martedì 1 febbraio 2011

Sulla necessità della preghiera



LA PREGHIERA È NECESSARIA ALLA SALVEZZA, COME NECESSITÀ E COME MEZZO.
di S. Alfonso M. De' Liguori
Del gran mezzo della preghiera, cap. I, §1


Fu un errore dei pelagiani il dire che l'orazione non è necessaria a conseguire la salvezza. Diceva l'empio loro maestro Pelagio, che l'uomo si perde solamente in quanto trascura di conoscere le verità che devono essere conosciute.

Ma diceva Sant’Agostino: «Pelagio di ogni altra cosa voleva trattare, fuorché dell'orazione» (De natura et orat. c. XVII), ch'è l'unico mezzo, come insegnava il santo, per acquistare la scienza dei santi, secondo quello che scrisse già S. Giacomo: «Se qualcuno di voi è bisognoso di sapienza, la chieda a Dio, che dà a tutti abbondantemente e non lo rimprovera, e gli sarà concesso» (Gc 1,5).

Sono troppo chiare le Scritture, che ci fanno vedere il bisogno che abbiamo di pregare, se vogliamo salvarci. Bisogna sempre pregare, senza mai stancarsi (Lc 18,1). Vegliate ed pregate per non cadere in tentazione (Mt 26,41). Chiedete ed otterrete (Mt 7,7). Le suddette parole bisogna, chiedete, pregate, come intendono comunemente i teologi, significano e comportano precetto e necessità.

Vicleffo diceva, che queste frasi riguardavano non tanto l'orazione, ma solamente la necessità [di compiere] delle buone opere, quindi il pregare non era altro che operare il bene: ma questo fu un suo errore e fu condannato espressamente dalla Chiesa. Scrisse infatti il dotto Leonardo Lessio che «non si può negare senza errare nella fede, che la preghiera agli adulti è necessaria per salvarsi; constatando evidentemente dalle Scritture che l'orazione è l'unico mezzo per conseguire gli aiuti necessari alla salvezza» (De Iust. 1, 2, c. 37, dub. 3, n. 9).

Il motivo è chiaro. Senza il soccorso della grazia, noi non possiamo fare alcun bene. Senza di me non potete far nulla (Gv 15,5). Nota S. Agostino su queste parole, che Gesù Cristo non disse: niente potete compiere, ma niente potete fare. Con ciò il nostro Salvatore vuole farci capire, che noi senza la grazia, neppure possiamo cominciare a fare il bene. Anzi scrisse l'Apostolo: Da noi neppure possiamo avere desiderio di farlo (2 Cr 3,5). Se dunque non possiamo neanche pensare al bene, tanto meno possiamo desiderarlo.

Lo stesso ci dimostrano tanti altri brani delle Scritture. Dio stesso è colui che fa in tutti tutte le cose (1 Cr 12,6). Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi (Ez 36,27). Come scrisse san Leone I «Noi non facciamo alcun bene, fuori di quello che Dio con la sua grazia ci fa operare». Infatti il Concilio di Trento disse: «Se alcuno avrà detto, che senza una ispirazione preventiva e l’aiuto dello Spirito Santo, l'uomo può credere, sperare, amare o pentirsi, come [invece] bisogna, per ottenere la grazia della giustificazione, sia scomunicato» (Sess. 6, can. 3).

L'autore dell'Opera imperfetta, parlando dei bruti ci dice che il Signore alcuni ha provveduto di corso, altri di unghie, altri di penne, affinché possano così conservare il loro essere; ma l'uomo l'ha formato in tale stato, che solo Dio fosse tutta la [fonte] della sua virtù (Hom. 18). Quindi l'uomo è assolutamente impotente a procurarsi la sua salvezza, poiché Dio ha voluto che quanto ha e può avere, tutto lo riceva dal solo aiuto della sua grazia.

Ma questo aiuto della grazia, per provvidenza ordinaria, il Signore lo concede a chi prega, secondo la celebre sentenza di Gennadio: «Crediamo che nessuno giunga a salvezza, se Dio non lo invita; nessuno che sia invitato operi la salvezza, se non è aiutato da Dio; nessuno meriti aiuto, se non per mezzo della preghiera» (De Eccl. dogm. cap. 26). Posto dunque che senza il soccorso della grazia niente noi possiamo; e posto che tale aiuto ordinariamente Dio lo dona a chi prega, per conseguenza si deduce che la preghiera ci è assolutamente necessaria alla salvezza.

