lunedì 2 maggio 2011

LA FINE DEL LUNGO INVERNO OLANDESE?







Nel 1966, appena richiuse le porte del Concilio Vaticano II, la conferenza episcopale olandese pubblicò un Nieuwe Katechismus, un “nuovo catechismo” che fece scandalo (un numero di Paris-Match, noto settimanale francese, rivelò ad un pubblico sbigottito la deriva “sessantottina” della Chiesa dei Paesi Bassi) e scatenò le vive reazioni da parte di Roma. Ispirati dai più progressisti dei teologi, fra cui il domenicano fiammingo Edward Schillebeeckx, i vescovi olandesi avevano avuto la mano pesante: omissione della Verginità della Madonna e della presenza reale di Cristo nell'Eucarestia, rimessa in discussione del peccato originale e dell'esistenza degli angeli, ecco alcune delle novità apportate da quest'opera che ispirò molto velocemente le nuove versioni del catechismo in molte parti d'Europa.

Eppure fino alla fine del XX secolo l'Olanda è stata terra fertile per il cattolicesimo al quale ha fornito centinaia di missionari, e, in particolare, numerosi discepoli del fiammingo San Damiano di Veuster, come il Beato Eustachio van Lieshout, beatificato da Benedetto XVI nel giugno del 2006. In Francia, per esempio, negli anni '50, le diocesi in difficoltà chiedevano che venissero mandati da loro dei sacerdoti olandesi. Quando cominciò il Vaticano II, la proporzione fra cattolici e protestanti si stava invertendo nei Paesi Bassi, che stavano infatti divenendo a maggioranza cattolica, ma i vescovi olandesi, proprio come i loro confratelli del Canada, un tempo terra cattolica, riuscirono a distruggere con le proprie mani questa dinamica.

L'Olanda ha inoltre donato a Roma il più ecumenico degli ecumenisti, il cardinale Willebrands, per il quale era addirittura fuori questione proporre ai fratelli separati un qualsiasi tipo di “ritorno” alla Chiesa cattolica romana. Successivamente agli anni del dopo concilio ci fu un periodo di calma - o di totale insipidità - con nomine di vescovi moderati e, proprio come negli altri paesi occidentali, un po' meno velocemente che in Belgio e un po' più che in Germania, una pressoché completa perdita di visibilità della Chiesa istituzionale.

Oggi, 45 anni dopo quel fulmine a ciel sereno che fu il nuovo catechismo, la Chiesa olandese sembra essere arrivata al termine della sua lunga crisi modernista. Occorre dire che la situazione è davvero catastrofica. Nel dicembre 2009, Avvenire, il quotidiano della conferenza episcopale italiana, ha pubblicato un articolo di Marina Corradi intitolato “Ad Amsterdam, che cosa resta del Natale”. L'autrice qui metteva in risalto il fatto che “solo il 7 per cento dei cattolici oggi va a messa la domenica” e che dalla fine degli anni '60 il numero delle ordinazioni sacerdotali è precipitato vertiginosamente. Le statistiche dicono ad esempio che la diocesi di Breda non ha celebrato che tre ordinazioni negli anni '70 mentre nello stesso momento dozzine di sacerdoti abbandonavano il loro ministero.

Facendosi “capofila di un avventuroso progressismo”, come ha scritto Monsignor Brambilla sull'Osservatore Romano il 28 dicembre 2009, l'episcopato olandese ha portato la chiesa locale sull'orlo dell'abisso. “Si sono perse due generazioni” commentava alla fine del dicembre 2009 il cardinale Simonis, arcivescovo emerito di Utrecht, in un'intervista pubblicata su Avvenire. Nonostante questo cominciano a farsi vedere dei timidi segni di rinnovamento, in particolare in materia di liturgia, segni che sono l'oggetto della nostra lettera.


I – LA SITUAZIONE LITURGICA

Per quanto riguarda la liturgia ordinaria, l'Olanda vive oggi una situazione contrastata. Da una parte gli abusi e gli scandali non sono spariti – pensiamo alla “messa” Arancione voluta da un sacerdote per supportare la squadra nazionale di calcio durante l'ultima coppa del mondo (metti la sciarpa arancione e guarda il video), dall'altra, la qualità media delle celebrazioni è nella norma ed esiste anche un gruppo fortemente strutturato a sostegno della celebrazione messa di Paolo VI in latino.

