lunedì 29 novembre 2010

STORIA DELL'AVVENTO

di Dom Prosper Guéranger


Il nome dell'Avvento

Si dà nella Chiesa latina, il nome di Avvento [1] al tempo destinato dalla Chiesa a preparare i fedeli alla celebrazione della festa di Natale, anniversario della Nascita di Gesù Cristo. Il mistero di questo grande giorno meritava senza dubbio l'onore d'un preludio di preghiera e di penitenza: cosicché sarebbe impossibile stabilire in maniera certa la prima istituzione di questo tempo di preparazione, che ha ricevuto solo più tardi il nome di Avvento [2].

L'Avvento deve essere considerato sotto due diversi punti di vista: come un tempo di preparazione propriamente detta alla Nascita del Salvatore, mediante gli esercizi della penitenza, o come un corpo d'Uffici Ecclesiastici organizzato con lo stesso fine. Fin dal secolo V, troviamo l'uso di fare delle esortazioni al popolo per disporlo alla festa di Natale; ci sono rimasti a questo proposito due sermoni di san Massimo di Torino, senza parlare di parecchi altri attribuiti una volta a sant'Ambrogio e a sant'Agostino, e che sembrano essere invece di san Cesario d'Arles. Se tali documenti non ci indicano ancora la durata e gli esercizi di questo tempo sacro, vi riscontriamo almeno l'antichità dell'uso che distingue mediante particolari predicazioni il tempo dell'Avvento. Sant'Ivo di Chartres, san Bernardo, e parecchi altri dottori dell'XI e del XII secolo hanno lasciato speciali sermoni de Adventu Domini, completamente distinti dalle Omelie Domenicali sui Vangeli di questo tempo. Nei Capitolari di Carlo il Calvo dell'anno 864, i Vescovi fanno presente a quel principe che egli non deve richiamarli dalle loro Chiese durante la Quaresima nè durante l'Avvento sotto il pretesto degli affari di Stato o di qualche spedizione militare, perché essi hanno in quel periodo dei doveri particolari da compiere, principalmente quello della predicazione.

Un antico documento in cui si trovano, precisati, in maniera sia pure poco chiara, il tempo e gli esercizi dell'Avvento, é un passo di S. Gregorio di Tours, al decimo libro della sua Storia dei Franchi nel quale riferisce che S. Perpetuo, uno dei suoi predecessori, che occupava la sede verso il 480, aveva stabilito che i fedeli digiunassero tre volte la settimana dalla festa di san Martino fino a Natale [3]. Con quel regolamento, san Perpetuo stabiliva un'osservanza nuova, o sanzionava semplicemente una legge già esistente? È impossibile determinarlo con esattezza oggi. Rileviamo almeno questo intervallo di quaranta giorni o piuttosto di quarantatre giorni, designato espressamente, e consacrato con la penitenza come una seconda Quaresima, sebbene con minor rigore [4].

Troviamo quindi il nono canone del primo Concilio di Macon, tenutosi nel 583, il quale ordina che, durante lo stesso intervallo da san Martino al Natale, si digiunerà il lunedì, il mercoledì, il venerdì, e si celebrerà il sacrificio secondo il rito Quaresimale. Qualche anno prima, il secondo Concilio di Tours, tenutosi nel 567, aveva ordinato ai monaci di digiunare all'inizio del mese di dicembre fino a Natale. Questa pratica di penitenza si estese presto a tutti i quaranta giorni per i fedeli stessi; e si chiamo volgarmente la Quaresima di san Martino. I Capitolari di Carlo Magno, al libro sesto, non ne lasciano alcun dubbio; e Rabano Mauro attesta la medesima cosa nel secondo libro della Istituzione dei Chierici. Si facevano anche particolari festeggiamenti nel giorno di san Martino, come si fa ancor oggi all'avvicinarsi della Quaresima e a Pasqua.
Variazioni nelle osservanze.