È vero che - dice S. Agostino - le prime grazie, le quali vengono a noi senza alcuna nostra cooperazione, come sono la chiamata alla fede e alla penitenza, Dio le concede anche a coloro che non pregano; tuttavia il santo ritiene certo che le altre grazie (e specialmente il dono della perseveranza) Dio le concede soltanto a chi prega (De Dono pers. c. 16).

I teologi insegnano, in accordo con san Basilio, san Giovanni Crisostomo, Clemente Alessandrino, S. Agostino ed altri, che la preghiera agli adulti è necessaria non solo per necessità di precetto, come abbiamo veduto, ma anche di mezzo. Vale a dire che, di provvidenza ordinaria, un fedele è impossibile che si salvi senza raccomandarsi a Dio, per ottenere le grazie necessarie alla salvezza. Lo stesso insegna san Tommaso dicendo: «Dopo il battesimo poi è necessaria all'uomo una continua orazione, al fine di entrare in cielo; poiché quantunque per mezzo del battesimo si rimettano i peccati, ciò nondimeno rimane il fomite del peccato che ci fa guerra internamente e il mondo e i demoni, che ci guerreggiano esternamente» (3 p. q. 39, art. 5). Dunque il motivo che, secondo l'Angelico, ci rende certi della necessità che abbiamo della preghiera è che noi per salvarci dobbiamo combattere e vincere: Colui che combatte nell'agone non è coronato, se non ha combattuto secondo le leggi (1 Tm 2,5). Senza l'aiuto divino non possiamo resistere alle forze di tanti e tali nemici: questo aiuto divino si concede solo per [mezzo] dell'orazione; dunque senza orazione non v'è salvezza.

Che poi l'orazione sia l'unico mezzo ordinario per ricevere i doni divini, lo conferma più distintamente il medesimo santo dottore in un altro luogo dicendo che il Signore ab aeterno ha determinato tutte le grazie che da donare a noi e vuole donarcele soltanto per mezzo dell'orazione (2, 2.ae, q. 83, 2). E lo stesso scrisse S. Gregorio: «Gli uomini pregando meritano di ricevere ciò che Dio avanti i secoli dispone loro di dare» (Lib. i. Dial. cap. 8).

Dice S. Tommaso, è necessario pregare non tanto perché Iddio capisca i nostri bisogni, ma affinché noi capiamo la necessità che abbiamo di ricorrere a Dio, per ricevere gli aiuti opportuni per salvarci, e con ciò riconoscerlo per unico autore di tutti i nostri beni (Ibid. ad 1 et 2). Come il Signore ha stabilito che noi fossimo provvisti di pane col seminare il grano, e del vino col piantare le viti; così ha voluto che riceviamo le grazie necessarie alla salvezza per mezzo della preghiera, dicendo: "Chiedete ed otterrete, cercate, e troverete" (Mt. 7,7).

Noi insomma, altro non siamo che poveri mendicanti, i quali tanto abbiamo, quanto ci dona Dio per elemosina. Io per me sono mendico e senza aiuto (Ps. 39,18). Il Signore, dice S. Agostino, desidera il bene e vuole dispensare le sue grazie, ma non vuole dispensarle se non a chi le domanda (In Ps. 102). Egli dice: «Chiedete ed otterrete». Cercate, e vi sarà dato; dunque dice santa Teresa, chi non cerca, non riceve. Come la linfa è necessaria alle piante per vivere e non seccare, così dice il Crisostomo, è necessaria a noi l'orazione per salvarci. In altro luogo, dice il medesimo santo, che: «come il corpo non può vivere senza l'anima, così l'anima senza l'orazione è morta, e manda cattivo odore» (De or. D. l. i.). Dice, manda cattivo odore, perché chi tralascia di raccomandarsi a Dio, subito comincia a puzzare di peccati.

L'orazione si chiama anche cibo dell'anima perché «senza cibo non può sostentarsi il corpo, e senza l'orazione, dice S. Agostino, non può conservarsi in vita l'anima» (De sal. doc. c. 28). Tutte queste similitudini che espongono questi santi Padri, denotano l'assoluta necessità del pregare per conseguire la salvezza.

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