La liturgia tradizionale è sfortunatamente ad un punto morto, statisticamente parlando. Il Motu Proprio Summorum Pontificum, in effetti, non ha portato alcuna nuova celebrazione domenicale settimanale nel paese. Proprio come nel 2007, gli olandesi oggi non hanno che due messe diocesane domenicali: una ad Amsterdam, nella parrocchia di Sant'Agnese, affidata dal 2006 alla Fraternità San Pietro, e l'altra a Utrecht, nella chiesa di Saint-Willibrord, ma ad un orario non particolarmente comodo per le famiglie: alle 17:30.

Le promesse delle prime settimane del Motu Proprio, che avevamo riportato con entusiasmo nella nostra lettera n° 89 della versione francese, non si sono affatto avverate. Anzi, sui diciannove luoghi di messa recensiti in Olanda, solo dieci offrono una celebrazione regolare in pieno accordo con Roma. Due sono domenicali e settimanali, quattro sono domenicali ma mensili, e quattro sono settimanali ma vengono svolte in giorni feriali. Sui restanti nove luoghi di messa, uno non accoglie che alcune celebrazioni occasionali, due sono gestiti dalla FSSPX e gli altri sei ospitano un gruppo sedevacantista il cui radicamento testimonia le sofferenze che hanno dovuto affrontare i cattolici olandesi nel corso del decennio 1965-1975.

Il bagliore di speranza e di rinascita viene in realtà dai seminari al punto che i più tradizionalisti fra i seminaristi del Belgio ci si vengono a rifugiare.

Oltre al seminario di Tiltenberg, della diocesi di Haarlem-Amsterdam, anche il seminario di s'Hertogenbosch propone un'iniziazione alla pratica della forma straordinaria del rito romano. A Sint-Janscentrum (seminario di s'Hertogenbosch), dove il rettore sembra ben disposto verso il Motu Proprio, il canonista tedesco Gero Weishaupt è stato autorizzato a celebrare tre volte a settimana in forma straordinaria e i seminaristi hanno piena libertà di raggiungerlo.

Segnaliamo tuttavia che, secondo il rapporto 2010 dell'Associazione Ecclesia Dei Delft per la Federazione Internazionale Una Voce, la fedeltà di questo rettore agli insegnamenti del Santo Padre gli sono costati molte pressioni volte ad impedire il contagio della forma straordinaria fra i seminaristi delle altre diocesi del paese.

Se è ancora difficile parlare di un rinnovamento olandese, Jack Oostveen, presidente dell'Ecclesia Dei Delft, ci propone una riflessione ricca di promesse: dal 2007, più di una trentina di sacerdoti diocesani hanno imparato a celebrare la forma straordinaria. Trenta su novecento sacerdoti diocesani in attività in rapporto alle sole 2 parrocchie su 1400 che offrono la forma straordinaria tutte le domeniche. Questo sembra offrire un grosso margine di miglioramento. Un margine tanto più forte che, come in Francia, in Italia o in Portogallo, i seminaristi diocesani hanno intenzione di vivere la loro vita di sacerdoti in utroque usu.

Una prova di questo interesse da parte dei futuri sacerdoti per la forma straordinaria si è avuta questa domenica 10 aprile con la prima messa Summorum Pontificum celebrata da padre Weishaupt nella cattedrale di San Giuseppe di Groningue. Rispondendo alla domanda di un gruppo di fedeli, Monsignor De Korte, vescovo di Groningue-Leeuwarden, ha in effetti autorizzato che lì si celebri mensilmente con la liturgia tradizionale. Il successo di questa prima messa – 80 fedeli rispetto alla trentina sperata dagli organizzatori – è stato dovuto, in particolare, secondo le testimonianze pubblicate su internet, al coinvolgimento di numerosi allievi di Tiltenberg e di Sint-Janscentrum.

Un'altra occasione per misurare questa adesione del nuovo clero alle disposizioni del Motu Proprio Summorum Pontificum sarà il prossimo luglio, durante un seminario liturgico che è stato organizzato nella diocesi di s'Hertogenbosch. Padre Bunschoten, dinamico promotore della forma straordinaria nel seminario di Tiltenberg, che, per l'occasione, sarà supportato da un sacerdote dell'arcidiocesi di Utrecht e un altro della diocesi di s'Hertogenbosch, spera che questo avvenimento permetterà di gettare le basi per un'amicizia sacerdotale duratura fra sacerdoti e seminaristi legati alla liturgia straordinaria.