L'obbligo di questa Quaresima che, cominciando a pesare in modo quasi impercettibile, era cresciuto successivamente fino a diventare una legge sacra, diminuì grado a grado; e i quaranta giorni da san Martino a Natale si trovarono ridotti a quattro settimane. Si è visto come l'usanza di tale digiuno fosse cominciata in Francia; ma di qui si era diffusa in Inghilterra, come apprendiamo dalla Storia del Venerabile Beda; in Italia, come consta da un diploma di Astolfo, re dei Longobardi († 753); in Germania, in Spagna[5], ecc., come se ne possono vedere le prove nella grande opera di Dom Martène sugli antichi Riti della Chiesa. Il primo indizio che riscontriamo della riduzione dell'Avvento a quattro settimane si può ritenere che sia, fin dal IX secolo, la lettera del papa san Nicola I ai Bulgari. La testimonianza di Raterio di Verona e di Abbondio di Fleury, autori appartenenti entrambi allo stesso secolo, serve anche a provare che fin d'allora si discuteva molto per diminuire d'un terzo la durata del digiuno dell'Avvento. É vero che san Pier Damiani, nell'XI secolo, suppone ancora che il digiuno dell'Avvento fosse di quaranta giorni e che san Luigi, due secoli dopo, continuava ad osservarlo in questa misura; ma forse questo santo re lo praticava in tal modo per un trasporto di devozione particolare.

La disciplina della Chiesa d'Occidente, dopo essersi rilassata sulla durata del digiuno dell'Avvento, si raddolcì presto al punto da trasformare tale digiuno in una semplice astinenza; si trovano inoltre dei Concili fin dal XII secolo, come quello di Selingstadt del 1122, che sembrano obbligare soltanto i chierici a tale astinenza[6]. Il Concilio di Salisbury, del 1281, pare anch'esso obbligarvi solo i monaci. D'altra parte, è tale la confusione su questa materia, senza dubbio perché le diverse Chiese d'Occidente non ne hanno fatto l'oggetto d'una disciplina uniforme, che, nella sua lettera al Vescovo di Braga, Innocenzo III attesta che l'uso di digiunare per tutto l'Avvento esisteva ancora a Roma al suo tempo, e Durando, sempre nel XIII secolo, nel suo Razionale dei divini Uffici, testimonia ugualmente che il digiuno era continuo in Francia per tutta la durata di quel tempo sacro.

Comunque sia, questa usanza venne sempre più diminuendo, di modo che tutto quello che poté fare nel 1362 il Papa Urbano V per arrestarne la caduta completa, fu di obbligare tutti i chierici della sua corte a conservare l'astinenza dell'Avvento, senza alcuna menzione del digiuno, e senza comprendere affatto gli altri chierici, e tanto meno i laici, sotto questa legge. San Carlo Borromeo cercò anch'egli di risuscitare lo spirito, se non la pratica, dei tempi antichi nelle popolazioni del Milanese. Nel suo quarto Concilio, ordinò ai parroci di esortare i fedeli a comunicarsi almeno tutte le domeniche della Quaresima e dell'Avvento, e indirizzo quindi ai suoi stessi diocesani una lettera pastorale in cui, dopo aver loro ricordato le disposizioni con le quali si deve celebrare questo sacro tempo, faceva istanza per condurli a digiunare almeno il lunedì, il mercoledì e il venerdì di ciascuna settimana. Infine Benedetto XIV ancora Arcivescovo di Bologna, calcando cosi gloriose orme, ha consacrato la sua undicesima Istituzione Ecclesiastica a ridestare nello spirito dei fedeli della sua diocesi la sublime idea che i cristiani avevano un tempo del tempo dell'Avvento, e a combattere un pregiudizio diffuso in quella regione, cioè che l'Avvento riguardava le sole persone religiose, e non i semplici fedeli. Egli dimostra che questa asserzione, salvo che la si intenda semplicemente del digiuno e dell'astinenza, è di per sé temeraria e scandalosa, poiché non si potrebbe dubitare che esiste, nelle leggi e nelle usanze della Chiesa universale, tutto un insieme di pratiche destinate a mettere i fedeli in uno stato di preparazione alla grande festa della Nascita di Gesù Cristo.

La Chiesa greca osserva ancora il digiuno dell'Avvento, ma con molto minore severità rispetto a quello della Quaresima. Esso consta di quaranta giorni, a partire dal 14 novembre, giorno in cui quella Chiesa celebra la festa dell'Apostolo san Filippo. Per tutto questo tempo, si osserva l'astinenza dalla carne, dal burro, dal latte e dalle uova; ma si fa uso di pesce, olio e vino, cose tutte vietate durante la Quaresima. Il digiuno propriamente detto è d'obbligo soltanto per sette giorni sui quaranta; e tutto l'insieme si chiama volgarmente la Quaresima di san Filippo. I Greci giustificano queste mitigazioni dicendo che la Quaresima di Natale è solo di istituzione monastica, mentre quella di Pasqua è d'istituzione apostolica.

