacerdote ministro della misericordia divina, n. 41).
I ministri, inoltre, si premurino di far comprendere i frutti spirituali derivanti dalla remissione dei peccati. Il sacramento della Penitenza, infatti, «opera una autentica “risurrezione spirituale”, restituisce la dignità e i beni della vita dei figli di Dio, di cui il più prezioso è l’amicizia con Dio» (CCC, n. 1468).
In considerazione del fatto che i Santuari sono luoghi di vera conversione, può essere opportuno che sia potenziata la formazione dei confessori per la cura pastorale di chi non ha rispettato la vita umana dal concepimento fino al naturale suo termine.
I sacerdoti, poi, nel dispensare la misericordia divina, adempiano debitamente questo peculiare ministero aderendo con fedeltà all’insegnamento genuino della Chiesa. Siano ben formati nella dottrina e non trascurino di aggiornarsi periodicamente su questioni attinenti soprattutto all’ambito morale e bioetico (cfr. CCC, n. 1466).
Anche nel campo matrimoniale, rispettino quanto autorevolmente insegna il Magistero ecclesiale.
Evitino quindi di manifestare in sede sacramentale dottrine private, opinioni personali o valutazioni arbitrarie non conformi a ciò che la Chiesa crede ed insegna.
Per la loro formazione permanente sarà utile incoraggiarli a partecipare a corsi specializzati, quali, ad esempio, potrebbero essere quelli organizzati dalla Penitenzieria Apostolica e da alcune Pontificie Università (cfr. Il Sacerdote ministro della misericordia divina, n. 63).
3. L’Eucarestia, fonte e culmine della vita cristiana.
La Parola di Dio e la celebrazione della Penitenza sono intimamente unite alla Santa Eucarestia, mistero centrale in cui «è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Presbyterorum ordinis, 7 dicembre 1965, n. 5).
La celebrazione Eucaristica costituisce il cuore della vita sacramentale del Santuario. In essa il Signore si dona a noi.
I pellegrini che visitano i santuari siano allora resi consapevoli che, se accolgono fiduciosamente il Cristo eucaristico nel proprio intimo, Egli offre loro la possibilità di una reale trasformazione dell’esistenza.
La dignità della celebrazione Eucaristica venga anche opportunamente messa in risalto mediante il canto gregoriano, polifonico o popolare (cfr. Sacrosanctum Concilium, nn. 116 e 118); ma anche selezionando adeguatamente sia gli strumenti musicali più nobili (organo a canne ed affini, cfr. ibidem, n. 120), sia le vesti che vengono indossate dai ministri unitamente alle suppellettili utilizzate nella Liturgia.
Esse devono rispondere a canoni di nobiltà e di sacralità. Nel caso delle concelebrazioni, si prenda cura che ci sia un Maestro di cerimonia, che non concelebri, e si faccia il possibile affinché ogni concelebrante indossi la casula, o pianeta, quale paramento proprio del sacerdote che celebra i divini misteri.
Il Santo Padre Benedetto XVI scriveva, nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis (22 febbraio 2007), che «la migliore catechesi sull’Eucaristia è la stessa Eucaristia ben celebrata» (n. 64). Nella Santa Messa, allora, i ministri rispettino fedelmente quanto stabilito dalle norme dei Libri liturgici.
Le rubriche, infatti, non rappresentano indicazioni facoltative per il celebrante bensì prescrizioni obbligatorie che egli deve accuratamente osservare con fedeltà ad ogni gesto o segno.
Ad ogni norma, infatti, è sotteso un senso teologico profondo, che non può essere sminuito o comunque misconosciuto.
Uno stile celebrativo,che introduca innovazioni liturgiche arbitrarie, oltre a generare confusione e divisione tra i fedeli, lede la veneranda Tradizione e l’autorità stessa della Chiesa, nonché l’unità ecclesiale.
Il sacerdote che presiede l’Eucaristia non è,però,neppure un mero esecutore di rubriche rituali.
Piuttosto, l’intensa e devota partecipazione interiore con la quale celebrerà i divini misteri, accompagnata dall’opportuna valorizzazione dei segni e gesti liturgici stabiliti, plasmerà non solo il suo spirito orante, ma si rivelerà feconda anche per la fede eucaristica dei credenti che prendono parte alla celebrazione con la loro actuosa partecipatio(cfr. Sacrosanctum Concilium, n.14).
Come frutto del Suo dono nell’Eucarestia, Gesù Cristo rimane sotto le specie del pane.
Le celebrazioni come l’Adorazione eucaristica al di fuori della santa Messa, con l’esposizione e la benedizione con il Santissimo Sacramento, manifestano quello che sta nel cuore della celebrazione: l’Adorazione, ossia l’unione con Gesù Ostia.
A tal riguardo, insegna il Papa Benedetto XVI che «nell’Eucarestia, infatti, il Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a noi; l’adorazione eucaristica non è che l’ovvio sviluppo della Celebrazione stessa, la quale è in sé il più grande atto di adorazione della Chiesa» (Sacramentum Caritatis, n. 66), altresì aggiungendo: «L’atto di adorazione al di fuori della santa Messa prolunga ed intensifica quanto si è realizzato nella Celebrazione liturgica stessa» (ivi).
In tal modo, si attribuisca notevolissima importanza al luogo del tabernacolo nel Santuario(o anche di una cappella destinata esclusivamente all’adorazione del Santissimo) poiché è in sé “calamita”, invito e stimolo alla preghiera, all’adorazione, alla meditazione, all’intimità con il Signore.
Il Sommo Pontefice, nella summenzionata Esortazione, sottolinea che «la corretta posizione del tabernacolo, infatti, aiuta a riconoscere la presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento.
È necessario, pertanto, che il luogo in cui vengono conservate le Specie eucaristiche sia facilmente individuabile, grazie anche alla lampada perenne, da chiunque entri in chiesa» (ibidem, n. 69).
Il tabernacolo, custodia eucaristica, occupi un posto preminente nei Santuari, così come anche, nel ricordare la relazione tra arte, fede e celebrazione, si ponga attenzione a «l’unità tra gli elementi propri del presbiterio: altare, crocifisso, tabernacolo, ambone, sede » (ibidem, n. 41).
La retta collocazione dei segni eloquenti della nostra fede, nell’architettura dei luoghi di culto, favorisce indubbiamente, in particolare nei santuari, la giusta priorità a Cristo, pietra viva, prima del saluto alla Vergine o ai Santi giustamente venerati in quel luogo, dando così occasione alla pietà popolare di manifestare le sue radici veramente eucaristiche e cristiane.

