sabato 28 maggio 2011

Il Papa vuole una Caritas pienamente cattolica













di Andrea Tornielli

Il Papa vuole che una Caritas pienamente cattolica, che sia «nel cuore della Chiesa» e che parli e agisca «in suo nome». È quanto si legge nel discorso che Benedetto XVI ha fatto ieri ai rappresentanti di Caritas internationalis, riuniti per una settimana a Roma.

Caritas internationalis è un’organismo vatissimo. Coordina 165 diverse Caritas nazionali, ciascuna delle quali a sua volta coordina le associazioni umanitarie cattoliche che raggiungono con i loro aiuti e la loro assistenza milioni di persone, impiegando 440mila salariati e oltre 600mila volontari. Il badget complessivo sfiora i quattro miliardi di euro.

Il Papa, come ha sintetizzato il vaticanista di Le Figaro, Jean-Marie Guenois, ha chiesto che nell’azione umanitaria della Caritas «la Chiesa cattolica non sia considerata una specie di partner, privilegiato ma tra gli altri», bensì sia essenziale e la fede cattolica sia il significato, la ragione dell’agire sociale dell’organizzazione. L’azione sociale della Chiesa non può infatti essere scollegata dal cuore stesso della fede cattolica e dunque anche l’azione sociale deve essere chiaramente identificata come cattolica.

L’intervento papale giunge alla fine di mesi piuttosto constrastati, che hanno visto contrapporsi il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente riconfermato di Caritas internationalis (col beneplacito vaticano), e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che a nome del Pontefice all’inizio dell’anno non ha concesso il nulla osta per la riconferma della direttrice generale Lesley-Ann Knight, considerata non in linea con la prospettiva voluta dalla Santa Sede, ma pubblicamente difesa da Maradiaga anche nei giorni scorsi. Si tratta di un epilogo che – dietro le quinte – ha visto confrontarsi negli ultimi anni lo stesso Maradiaga e un altro cardinale, molto vicino al Papa, il tedesco Paul Cordes, presidente emerito di Cor Unum.

Ecco alcuni passaggi del discorso di Benedetto XVI:

«Per noi cristiani, Dio stesso è la fonte della carità, e la carità è intesa non solo come una generica filantropia, ma come dono di sé, anche fino al sacrificio della propria vita in favore degli altri, ad imitazione dell’esempio di Gesù Cristo. La Chiesa prolunga nel tempo e nello spazio la missione salvifica di Cristo: essa vuole raggiungere ogni essere umano, mossa dal desiderio che ciascun individuo giunga a conoscere che nulla può separarci dall’amore di Cristo»

«Caritas Internationalis è diversa da altre agenzie sociali perché è un organismo ecclesiale, che condivide la missione della Chiesa. Questo è ciò che i Pontefici hanno sempre voluto e questo è ciò che la vostra Assemblea Generale è chiamata a riaffermare con forza».

«A differenza di tante istituzioni e associazioni ecclesiali dedite alla carità, le Caritas hanno un tratto distintivo: pur nella varietà delle forme canoniche assunte dalle Caritas nazionali, tutte costituiscono un aiuto privilegiato per i Vescovi nel loro esercizio pastorale della carità. Ciò comporta una speciale responsabilità ecclesiale: quella di lasciarsi guidare dai Pastori della Chiesa. Dal momento poi che Caritas Internationalis ha un profilo universale ed è dotata di personalità giuridica canonica pubblica, la Santa Sede ha il compito di seguire la sua attività e di vigilare affinché tanto la sua azione umanitaria e di carità, come il contenuto dei documenti diffusi, siano in piena sintonia con la Sede Apostolica e con il Magistero della Chiesa, e affinché essa sia amministrata con competenza ed in modo trasparente».

«Senza un fondamento trascendente, senza un riferimento a Dio Creatore, senza la considerazione del nostro destino eterno, rischiamo di cadere in preda ad ideologie dannose. Tutto ciò che dite e fate, la testimonianza della vostra vita e delle vostre attività, sono importanti e contribuiscono a promuovere il bene integrale della persona umana».

«Caritas Internationalis … è chiamata ad offrire il proprio contributo per portare il messaggio della Chiesa nella vita politica e sociale sul piano internazionale. Nella sfera politica – e in tutte quelle aree che toccano direttamente la vita dei poveri – i fedeli, specialmente i laici, godono di un’ampia libertà di azione. Nessuno può, in materie aperte alla libera discussione, pretendere di parlare “ufficialmente” a nome dell’intero laicato o di tutti i cattolici (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et Spes, 43; 88). D’altro canto, ciascun cattolico, anzi, in verità, ogni uomo, è chiamato ad agire con coscienza purificata e con cuore generoso per promuovere in maniera decisa quei valori che spesso ho definito come “non negoziabili”».

Fonte: Sacri Palazzi - 28/05/2011

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