Ma se le pratiche esteriori di penitenza che consacravano una volta il tempo dell'Avvento presso gli Occidentali, si sono a poco a poco mitigate, in maniera che oggi non ne resta alcun vestigio fuori dei monasteri, l'insieme della Liturgia dell'Avvento non è cambiato; ed è nello zelo per appropriarsene lo spirito che i fedeli daranno prova d'una vera preparazione alla festa di Natale.
Variazioni nella Liturgia.

La forma liturgica dell'Avvento, quale si ha oggi nella Chiesa Romana, ha subito alcune variazioni. San Gregorio (590-604) sembra aver istituito per primo questo Ufficio che avrebbe abbracciato dapprima cinque domeniche, come si può vedere dai più antichi Sacramentari di quel grande Papa. Si può anche dire a questo proposito, secondo Amalario di Metz e Bernone di Reichenau, seguiti da Dom Martène e da Benedetto XIV, che san Gregorio sembrerebbe essere l'autore del precetto ecclesiastico dell'Avvento, benché l'uso di consacrare un tempo più o meno lungo a prepararsi alla festa di Natale sia del resto immemorabile, e l'astinenza e il digiuno di questo tempo sacro siano iniziati dapprima in Francia. San Gregorio avrebbe determinato, per le Chiese di rito romano, la forma dell'Ufficio durante questa specie di Quaresima, e sanzionato il digiuno che l'accompagnava, lasciando tuttavia una certa libertà alle diverse Chiese circa la maniera di praticarlo.

Fin dal IX e X secolo, come si può vedere da Amalario, san Nicola I, Bernone di Reichenau, Reterio di Verona, ecc., le domeniche erano già ridotte a quattro; è lo stesso numero che porta il Saeramentario gregoriano dato da Pamelio, e che sembra sia stato trascritto a quell'epoca. Da allora, nella Chiesa Romana, la durata dell'Avvento non ha subito variazioni, ed è sempre consistito in quattro settimane, di cui la quarta è quella stessa nella quale cade la festa di Natale, a meno che tale festa non capiti di domenica. Si può dunque assegnare all'usanza attuale una durata di mille anni, almeno nella Chiesa Romana; poiché vi sono delle prove che fino al secolo XIII alcune Chiese di Francia hanno conservato l'usanza delle cinque domeniche[7].
La Chiesa ambrosiana conta ancor oggi sei settimane nella sua liturgia dell'Avvento; il Messale gotico o mozarabico mantiene la stessa usanza. Per la Chiesa gallicana, i frammenti che Dom Mabillon ci ha conservati della sua liturgia non ci attestano nulla a questo riguardo; ma è naturale pensare con questo studioso la cui autorità è rafforzata anche da quella di Dom Martène, che la Chiesa delle Gallie seguiva su questo punto, come su tanti altri, le usanze della Chiesa gotica, cioè che la liturgia del suo Avvento si componeva ugualmente di sei domeniche e di sei settimane [8].