4. Un nuovo dinamismo per l’evangelizzazione
Infine, mi è gradito rilevare che ancora oggi i Santuari conservano uno straordinario fascino, testimoniato dal numero crescente di pellegrini che vi si recano.
Non raramente si tratta di uomini e donne di tutte le età e condizioni, con situazioni umane e spirituali complesse, alquanto lontani da una vita di fede solida, o con un fragile senso di appartenenza ecclesiale.
Fare visita ad un Santuario può rivelarsi per essi una preziosa opportunità per incontrare Cristo e per riscoprire il senso profondo della propria vocazione battesimale o per sentirne un richiamo salutare.

Esorto perciò ciascuno di Voi a rivolgere a queste persone uno sguardo particolarmente accogliente e premuroso.
Anche a questo riguardo, nulla sia lasciato all’improvvisazione.
Con sapienza evangelica e con ampia sensibilità, sarebbe altamente educativo farsi compagni di viaggio con i pellegrini e i visitatori, individuando le ragioni del cuore e le attese dello spirito.
In tale servizio la collaborazione di persone, con compiti specifici, dotate di umanità accogliente, di perspicacia spirituale, di intelligenza teologale, gioverà ad introdurre i pellegrini al Santuario come ad un evento di grazia, luogo di esperienza religiosa, di gioia ritrovata.
A tal riguardo sarà conveniente considerare la possibilità di creare appuntamenti spirituali anche in serata o di notte (adorazioni notturne o veglie di preghiera), laddove l’affluenza di pellegrini si rilevi di notevole entità e di flusso permanente.

La Vostra carità pastorale potrà costituire provvida occasione e forte stimolo perché nel loro cuore zampilli il desiderio di intraprendere un cammino di fede serio ed intenso.
Mediante le varie forme di catechesi, potrete far comprendere che la fede, lungi dall’essere un vago ed astratto sentimento religioso, è concretamente tangibile e si esprime sempre nell’amore e nella giustizia degli uni verso gli altri.
Così, presso i Santuari, l’insegnamento della Parola di Dio e della dottrina della Chiesa, per mezzo delle predicazioni, delle catechesi, della direzione spirituale, dei ritiri, costituisce un’ottima preparazione per accogliere il perdono di Dio nel sacramento della Penitenza e la partecipazione attiva e fruttuosa alla celebrazione del Sacrificio dell’altare.
L’Adorazione Eucaristica, la pia pratica della Via Crucis e la preghiera cristologica e mariana del Santo Rosario, saranno, con i sacramentali e le benedizioni votive, testimonianze della pietà umana e cammino con Gesù verso l’amore misericordioso del Padre nello Spirito.
Così la pastorale della famiglia sarà rinvigorita, e sarà provvidamente feconda la preghiera della Chiesa al «Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9, 38): sante e numerose vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione!

I Santuari, inoltre, nella fedeltà alla loro gloriosa tradizione, non dimentichino di essere impegnati nelle opere caritative e nel servizio assistenziale, nella promozione umana, nella salvaguardia dei diritti della persona, nell’impegno per la giustizia, secondo la dottrina sociale della Chiesa.
Attorno ad essi è bene che fioriscano anche iniziative culturali, quali convegni, seminari, mostre, rassegne, concorsi e manifestazioni artistiche su temi religiosi.
In questo modo i Santuari diventeranno anche promotori di cultura, sia dotta che popolare, contribuendo, per la loro parte, al progetto culturale orientato in senso cristiano della Chiesa.
Così Essa, sotto la guida della Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione mediante la quale la Grazia stessa si comunica all’umanità bisognosa di redenzione, si prepara, ovunque nel mondo, alla venuta del Salvatore. I Santuari, luoghi nei quali ci si reca per cercare, per ascoltare, per pregare, diventeranno misteriosamente i luoghi nei quali si sarà veramente toccati da Dio attraverso la Sua Parola, il sacramento della Riconciliazione e dell’Eucarestia, l’intercessione della Madre di Dio e dei Santi.
Soltanto in questo modo, tra i marosi e le tempeste della storia, sfidando il pervicace senso di relativismo imperante, essi saranno fautori di un rinnovato dinamismo in vista della tanto desiderata nuova evangelizzazione.
Ringraziando ancora ciascun Rettore per la dedizione e la carità pastorale affinché ogni Santuario sia sempre più segno dell’amorosa presenza del Verbo Incarnato, si assicura la più cordiale vicinanza nel Signore, sotto lo sguardo della Beata Vergine Maria.

Dal Vaticano, 15 agosto 2011

Assunzione della Beata Maria Vergine Maria

Mauro Card. Piacenza

Prefetto

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