II – LE RIFLESSIONI DI PAIX LITURGIQUE

1) Paese emblematico per l'entità dei danni del post-concilio più radicale, l'Olanda non è ancora uscita dal deserto spirituale nel quale è sprofondata. In presenza di gerarchie – diocesane, ma anche parrocchiali, ecclesiastiche oltre che laiche – ancora ubriache di ideologia e secolarismo, i vescovi sono incapaci di raddrizzare il timone. Eppure, nei loro propositi e in alcuni loro atti, come per esempio la riedizione del messale del 1962 da parte del consiglio nazionale della liturgia dell'ottobre 2007 – un'iniziativa ancora inimmaginabile in Italia –, i prelati olandesi mostrano spesso una grande vicinanza con l'opera di riconciliazione intrapresa da Benedetto XVI.

Sfortunatamente nessun vescovo olandese, neanche ausiliario, ha ancora celebrato o anche assistito pubblicamente alla forma straordinaria successivamente all'entrata in vigore del Motu Proprio Summorum Pontificum.

Jack Oostveen spiega questo fenomeno con la paura che i prelati hanno delle reazioni della loro ala modernista. Un'ala modernista, che fino a poco tempo fa era rappresentata dal “movimento dell'otto maggio” nato come protesta per la visita di Giovanni Paolo II nel 1985. Essa riesce ancora a condizionare i vescovi come si è verificatp in occasione della messa “Arancione” visto che il sacerdote colpevole, inizialmente rimosso dal suo vescovo, è stato alla fine reintegrato su pressione dei fedeli spalleggiati anche dalla stampa. É opportuno anche sapere che sono le parrocchie a finanziare le diocesi e che quando un sacerdote o un consiglio parrocchiale è scontento la sua prima azione è quella di bloccare i pagamenti al vescovo.


2) “Presi in ostaggio” dalla loro ala progressista, per usare le parole di Jack Oostveen, i membri dell'episcopato olandese rifiutano al momento di considerare che l'applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum possa rappresentare una via d'uscita a questa situazione. Tuttavia, il dinamismo degli istituti Ecclesia Dei potrà aiutare a far fronte ad una mancanza di sacerdoti (900 preti disponibili per 1400 parrocchie) e la scoperta della lex orandi tradizionale favorirà certamente il rinnovamento della lex credendi.

Il lavoro svolto dai due sacerdoti della Fraternità San Pietro che si sono stabiliti ad Amsterdam, i padri Knudsen e Komorowski, è esemplare a questo riguardo. In quattro anni, non solo hanno adempiuto alla loro missione a Sant'Agnese, parrocchia territoriale dove radunano 120 fedeli la domenica e una ventina per la messa quotidiana durante la settimana, ma anche nei luoghi di messa secondari dove sono presenti alternandosi e, soprattutto, rendendosi disponibili per aiutare i sacerdoti che lo desiderano a scoprire il messale del 1962 e le sue rubriche.

Certo, al momento non hanno ancora avuto la gioia di accogliere a Sant'Agnese il vescovo Punt di Haarlem-Amsterdam o qualcuno dei suoi confratelli. Per le Cresime il 10 aprile scorso, è stato invece il vescovo di Copenaghen, Monsignor Kozon, a celebrare. Siamo comunque sicuri che la situazione cambierà nei prossimi mesi. Il 17 settembre prossimo, per festeggiare i primi 5 anni del ritorno della liturgia straordinaria a Sant'Agnese, padre Knudsen ha infatti invitato il cardinale Burke che vi celebrerà una messa pontificale. Si può legittimamente pensare che la venuta di “qualcuno da Roma” finalmente aiuti alcuni prelati olandesi a liberarsi dalle pressioni che li hanno paralizzati fino ad oggi. Il cardinale Burke quello stesso giorno farà una conferenza dal titolo “Il Summorum Pontificum e la Chiesa dopo il Vaticano II” su invito della rivista olandese Catholica.

Scommettiamo che questa visita darà coraggio a cattolici ed ecclesiastici dei Paesi Bassi desiderosi di vivere la loro fede al ritmo della riscoperta dei tesori della liturgia tradizionale.




fonte: Paix Liturgique, lettera numero 20

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