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[1] Dal latino Adventus, che significa Venuta.
[2] La proclamazione del dogma della Maternità divina, avvenuta ad Efeso nel 431, diede vivo impulso al culto mariano e una grande celebrità alla commemorazione della Natività del Signore. È infatti poco dopo il Concilio di Nicea (325) che la Chiesa romana istituì la festa di Natale e la fissò al 25 dicembre, ma è dall'Oriente che attinse i primi elementi dell'Avvento.
[3] Secondo i più recenti lavori dei Liturgisti, si possono segnalare testimonianze ancora più antiche di questa. Cosi un frammento di un testo di sant'Ilario, quindi anteriore al 366 dice che «La Chiesa si dispone al ritorno annuale della venuta del Salvatore. con un tempo misterioso di tre settimane». Il Concilio di Saragozza, da parte sua, fin dal 380 impone ai fedeli di assistere agli uffici dal 17 dicembre al 6 gennaio. In questo periodo di ventuno giorni, la parte che precede il Natale formava un quadro ben indicato per la preparazione di questa festa e costituiva una specie di Avvento. Ma siccome si era introdotto l'uso, nel IV secolo, di considerare l'Epifania e il Natale stesso come festa battesimale, potrebbe qui trattarsi solo d'una preparazione al battesimo e non d'una liturgia dell'Avvento.
In Oriente. nel V secolo. A Ravenna, nelle Gallie e nella Spagna, una festa della Vergine era celebrata la domenica prima di Natale, e talvolta anche una festa del Precursore la domenica precedente. Si avrebbe qui ancora una breve preparazione al Natale, un Avvento primitivo, a meno che non si tratti che d'un semplice ampliamento della festa di Natale. Infine, il Rotolo di Ravenna, di cui sarebbe autore san Pier Crisologo (433-450). possiede 40 orazioni che possono essere considerate come preparatorie al Natale.
[4] Bisogna notare anche che questo digiuno non era proprio del Tempo dell'Avvento; poiché, tra la Pentecoste e la metà di febbraio, i fedeli digiunavano due volte la settimana e i monaci tre volte. Il carattere penitenziale de]l'Avvento derivò a poco a poco, a causa dell'analogia che si presentava naturalmente tra questa stagione e la Quaresima.
[5] Forse il digiuno esisteva già in Spagna a quell'epoca. Una lettera del 400 circa, ci parla di tre settimane che pongono fine all'anno e ne cominciano uno nuovo, comprendenti la festa di Natale e quella dell'Epifania, durante le quali conviene darsi al ritiro e alle pratiche dell'ascetismo: la preghiera e l'astinenza (Rev. Bén. 1928 p. 289). Le Chiese d'Oriente che ricevettero dall'Occidente la celebrazione della Natività di Nostro Signore, adottarono ugualmente, nell'VIII secolo, il digiuno dell'Avvento.
[6] Il Concilio di Avranches (1172) prescrive il digiuno e l'astinenza a tutti coloro che lo potranno, in particolare ai chierici e ai soldati.
[7] Si può oggi stabilire in una maniera molto più dettagliata lo sviluppo della Liturgia dell'Avvento. Mentre il Sacramentario leoniano (fine del VI secolo) non porta aleuna messa, il che sembra indicare che a quell'epoca Roma ignorava ancora l'Avvento, il Sacramentario gelasiano antico (fine del VI e inizio del VII secolo) contiene cinque messe «De Adventu Domini». Il Sacramentario gelasiano d'Angoulême e gli altri Sacramentari dell'VIII secolo contengono essi pure cinque messe, o in più le tre messe delle Quattro Tempora di dicembre. Infine, nel Sacramentario gregoriano, troviamo delle messe per quattro domeniche e per le tre ferie delle Quattro Tempora. Porse anche la messa dell'ultima domenica dopo la Pentecoste era considerata come messa «de Adventu». Aggiungiamo infine che san Benedetto († dopo il 546) ha scritto, nella sua Regola, un capitolo sulla Quaresima, che parla del Tempo pasquale ma non menziona l'Avvento.
[8] Segnaliamo che il Sacramentario mozarabico: «Liber mozarabicus saeramentorum», (del IX secolo, ma che rappresenta la liturgia del VII), contiene cinque domeniche, e infine che i Lezionari gallicani portano sei domeniche dell'Avvento.

Quanto ai Greci, le loro Rubriche per il tempo dell'Avvento si leggono nei Nenei, dopo l'Ufficio del 14 novembre. Essi non hanno un Ufficio proprio dell'Avvento, e non celebrano durante questo tempo la Messa dei Presantificati, come fanno in Quaresima. Si trovano soltanto, nel corpo stesso degli Uffici dei Santi che occupano il periodo dal 15 novembre alla domenica più vicina a Natale, parecchie allusioni alla Natività del Salvatore, alla maternità di Maria, alla grotta di Betlemme, ecc. Nella domenica che precede il Natale, celebrano quella che chiamano la Festa dei santi Avi, cioè la Commemorazione dei Santi dell'Antico Testamento, per celebrare l'attesa del Messia. Il 20, 21, 22 e 23 dicembre sono decorati del titolo di Vigilia della Natività; e benché in quei giorni si celebri ancora l'Ufficio di parecchi Santi, il mistero della prossima Nascita del Salvatore domina tutta la Liturgia.

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